Il Consultorio Giovani, è un servizio per Under 24 che hanno la possibilità di rivolgersi ai servizi del consultorio nei giorni dedicati esclusivamente ai più giovani per rispettare la loro riservatezza.
Il CONSULTORIO GIOVANI diventa un servizio naturale e necessario per le/i giovani che seguono le attività dello spazio giovani e le attività di educazione alla salute ed alla sessualità nelle scuole.
Il Consultorio Giovani intende organizzare occasioni di incontro con ragazze e ragazzi che non frequentano più la scuola.
Il confronto con ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni è finora avvenuto soltanto attraverso consulenze individuali. Tuttavia è proprio durante questa fase di età che la persona diventa sempre più consapevole sentendo dentro di sé la spinta a ricevere maggiori informazioni.
Il Consultorio Giovani, è un servizio per Under 24 che hanno la possibilità di rivolgersi ai servizi del consultorio nei giorni dedicati esclusivamente ai più giovani per rispettare la loro riservatezza.
Il CONSULTORIO GIOVANI diventa un servizio naturale e necessario per le/i giovani che seguono le attività dello spazio giovani e le attività di educazione alla salute ed alla sessualità nelle scuole.
Il Consultorio Giovani intende organizzare occasioni di incontro con ragazze e ragazzi che non frequentano più la scuola.
Il confronto con ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni è finora avvenuto soltanto attraverso consulenze individuali. Tuttavia è proprio durante questa fase di età che la persona diventa sempre più consapevole sentendo dentro di sé la spinta a ricevere maggiori informazioni.
Il Consultorio giovani è aperto a tutte le ragazze e i ragazzi dai 14 anni ai 24 anni.
Per accedere ai servizi del Consultorio Giovani non è richiesta la prescrizione medica.
Anche se una ragazza o un ragazzo minorenne, puoi recarti direttamente al servizio nei giorni di accesso o telefonare al 0922 31751 o 327 2 111 222, o via WhatsApp per fissare appuntamento con una delle figure professionali presenti nel consultorio (ginecologo, ostetrica, psicologo o assistente sociale), per ricevere l’assistenza più appropriata in base al tuo particolare bisogno.
Lo spazio Giovani organizza incontri di con le/i giovani di età compresa tra i 17 e i 24 anni consapevoli che gli incontri di gruppo e con l’equipe completa degli operatori del consultorio offre l’opportunità di esplorare insieme il tema della salute, della sessualità e dell’affettività trovando risposta alle proprie e altrui domande ed esplorando il proprio e l’altrui punto di vista.
Lo spazio giovani è anche aperto ad affrontare altre tematiche di grande attualità e interesse per i giovani quali i rischi che da sempre sono associati ad un uso prolungato dei dispositivi elettronici, quali ad esempio alterazione del ritmo sonno-veglia, disturbi cardiovascolari, sintomi di ansia e depressione, ma anche a rischi legati direttamente alle attività svolte su Internet e sui social media e a forme di dipendenza.
Obiettivi specifici
Saper distinguere l’efficacia dei metodi contraccettivi in relazione alla prevenzione di gravidanze e malattie sessualmente trasmissibili e riconoscere i comportamenti protettivi;
Conoscere le modalità di accesso al consultorio;
Ottenere un incremento di persone sessualmente attive che usano contraccettivi adeguati ai fini di prevenire gravidanze a rischio e malattie sessualmente trasmissibili;
Conoscere i contraccettivi di emergenza, l’IVG e i loro impatto;
Conoscere le modalità di screening per la prevenzione del carcinoma al collo dell’utero;
Aumentare la capacità di vivere in modo consapevole e rispettoso di sé e degli altri le proprie emozioni e relazioni;
Prevenire discriminazioni, pregiudizi e violenze che riguardano il genere, l’orientamento sessuale, i riferimenti socioculturali di ciascuno;
Riflettere sulle relazioni virtuali e sui rischi connessi alla messa in rete di materiale privato.
Le attività sono organizzate durante tutto il corso dell’anno.
I ragazzi che si amano
I ragazzi che si amano
si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia e il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell’abbagliante splendore del loro primo amore.
Jacques Prévet
VIVERE PIENAMENTE IL MOMENTO DELL’ADOLESCENZA
L’adolescenza è l’età del primo amore, il primo reale slancio affettivo al di fuori dell’ambito familiare, anche se considerato erroneamente a volte ridicolo, o avventato, o imprudente. Rappresenta il primo passo verso l’autonomia e verso lo sviluppo di una propria morale ed una propria personalità.
COSA E’ L’AMORE
L’amore vero e proprio è, secondo lo psicologo Americano Sternberg, una perfetta sintesi di tre fattori:
Dal modo di combinarsi delle tre componenti (intimità-passione-impegno), nascono le varie forme d’amore:
Nel caso che manchi l’impegno e siano presenti sia l’intimità sia la passione nasce l’amore romantico;
nel caso, invece, che venga a mancare l’intimità e siano presenti sia la passione sia l’impegno si ha un amore fatuo;
nel caso, infine, manchi la passione e siano presenti tanto l’intimità quanto l’impegno si realizza un sodalizio d’amore.
L’amore ha, poi, una sua dinamica, che si sviluppa in alcune fasi:
La fase molto coinvolgente e, a volte, stravolgente è l’innamoramento. Questo è identificabile, per le sue caratteristiche, alla stessa adolescenza. E’ sempre trasgressione e frattura con il passato. Per chi è innamorato soltanto il presente è storia; il passato diventa preistoria. Attraverso l’amore, un individuo, avendo costruito la sintesi dei tre fattori (emotivo, motivazionale e cognitivo), riesce a scorgere nella persona amata non solo qualità ma anche difetti e ad accettarla per quello che è nella realtà.
L’amore, perciò, al contrario dell’innamoramento, può essere rappresentato come continua conquista del bene altrui e come progetto di vita.
QUAL E’ IL PERIODO DELL’ADOLESCENZA
L’adolescenza è una fase della vita molto particolare in cui l’individuo è bersagliato da una così grande quantità di richieste e di stimoli da parte del mondo esterno che risulta difficile darne una definizione chiara ed univoca.
È possibile tuttavia evidenziare delle tendenze di comportamenti ed atteggiamenti, che presuppongono uno sviluppo personale nuovo rispetto alle fasi precedenti.
Riconosciamo il periodo dell’adolescenza perché esso coincide con la pubertà, ovvero segue il periodo che va dal completamento dello sviluppo sessuale dal punto di vista riproduttivo(comparsa delle mestruazioni per le ragazze, eiaculazione per i ragazzi) e dura fino al completo sviluppo fisico che coincide con l’età adulta vera e propria.
Oggi giorno il momento della pubertà si è molto anticipato. La nuova tendenza si è notata con la progressiva anticipazione della comparsa delle prime mestruazioni, che avveniva generalmente nella seconda metà del secolo scorso in media verso i 17 anni, si è passati agli 11 – 12 anni negli anni ‘60, fino ad un’età compresa tra i 9 e i 12 anni attuali. Mentre al contrario la conquista dell’autonomia economica, che significa l’emancipazione sociale dell’individuo, e la sua maturità sociale, si sta gradatamente spostando in avanti e può arrivare a 25 – 30 anni. Ne deriva che il periodo dell’adolescenza, inteso in senso più ampio e cioè come emancipazione sociale oltre che completamento dello sviluppo fisico, tende oggi ad allungarsi nel tempo.
IL DIVERSO IMPULSO SESSUALE
DEI RAGAZZI E DELLE RAGAZZE
I giovani che entrano nell’adolescenza vivono nuove esperienze: l’innamoramento e il sesso.
Ma provano anche a manifestare i propri sentimenti e se stessi anche attraverso la fisicità. L’esperienza di diventare grandi passa anche attraverso questi processi con una educazione psico-affettiva e una educazione alla sessualità sicura e rispettosa dell’altro.
Lo sviluppo psicosessuale che caratterizza l’età adolescenziale, porta i giovani a sviluppare un impulso sessuale che si manifesta in modo diverso nei ragazzi e nelle ragazze:
NEI RAGAZZI
Per una sessualità serena e consapevole è importante conoscere il proprio corpo e quello del partner e sapere come funzionano i sistemi riproduttivi femminile e maschile.
Vulva: è l’insieme degli organi genitali femminili esterni e comprende:il monte di Venere (un cuscinetto di grasso ricoperto di peli dopo la pubertà), le grandi labbra e le piccole labbra; nella parte superiore c’è il clitoride. Tra le labbra sbocca l’uretra, il canale attraverso cui l’urina viene portata all’esterno. Nelle ragazze vergini la vulva è parzialmente chiusa da una membrana detta imene.
Vagina: è il canale che collega la vulva con l’utero. Durante il rapporto sessuale la vagina contiene il pene e riceve lo sperma; di qui, inoltre, passano il sangue mestruale e il feto al momento del parto.
Utero: è un organo muscolare cavo a forma di pera rovesciata, situato nel basso ventre,che accoglie e nutre il feto durante la gravidanza. La parte inferiore che termina nella vagina è detta cervice o collo dell’utero.
Endometrio: la mucosa, sensibile agli ormoni, che riveste internamente l’utero.
Tube: sono due condotti anatomici con un estremità a forma di imbuto che si adatta alle ovaie, ed una estremità che si apre nell’angolo superiore dell’utero. È proprio qui, nelle tube, che l’ovulo incontra lo spermatozoo e viene fecondato. Sono dette anche trombe di Falloppio o Salpingi.
Ovaie: sono due ghiandole che sintetizzano gli ormoni femminili (gli estrogeni ed il progesterone) e che producono le cellule-uovo, le quali ne usciranno soltanto mediante la fase del ciclo mestruale.
Follicoli: sono organuli che contengono le cellule-uovo. Al momento della pubertà nelle ovaie sono presenti circa 400.000 follicoli.
Pene: è l’organo che veicola gli spermatozoi in vagina durante il rapporto sessuale. La sua estremità è detta glande.
Testicoli: sono due ghiandole situate in una sacca cutanea detta scroto. Essi contengono i tubuli seminiferi dove sono prodotti gli spermatozoi, cioè le cellule maschili destinate alla riproduzione, e particolari cellule che producono l’ormone maschile, il testosterone.
Vasi defferenti: sono due condotti attraverso i quali gli spermatozoi raggiungono l’uretra.
Sperma: è un liquido di colore bianco che contiene gli spermatozoi, le cellule maschili della riproduzione.
Uretra: è un condotto che convoglia all’esterno sia l’urina che il liquido seminale senza che i due liquidi si mescolino.
Prostata: è una ghiandola che contribuisce a formare il liquido seminale.
La masturbazione (chiamata anche autoerotismo), è una parte molto importante nello sviluppo dell’adolescenza e nella scoperta della propria sessualità:contribuisce ad identificare le parti sensibili del corpo ed anche a scoprire come il corpo risponde a certi stimoli. La masturbazione, dunque, è un mezzo per prendere confidenza con i cambiamenti del proprio corpo e acquisire familiarità e coscienza di sé, oltre che, ovviamente, un modo per provare puro piacere.
La masturbazione è la stimolazione manuale dei propri genitali, spesso accompagnata da fantasie erotiche, finalizzata a raggiungere l’orgasmo.
È una caratteristica normale dello sviluppo della sessualità umana ed è praticata fin dall’adolescenza e spesso anche nell’infanzia.
Quando si è adolescenti, e non si hanno rapporti sessuali, questa mancanza viene compensata con l’autoerotismo. Con l’instaurarsi di un rapporto di coppia, la masturbazione tende a ridursi o addirittura a scomparire per ripresentarsi in quelle circostanze caratterizzate dall’assenza del partner stesso.
Nel passato, la masturbazione veniva considerata interamente una pratica maschile, ma è un elemento importante pure nell’universo femminile.
Sono caduti i falsi miti e le leggende sul fatto che la masturbazione è espressione di malattia mentale, produce danni al sistema neurovegetativo o ad altre parti del corpo, causa abbassamento della vista o caduta dei capelli, comparsa dell’acne o di un certo grado di gobba. In realtà la masturbazione non provoca alterazioni fisiche né psichiche.
Durante la pubertà, con la comparsa della prima mestruazione (perdita di sangue che avviene una volta al mese e dura circa 4/5 giorni), la donna inizia ad essere feconda.
Il ciclo mestruale dura mediamente 28 giorni ed inizia col primo giorno della mestruazione. Il ciclo è regolare quando fra una mestruazione e l’altra intercorre sempre lo stesso intervallo di tempo.
Il ciclo si divide in due fasi e correlato alla produzione ciclica di ormoni, in cui avviene la maturazione di una cellula uovo e la preparazione di un tessuto adatto al suo impianto:
Durante la prima fase in una delle ovaie,grazie ai messaggi inviati dall’ipofisi (una piccola ghiandola posta sotto il cervello), matura un follicolo (che contiene l’ovulo) e viene prodotta una quantità di estrogeni necessaria a far crescere l’endometrio, cioè la mucosa che riveste le pareti interne dell’’utero. A metà ciclo l’ipofisi rilascia una maggiore quantità di ormoni che provocano la liberazione dell’ovulo che è pronto per essere fecondato:intorno al 14° giorno dall’inizio della mestruazione avviene l’ovulazione;
Durante la seconda fase del ciclo l’ovaio, insieme agli estrogeni, inizia a produrre anche il progesterone che provoca la trasformazione dell’endometrio uterino in un tessuto adatto ad accogliere l’ovulo fecondato.
L’ovulo è fecondabile solo nelle 24 ore successive all’ovulazione:se non viene fecondato degenera.
In assenza di fecondazione, l’endometrio rimasto inutilizzato si distacca e viene espulso con la mestruazione; inizia così un nuovo ciclo.
Durante il rapporto sessuale l’uomo libera milioni di spermatozoi con il liquido (sperma) immesso dal pene nella vagina. Gli spermatozoi risalgono la vagina verso l’utero e da lì nelle tube dove, se è avvenuta l’ovulazione, possono incontrare l’ovulo maturo.
Nella tuba, normalmente, solo uno spermatozoo riuscirà a fecondare l’ovulo, Se esso viene fecondato si dirigerà verso l’utero dove troverà un ambiente adatto per crescere e svilupparsi.
Ha così inizio la gravidanza.
Per sapere se è iniziata la gravidanza si fa il test sulle urine o sul sangue. Il test rileva la presenza di un ormone (HCG) che viene prodotto solo dopo l’annidamento dell’ovulo all’interno dell’utero, quindi bisognerà attendere, per eseguirlo, la mancata mestruazione
La “prima volta” è un evento significativo che crea in tutti qualche apprensione. Mentre i ragazzi hanno, per lo più, paura di non essere all’altezza della situazione, per le ragazze questa esperienza è spesso associata alla paura del dolore e alla consapevolezza o al timore di perdere la verginità. La “prima volta” segna comunque l’inizio della vita sessuale relazionale.
La prima volta è sempre accompagnata da tante sensazioni ed emozioni, da fantasie e aspettative che ognuno porta con sè. Certamente un sentimento ed un coinvolgimento sincero favoriscono un’esperienza più bella e più libera.
La prima esperienza è carica di significati emotivi per tutte le ragazze:la rottura dell’imene diviene il segnale di un cambiamento che è il risultato di una scelta maturata dentro di noi.
Molti ragazzi e ragazze chiedono quale sia l’età giusta per avere il primo rapporto sessuale. Possiamo rispondere che non esiste un’età giusta per vivere la prima esperienza sessuale. Ognuno di noi deve seguire il proprio percorso interiore di maturazione e decidere di avere il primo rapporto quando sente di volerlo e di desiderarlo.
La scoperta del piacere e del desiderio può indurci a sperimentare i giochi amorosi, il contatto dei corpi, l’abbraccio e i baci, le carezze, fino a giungere all’unione degli organi genitali. Una forte attrazione può rendere possibile l’atto sessuale per il quale fino a quel momento non ci eravamo sentiti pronti.
Possiamo anche decidere di non avere rapporti sessuali completi perché non ci sentiamo pronti, mentre abbiamo voglia di continuare l’esplorazione della sessualità per conoscere meglio le sensazioni di piacere che ci comunica il gioco amoroso con l’altro.
Nella scelta della prima volta è importante non farsi condizionare dall’esterno. Bisogna sentire dentro di noi che è venuto il momento giusto, con un partner che ci dia fiducia e che ci consenta di fare un’esperienza piacevole, e di condividere e superare insieme ansie e preoccupazioni. La sessualità richiede, come ogni conoscenza o capacità, un tempo di apprendimento. Non è facile capire cosa desideriamo e cosa desidera l’altro. A volte sappiamo quello che non ci piace, ma abbiamo molta difficoltà a riconoscere i nostri bisogni o le nostre preferenze.
La stessa “prima volta” può risultare insoddisfacente o deludere le nostre aspettative.
In questo caso è importante non drammatizzare, e cercare piuttosto di capire che cosa non ha funzionato:se è stato il partner che ha sbagliato nei modi o nei tempi, o se il problema è dentro di noi:c’è qualcosa che ci frena e ci rende ansiosi? Oppure abbiamo dovuto mostrarci diversi da quello che siamo:più sicuri, più potenti?
E’ molto importante, comunque, essere bene informati e non confondere sessualità e procreazione. Anche se siamo pronti per fare l’amore, non lo siamo certo per fare i genitori.
La contraccezione è l’insieme delle informazioni e dei metodi che servono ad evitare il concepimento nei periodi in cui non si desiderano gravidanze.
La contraccezione si può ottenere con vari metodi:naturali, meccanici o di barriera, chimici.
Le caratteristiche che questi metodi devono presentare sono:l’efficacia, la sicurezza, la semplicità d’uso, la reversibilità, l’accettabilità e il costo accessibile.
La scelta contraccettiva dipende da molti fattori:medici, psicologici – relazionali, culturali e morali. Per scegliere un metodo contraccettivo occorre per prima cosa conoscerlo ed avere le informazioni che servono per valutare se è adatto alle proprie esigenze.
Per avere le informazioni ed eventualmente la prescrizione ed imparare ad usarlo ti può aiutare il personale dei consultori.
I metodi contraccettivi li possiamo distinguere in:
• pillola
• cerotto contraccettivo
• anello intravaginale
• pillola del giorno dopo
• profilattico
• diaframma
• spermicidi
• spirale
• Billings
• Ogino-Knaus
• metodo della temperatura basale
• coito interrotto
La sessualità e l’intimità sono ingredienti importanti della relazione di coppia, nonché indici del benessere del rapporto. La sessualità, tuttavia, presenta alcuni problemi ad essa collegati che meritano attenzione e devono essere affrontati.
Uno di questi è rappresentato dalle malattie sessualmente trasmesse, ossia quelle malattie che trovano nel rapporto sessuale la preminente via di contagio.
Vengono anche chiamate infezioni genito-urinarie perché colpiscono la zona genitale e le vie urinarie (vescica e uretra).
Sono causate da batteri, virus o piccoli parassiti, tutte forme di vita microscopiche, accomunate sotto il termine generico di germi o microrganismi.
Attualmente, fatta eccezione per l’AIDS e le epatiti croniche, tutte le altre risultano curabili se vengono riconosciute tempestivamente.
I sintomi possono essere diversamente evidenti nell’uomo e nella donna ma il contagio è sempre reciproco e per questo la terapia va sempre rivolta ad entrambi i partner.
Se si pensa o si ha il dubbio di aver contratto una malattia a trasmissione sessuale ci si può rivolgere ai consultori, al proprio medico o presso gli ambulatori ospedalieri che si occupano di queste malattie.
Le malattie a trasmissione sessuale sono:
La gravidanza è quell’importante momento nella vita della donna in cui, all’interno del suo utero si sviluppa e cresce un feto che, dopo 40 settimane di gestazione, è un bambino capace di vita autonoma.
Il prodotto del concepimento inizia così a crescere. Si forma la camera gestazionale che contiene il liquido amniotico, dove “nuota” l’embrione (detto feto dopo il terzo mese di gravidanza).
Si sviluppa la Placenta, l’organo che fa da tramite fra l’organismo materno e quello fetale. Placenta e feto sono collegati al cordone ombelicale. La placenta provvede al nutrimento e all’ossigenazione del feto, oltre che a svolgere una sorta di funzione di “filtro” rispetto alle sostanze nocive.
Le dimensioni dell’utero durante la gravidanza subiscono delle notevoli variazioni. Anche lo sviluppo del feto all’interno dell’utero si svolge gradualmente nel corso della gravidanza:il giorno in cui avverrà il parto viene calcolato contando 280 giorni dal primo giorno dell’ultima mestruazione (40 settimane).
Il giorno calcolato è indicativo e un parto è considerato a termine dalla 38a settimana alla 42a. Si considera abortivo un parto prima del 180° giorno e pretermine fra il 180° giorno e il 260°.
È interessante, infine, ricordare la distinzione fra gravidanza semplice e gravidanza gemellare Ecco inoltre un’analisi della gravidanza e del parto dal punto di vista psicologico-emotivo
La gravidanza inizia con la fecondazione . Durante il rapporto sessuale, tramite l’eiaculazione, avviene la deposizione del liquido seminale in vagina e, dei milioni di spermatozoi prodotti, soltanto uno sarà in grado di fecondare l’ovulo maturo a livello della tuba uterina.
Dopo circa 30 ore dalla fecondazione, l’ovulo fecondato inizia ad “automoltiplicarsi”. Dopo circa 6 giorni dalla fecondazione l’ovulo fecondato ha percorso tutto il tratto tubarico, scende in utero e si annida nello spessore della mucosa endometriale pronta ad accoglierlo.
Inizia la produzione di un ormone chiamato HCG che diventa dosabile nell’urina 15 giorni circa dopo la fecondazione (epoca della mestruazione mancata), poco prima nel sangue. La presenza di questo ormone dà il test di gravidanza positivo, il quale conferma la gravidanza.
Il prodotto del concepimento inizia così a crescere. Si forma la camera gestazionale che contiene il liquido amniotico, dove “nuota” l’embrione (detto feto dopo il terzo mese di gravidanza).
Si sviluppa la Placenta, l’organo che fa da tramite fra l’organismo materno e quello fetale. Placenta e feto sono collegati al cordone ombelicale. La placenta provvede al nutrimento e all’ossigenazione del feto, oltre che a svolgere una sorta di funzione di “filtro” rispetto alle sostanze nocive.
Le dimensioni dell’utero durante la gravidanza subiscono delle notevoli variazioni. Anche lo sviluppo del feto all’interno dell’utero si svolge gradualmente nel corso della gravidanza:il giorno in cui avverrà il parto viene calcolato contando 280 giorni dal primo giorno dell’ultima mestruazione (40 settimane).
Il giorno calcolato è indicativo e un parto è considerato a termine dalla 38a settimana alla 42a. Si considera abortivo un parto prima del 180° giorno e pretermine fra il 180° giorno e il 260°.
È interessante, infine, ricordare la distinzione fra gravidanza semplice e gravidanza gemellare
Quando due o più feti si sviluppano contemporaneamente e sono partoriti a brevissima distanza di tempo l’uno dall’altro si parla di gravidanza gemellare.
Si parla di gravidanza semplice quando il feto che viene alla luce è unico.
gemelli identici:sono identici in tutto, perché derivano dalla divisione di un unico ovulo fecondato da un unico spermatozoo, quindi sono geneticamente identici.
gemelli fraterni:possono essere diversi perché derivano dalla fecondazione contemporanea di due ovuli maturi da parte di due spermatozoi diversi e quindi sono geneticamente diversi.
Durante i nove mesi di gestazione possiamo osservare due ordini di fattori estremamente importanti:i cambiamenti fisici ed emotivi della madre e la crescita del feto.
Ecco inoltre un’analisi della gravidanza e del parto dal punto di vista psicologico-emotivo
Il periodo della gravidanza è caratterizzato da un susseguirsi di avvenimenti diversissimi, a seconda della personalità della donna, di come vive l’idea di avere figli, del rapporto che la lega alla sua infanzia e ai suoi genitori; a seconda che abbia o no un compagno e, se lo ha, del sentimento che la lega a lui.
Si alternano conflitti, momenti di serenità, sensazioni positive e negative, dubbi e paure.
Nel primo trimestre sono presenti variazioni di umore continue:da una gioia infinita a una profonda depressione. Nel secondo trimestre le diverse sensazioni sono legate all’adattamento a un corpo che cambia, alla percezione dei primi movimenti del bambino.
Il terzo trimestre è tutto improntato all’imminenza del parto, un avvenimento temuto e desiderato allo stesso tempo.
Da un lato la madre non vede l’ora di conoscere il viso, tanto fantasticato, del bimbo che ha dentro di sé, dall’altro il parto può essere vissuto con ansia per la rottura di un legame così intenso. Spesso, però, basta prendere il proprio bambino tra le braccia per ricreare quel legame.
Il bambino, da parte sua, per nove mesi cresce ed affina organi e funzioni. Nella pancia della madre egli è attivo e in continua relazione con l’ambiente. Sviluppa i sensi (tatto, gusto, olfatto e vista), e – si ritiene – sia in contatto emotivo con la madre, e possa avvertirne gli stati d’animo positivi e negativi.
Uno dei compiti fondamentali del Consultorio è quello di tutelare la gravidanza fin dal suo inizio
In Consultorio,infatti, vengono seguite le future mamme fino a dopo il parto mediante:
visite ostetrico-ginecologiche controlli ostetrici e consulenza sanitaria, psicologica e sociale durante la gravidanza e dopo il parto corsi di preparazione alla nascita
Per questo motivo molte delle nostre attività sono dedicate alle gestanti che possono scegliere di essere seguite gratuitamente dal personale del Consultorio Familiare (la dott. Ginecologo e la Psicologa) e che possono seguire i corsi pre-parto.
La legge garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita dal suo inizio, e l’interruzione volontaria di gravidanza.
La legge distingue due ipotesi in cui l’aborto (IVG) è consentito:
• entro i primi 90 giorni di gravidanza
• dopo i primi 90 giorni di gravidanza
Entro i primi 90 giorni la legge riconosce alla donna il diritto di interrompere la gravidanza purchè la sua richiesta sia motivata da queste circostanze:
• le condizioni economiche, sociali o familiari che possono incidere anche sulla salute;
• le circostanze in cui è avvenuto il concepimento;
• lo stato di salute fisica o psichica della donna;
• la previsione di anomalie o malformazioni del nascituro.
Per richiedere l’interruzione della gravidanza la donna può rivolgersi ad un consultorio familiare, o al medico di fiducia dove verranno ascoltate le ragioni esposte e esaminate le possibili soluzioni per superare le difficoltà che portano alla volontà di abortire.
L’incontro si concluderà con il rilascio di un certificato e con l’invito a riflettere per sette giorni.
Trascorsi i sette giorni la donna può presentarsi presso una delle sedi autorizzate ad effettuare l’interruzione della gravidanza.
Dopo i primi novanta giorni la legge prevede che l’interruzione volontaria di gravidanza può essere praticata:
quando la gravidanza o il parto comportino grave pericolo per la vita della donna;
quando siano accertate anomalie o malformazioni del bambino che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Se pensi di essere incinta e vuoi abortire, puoi rivolgerti ai consultori familiari.
Se non hai ancora 18 anni, i casi in cui puoi interrompere la gravidanza sono gli stessi previsti per le donne adulte (legge 194/78) ma la procedura è un po’ più lunga.
Se vuoi abortire (prima dei 90 giorni) devi avere il consenso di tutti e due i tuoi genitori oppure quello del tuo tutore. Se tu hai confidenza con loro e puoi comunicare che sei incinta e che vuoi abortire, ti conviene recarti con loro al consultorio dove farai richiesta di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) ed i tuoi genitori o il tuo tutore esprimeranno il loro consenso.
Se il consenso viene dato, tutto si svolge come per la donna adulta.
Se invece, hai motivi per nascondere la tua gravidanza e la tua intenzione di interromperla, puoi recarti, anche da sola, al consultorio, dove spiegherai i gravi motivi che impediscono la consultazione dei tuoi genitori e qualora tali motivi risultassero fondati, ti verrà rilasciato il certificato.
Entro sette giorni dalla tua richiesta, dal consultorio verrà trasmessa una relazione al giudice tutelare del luogo.
Il giudice tutelare ti convocherà ed entro cinque giorni deciderà se autorizzare l’interruzione della gravidanza.
Naturalmente, non è necessario ricorrere a questa complicata procedura, quando il medico accerta l’urgenza dell’intervento, a causa di un grave pericolo per la tua salute.
Ogni imposizione di pratiche sessuali su una persona contro la sua volontà o su una persona non consapevole di quanto sta avvenendo.
Autori della violenza sono spesso persone conosciute:amici, colleghi, datori di lavoro, fidanzati.
I luoghi più a rischio:la casa, il posto di lavoro, mentre solo 1/3 delle violenze avviene per mano di estranei ed in luoghi pubblici.
Spesso a commettere la violenza è una persona in cui è riposta fiducia, è molto difficile, per chi ne è vittima, non pensare che la responsabilità è propria e che nessuno le crederà se racconta quel che è accaduto.
Non esiste una ricetta per essere immuni dalle violenze. Si deve evitare di trovarsi in luoghi o in situazione che ne aumentino le probabilità.
Non andare in giro di notte da soli.
Conoscere bene le persone con cui si rimane soli in situazioni a rischio.
Fare attenzione a droghe e bevande alcoliche che diminuiscono la capacità di vigilanza e riducono la sensazione di pericolo.
Non fidarsi mai delle apparenze:il violentatore può essere chiunque.
Nel caso ci sia sospetto di violenza imminente assumere atteggiamenti difensivi ed attirare l’attenzione di altre persone o allontanarsi velocemente.
Se ci si trovi in un luogo isolato, dove nessuno può sentire, si consiglia di prendere tempo, parlare e mostrare sicurezza e padronanza della situazione, mantenere la calma e cercare di individuare una possibile via di fuga o mettersi ad urlare con tutta la forza che si ha.
Cercare di ricordare tutti i segni utili alla identificazione del violentatore da parte delle forze dell’ordine.
La violenza sessuale costituisce un reato contro la persona in quanto esiste una relazione prevaricante di un soggetto su di un altro.
Chiunque costringa a compiere o subire atti sessuali con violenza o minacce (fisiche o psicologiche) è punito con la reclusione.E’ considerata un’aggravante:
la violenza nei confronti di ragazzi/e che non abbiano compiuto gli anni quattordici;
l’uso di sostanze alcoliche, stupefacenti, armi, narcotici o altro che rendono la vittima incapace di intendere e di volere;
l’atto commesso da un genitore, anche se adottivo, dal tutore o da altra persona cui il minore sia affidato;
l’aggravante è maggiore se la vittima non ha compiuto i 10 anni.
E’ CONSIDERATO REATO L’ATTO SESSUALE TRA MINORI, ANCHE SE CONSENZIENTI, quando la vittima non ha compiuto, al momento dell’atto, i tredici anni o se anche li avesse compiuto la differenza di età tra i soggetti è superiore a tre anni.
LA VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO è la partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale.
Non è necessario che tutti abbiano rapporti sessuali con la vittima, è sufficiente che incitino il violentatore o che trattengano la vittima. In entrambi i casi vengono puniti allo stesso modo.
La punibilità presuppone la querela da parte della vittima entro sei mesi dal fatto.
Il consultorio familiare dovrà prendere in carico l’utente, la sua soggettività e la globalità della persona. In questo luogo la donna deve essere accolta ed ascoltata, visitata e sottoposta a terapia adeguata. La relazione, il legame, la vicinanza, non solo con il medico, ma con le altre figure del servizio (assistente sociale, psicologo e infermiere) devono rendere possibile un ascolto del sintomo sia sul piano fisico che psichico secondo un’ottica olistica della persona stessa.
L’attività ginecologica del consultorio si snoderà lungo tipologie diverse di interventi: che vanno dalla somministrazione dei mezzi necessari per conseguire la finalità di una libera e responsabile procreazione alla tutela della salute della donna e del concepito; dalla divulgazione delle informazioni per la prevenzione dei rischi genetici e per il controllo delle gravidanze a rischio; dalla preparazione al parto alla prevenzione dell’aborto; dall’informazione e certificazione I.V.G. al servizio di ginecologia e pap-test, sino all’informazione sulla procreazione assistita.
Schematicamente si indica la tipologia degli interventi:
Le utenti della fascia a rischio (età compresa tra i 35 ed i 65 anni), saranno sollecitate ed indirizzate per la pratica di della prevenzione dei tumori della sfera genitale.
Questo tipo di servizio privilegerà il dialogo, perché da questo emergono problemi inerenti la sessualità, la paura di affrontare una gravidanza indesiderata, così come il desiderio di avere un figlio e inoltre dare sostegno e risposte per evitare problemi di malformazioni future. Se in una coppia che ha normali rapporti, non si verifica una gravidanza entro sei mesi, un anno circa, allora è bene iniziare un colloquio e spesso sono sufficienti alcuni consigli, oppure iniziare ad eseguire alcuni esami o una terapia, sia per l’uomo che per la donna.
Per il controllo senologico oltre che continuare ad eseguire la palpazione manuale e ad insegnare alla donna a controllare il proprio seno, avvalendoci dell’apporto di una senologa, svilupperemo un progetto specifico per diffondere le conoscenze e consentire l’accesso facilitato alla diagnostica per la prevenzione dei tumori al seno anche per le donne sotto la soglia dei 40 anni.
Il servizio ginecologico affronterà anche il problema della contraccezione: alla luce dei risultati soddisfacenti nel corso dei precedenti anni: molte utenti affrontano il problema con responsabilità e serenità, dopo un dialogo o giudizio che esprimono negativo all’inizio e che sparisce appena ricevono le giuste informazioni.
In ottemperanza agli obiettivi ed azioni del piano del percorso nascita dell’ASP di Agrigento sarà realizzato il seguente percorso di competenza della struttura consultoriale:
L’andrologo è il medico che si occupa dell’apparato genitale maschile, rappresenta ciò che per le ragazze è il ginecologo.
In realtà i ragazzi non sono così abituati come le ragazze a rivolgersi ad un medico per tematiche che riguardano la propria sessualità, tuttavia anche la sessualità maschile è complessa, sono molte le patologie che riguardano i genitali maschili e quindi è molto importante che anche i ragazzi abbiano cura della salute del proprio apparato genitale, una cura che è fondamentale per poter vivere serenamente la propria vita sessuale.
Le prime persone con le quali si condividono dubbi e paure sono solitamente gli amici che spesso si rivelano ottimi informatori ma a volte… anche ottimi… disinformatori…
In che cosa consiste la visita andrologica?
Si tratta di una semplice visita dell’apparato genitale che, in genere viene eseguita sia in piedi che sdraiato, della durata di pochi minuti assolutamente non dolorosa. Molti ragazzi rifiutano la visita andrologica, perché non avvertono nessun disturbo, perché il problema al momento non li interessa o semplicemente perché si vergognano.
Perchè andare da un andrologo?
Si va dall’andrologo ogni volta che si ha un dubbio o un problema relativo all’apparato genitale; ci si va anche per chiedere informazioni e consigli all’inizio della propria attività sessuale, per saperne di più sulle malattie trasmesse sessualmente oppure se si hanno disturbi in caso di malattie infiammatorie e infettive delle vie genitali ed urinarie, dolori ai testicoli di qualunque natura, variazioni di forma e volume dei testicoli, o problemi relativi alla funzionalità dell’apparato stesso, o ancora per anomalie anatomiche del pene come ad esempio una notevole curvatura del pene.
Spesso si convive con fastidiose irritazioni che possono essere risolte con la semplice assunzione di un farmaco.
E’ utile sapere che ci sono malattie a trasmissione sessuale chiamate “asintomatiche” cioè che non danno nessun disturbo o sintomo evidente, ma che però, se trascurate, possono provocare problemi più gravi in futuro.
Sostanze nemiche dell’uomo.
E’ importante rivolgersi ad un andrologo in modo particolare se si fa uso di droghe (anche quelle leggere come ad esempio la Cannabis) o delle così dette “droghe da palestra”:anabolizzanti e sostanze dopanti che possono danneggiare in vario modo l’attività sessuale e riproduttiva maschile oltre che lo stato di salute in genere.
La cura dell’igiene intima.
Anche la cura dell’igiene intima viene comunemente ritenuta una “questione” soprattutto femminile, in realtà è fondamentale anche per i ragazzi.
E’ necessario ricordare che i microorganismi , causa di malattie sessualmente trasmesse, si trovano nelle secrezioni vaginali, nel liquido seminale, nelle mucose genitali che presentano abrasioni, e solo l’uso del profilattico costituisce una protezione adeguata.
Quando si sospetta di avere anche solo una piccola infezione, è utile rivolgersi subito al medico specialista:il ginecologo per la donna e l’andrologo per l’uomo. La terapia precoce di queste malattie ne previene le possibili più gravi conseguenze.
Se il ginecologo o l’andrologo prescrivono una terapia farmacologica è necessario usare sempre il profilattico, finchè non è sicuramente guariti.
Come prenotare una visita se non posso andare allo Spazio Giovani del nostro consultorio?
Se sei un adulto o comunque non riesci ad andare allo Spazio Giovani è possibile prenotare una visita, così come avviene per qualunque altra visita specialistica.
Oltre alla relazione sessuale fra persone di sesso maschile e femminile, vi sono altre identità sessuali che possono essere più o meno stabili nel tempo, e percepite dalla persona e dal suo contesto sociale come più o meno accettabili.
Le altre sessualità sono:
• Bisessualità
• Omosessualità
• Transessualismo
• Travestitismo
Una persona è bisessuale quando il suo interesse affettivo e sessuale viene indirizzato stabilmente sia verso individui del proprio sesso che di quello opposto.
Spesso vi è una preferenza verso l’eterosessualità o verso l’omosessualità.
Può essere accompagnata da uno stato maggiore o minore di disagio sia legato al rapporto con sé stessi, sia in relazione all’immagine sociale della bisessualità che oscilla fra totipotenza e non definizione di sé.
L’omosessualità implica una preferenza sessuale predominante e persistente per persone dello stesso sesso ed un’assenza o debolezza di eccitazioni nei riguardi del sesso opposto.
Nella vita di una persona si possono presentare delle fasi passeggere nelle quali si possono verificare delle attrazioni fra persone dello stesso sesso che non comportano una vera e propria condizione di omosessualità.
Ad esempio in alcuni ragazzi, già nella preadolescenza ci possono essere saltuarie fantasie erotiche rivolte a persone dello stesso sesso ed una scarsità o assenza di fantasie che riguardano il sesso opposto. Generalmente però ciò lascia il posto ad un orientamento sessuale preciso di segno eterosessuale.
Talvolta ciò non accade; la persona invece si colloca, con maggiore o minor fatica e disagio in un’identità omoerotica.
Il transessualismo è il passaggio più o meno completo sul piano fisico da un corpo appartenente ad un genere (solitamente maschile) non accettato al corpo appartenente all’altro genere (solitamente femminile) desiderato.
Si effettua, per scelta personale, attraverso una serie complessa d’interventi medici e chirurgici. È spesso, ma non sempre, associato ad un uso commerciale del proprio corpo giocato sull’ambiguità sessuale.
Il travestitismo consiste nell’assunzione di sembianze esteriori (abbigliamento, trucco, movenze, etc) proprie dell’altro sesso (generalmente il sesso femminile per i maschi) a fini seduttivi senza che vengano modificati gli organi genitali.
Può avvenire occasionalmente o regolarmente.
È generalmente una delle espressioni di un’incerta identità sessuale. A volte è uno stadio intermedio per il transessualismo.
È spesso associato alla prostituzione.
A
Aborto: interruzione della gravidanza che si verifica entro i primi 3 mesi dalla data dell’ultima mestruazione. Può essere spontaneo o indotto volontariamente.
Afrodisia: eccitazione sessuale morbosa. Erotismo esagerato.
Afrodisiaci: tutte le sostanze che stimolano e provocano desiderio e eccitazione sessuale
Afrodisiaco: sostanza ritenuta capace di accrescere lo stimolo e la potenza sessuale. Si tratta per lo più di un fenomeno di suggestione, dato che dal punto di vista farmacologico non è provata l’efficacia per nessuno dei prodotti venduti come afrodisiaci. Il miglior afrodisiaco sembra rimanere l’essere innamorati e avere un partner attraente! Albuginea: involucro di tessuto connettivo fibroso che riveste i corpi cavernosi e il testicolo.
Alcool: è credenza diffusa, ma errata, che il ricorso a sostanze alcoliche migliori le prestazioni sessuali. Questo non è vero perché in realtà l’alcol, assunto per lunghi periodi, abbassa la quantità degli ormoni nel sangue (il testosterone nell’uomo, gli estrogeni nella donna). Tale credenza popolare è probabilmente legata al fatto che una modica quantità può avere effetti disibinitori; superata la quantità di alcool attiva in questo senso, esso provoca una riduzione della libido, danneggiando, specialmente nei maschi, la reattività sessuale. Anche per questo l’abuso di sostanze alcoliche è spesso associato a disfunzioni sessuali.
Amenorrea: assenza di mestruazioni, nel periodo tra la pubertà e la menopausa: fisiologica se accade durante la gravidanza e l’allattamento, patologica se dovuta ad altre cause.
Amore ablativo: forma di amore caratterizzata da un eccessivo annullamento di se stessi a scopo di donazione e servizio per il bene altrui.
Amore platonico: forma di amore puramente spirituale e asessuale per una persona di sesso opposto. Termine derivante dal filosofo greco Platone.
Amore possessivo: amore infantile ed egocentrico. Può persistere come amore esclusivo per tutta la vita come bisogno di attaccamento ad una persona per trarne beneficio, sicurezza, godimento.
Amore sessuale: manifestazione corporea di affetto e di attaccamento reciproco tra due individui.
Amplesso: termine utilizzato dalla sessuologia per indicare l’atto sessuale. Letteralmente significa abbraccio.
Anafrodisia: mancanza congenita o acquisita del desiderio sessuale e impossibilità di ottenere l’orgasmo durante il rapporto pur avendone desiderio. Le cause possono essere soprattutto psicologiche. Può trattarsi di una condizione sia temporanea che permanente. Da non confondere con la frigidità.
Anafrodisiaco: sostanza che inibisce il desiderio sessuale.
Analisi del seme: meglio definita come spermiogramma, consiste nell’analisi microscopica del liquido seminale che determina il numero per centimetro cubo, la forma, le dimensioni e la capacità di movimento degli spermatozoi.
Androgeni: ormoni sessuali maschili che controllano lo sviluppo e la funzioni degli organi sessuali. I più importanti sono il testosterone, il diidrotestosterone (DHT), l’androsterone e l’androstenedione.
Androgino: individuo che ha contemporaneamente le caratteristiche dell’uno e dell’altro sesso. Con tale termine si indica spesso una donna con aspetto, voce e modi tipicamente maschili, oppure un uomo che assomigli o agisca come una donna.
Andrologo: specialista in andrologia.
Andropausa: termine usato in maniera impropria ad indicare un corrispettivo della menopausa e in particolare il climaterio. In realtà si può avere una riduzione della produzione del testosterone maschile ma a differenza della donna, l’uomo mantiene la propria capacità riproduttiva. Più propriamente di parla di PADAM (Partial Androgen Deficiency of Aging Male) o ADAM (Androgen Deficiency of Aging Male).
Anedonia: assenza di ogni sensazione del piacere. Spesso è un sintomo prodromico di depressione.
Anestesia sessuale: incapacità ad eccitarsi di fronte a stimoli sia fisici che psichici validi per quella persona, nel suo contesto e nella sua cultura.
Anilingus: pratica sessuale che consiste nella stimolazione orale dell’ano. Dal latino anus (=ano) e lingere (=leccare).
Anorchia: mancanza di testicoli con assenza di sviluppo dei caratteri sessuali secondari.
Anorgasmia: disturbo sessuale caratterizzato da mancanza di orgasmo. Presente soprattutto nelle donne, le quali pur provando desiderio sessuale ed eccitamento, non riescono a raggiungere l’orgasmo durante il rapporto sessuale. Le cause sono soprattutto psicologiche.
Ansia da prestazione: condizione di tensione psichica e di agitazione presente in un individuo al momento dell’atto sessuale, dettata dalla paura di non riuscire a portare a termine in modo soddisfacente il rapporto sessuale.
Ansia anticipatoria: condizione di tensione psichica e di agitazione presente in un individuo giorni od ore o comunque prima di un atto sessuale, dettata dalla paura di non riuscire a portare a termine in modo soddisfacente il rapporto sessuale.
Anticoncezionali (contraccettivi o antifecondativi): Tecniche di diversa natura mirate ad evitare la fecondazione. Si é soliti classificarli in metodi naturali (Ogino-Knaus o astinenza periodica, temperatura basale, Billings o del muco cervicale), che non garantiscono l’efficacia; metodi di barriera (condom o preservativo maschile, diaframma, spirale o IUD, tamponi), metodi chimici (creme, spray, candelette, lavande, compresse, gelatine, preservativo solubile) e metodi ormonali (pillola estroprogestinica, sequenziale, trifasica, postcoitale, mensile, minipillola progestinica). Tra i metodi naturali viene erroneamente considerato anche il coito interrotto, che in realtà non rappresenta un metodo contraccettivo efficace.
Aspermia: mancata emissione di liquido seminale durante l’orgasmo maschile.
Astenospermia: termine che si riferisce ad una minore mobilità degli spermatozoi che risulta spesso in infertilità.
Autoerotismo: Comportamento erotico rivolto su se stessi, finalizzato alla ricerca del piacere senza ricorrere al rapporto sessuale con altri.
Azoospermia: assenza di spermatozoi nell’eiaculato.
B
Bisessuale: individuo (maschio o femmina) che trae soddisfazione sessuale da rapporti con persone di entrambi i sessi.
Bondage: insieme di attività sessuali basate sulle costrizioni fisiche realizzate con legature, corsetti, cappucci, bavagli o più in generale sull’impedimento consenziente alla libertà fisica, di muoversi, di vedere, di parlare, di sentire.
C
Candida albicans: parassita appartenente alla famiglia dei miceti (funghi), normalmente presente sulla cute, a livello della mucosa intestinale e nel microambiente vaginale che in condizioni particolari di deficit immunitario può provocare gravi infezioni (Candidosi), principalmente a livello genitale sia nell’uomo che nella donna (uretriti, prostatiti, vulvo-vaginiti).
Caratteri sessuali: insieme di caratteristiche fisiche e psichiche che differenziano i maschi dalle femmine. Si distinguono in primari (quelli che servono alla procreazione come le ghiandole genitali e gli organi della riproduzione) e secondari (es. peli e voce profonda nell’uomo e seni e fianchi larghi nella donna).
Castrare: asportare i testicoli di un maschio o le ovaie di una femmina.
Ciclo mestruale o ovarico: Periodo intercorrente dal primo giorno della mestruazione al giorno precedente la mestruazione successiva, caratterizzato da modificazioni degli organi genitali che si verificano a causa delle differenze nella secrezione ormonale. Molto schematicamente, si può dividere in una prima fase (follicolare) caratterizzata dalla secrezione di estrogeni che conducono alla maturazione della cellula uovo e all’ovulazione, e da una seconda fase (luteinica), che si verifica dopo l’ovulazione e nella quale oltre agli estrogeni viene secreto anche il progesterone, per preparare la donna ad un’eventuale gravidanza. Il ciclo, la cui lunghezza varia dai ventuno ai quaranta giorni (la media è di ventotto giorni) si instaura con la prima mestruazione (menarca) che si verifica nella pubertà e cessa con la menopausa.
Circoncisione: asportazione chirurgica del prepuzio, ossia della pelle che circonda il glande. Viene praticata a scopo terapeutico o igienico o come rito di stampo religioso presso alcune civiltà (ebrei e musulmani).
Clamidia: microrganismo responsabile di malattie sessualmente trasmesse con uretriti ed epididimiti.
Climaterio: periodo della vita comune sia all’uomo che alla donna in cui a seguito di un’involuzione nella funzionalità delle ghiandole sessuali, si hanno nell’organismo delle modificazioni in senso riduttivo nella produzione di ormoni e dei meccanismi legati alla capacità riproduttiva.
Clitoride: organo erettile dell’apparato esterno sessuale della donna, situato a livello della parte anteriore e superiore della vulva nel punto di congiungimento delle piccole labbra. Ricco di termina- zioni nervose, è, dunque, sensibilissimo alle stimolazioni erotiche (orali, manuali, coitali).
Coito: atto sessuale in cui l’organo sessuale maschile viene introdotto in quello femminile. Culmina nell’orgasmo, il massimo delle soddisfazioni erotiche.
Coito interrotto: metodo contraccettivo che consiste nell’interruzione brusca e repentina del rapporto in prossimità dell’eiaculazione. Utilizzato come metodo anticoncezionale, non offre particolari garanzie in quanto é sempre possibile la fuoriuscita di qualche goccia di sperma sufficiente per la fecondazione.
Coito anale: l’atto sessuale che comporta la penetrazione del pene nell’ano del partner. Non essendo una zona naturalmente lubrificata è necessario provvedere in tal senso con l’impiego di sostanze lubrificanti; è inoltre fondamentale che il rapporto anche all’interno di una coppia fedele sia profilassato, in quanto i batteri presenti nel retto possono provocare l’insorgere di infiammazioni al pene che possono essere successivamente trasmesse al partner per altre vie (vaginale e/o orale); è inoltre una delle pratiche a più alto rischio di trasmissione del virus HIV.
Coito orale: pratica sessuale che consiste nella stimolazione dei genitali del partner attraverso la lingua e la bocca. Più precisamente si parla di fellatio quando è la donna a stimolare l’uomo e di cunnilingus in caso contrario. La stimolazione reciproca contemporanea è indicata, in gergo popolare, col termine allusivo di “69”. In situazioni di salute non costituisce pratica igienicamente pericolosa.
Condilomi: infezione venerea comunemente conosciuta come “creste di gallo”, causata dal papilloma virus, caratterizzata da escrescenze carnose che si sviluppano al livello dei genitali e dell’ano.
Condom: sottile membrana elastica di lattice di gomma che, applicata sul pene prima del rapporto sessuale, previene il concepimento o le infezioni.
Corpi cavernosi: cilindri di tessuto erettile situati da ciascun lato e sul dorso del pene. Sono circondati dalla tunica albuginea e attraversati sulla loro superficie uretrale dal corpo spongioso del pene e sulla loro superficie dorsale dalla vena dorsale profonda del pene.
Corpo luteo: trasformazione che il follicolo ovario subisce dopo l’ovulazione.
Cunnilinctus, cunnilingus, cunnilinguo: stimolazione dei genitali femminili (specialmente clitoride e orifizio vaginale) tramite la bocca, la lingua o le labbra per provocare l’orgasmo. È l’equivalente della fellatio.
Cromosoma: microscopiche strutture in cui è organizzato il DNA degli organismi eucarioti, che contengono le informazioni necessarie alla trasmissione dei caratteri ereditari. L’Uomo ha 23 coppie di cromosomi, contenuti nel nucleo di ogni cellula, di cui 22 coppie sono cromosomi omologhi (cioè simili) detti autosomi ed una coppia di cromosomi diversi che sono i cromosomi sessuali; nell’ambito di ciascuna coppia, un elemento deriva dal padre e l’altro dalla madre. Cromosomi sessuali: cromosomi che determinano il sesso. Si presentano diversi, per numero e struttura, in individui di sesso diverso. La femmina ha due cromosomi identici di grandi dimensioni, chiamati X. Il maschio ha un cromosoma X e un cromosoma Y più piccolo.
D
atto mediante il quale il pene penetra per la prima volta nella vagina lacerando l’imene che ne chiude parzialmente l’accesso. Si tende a considerare ancora oggi la rottura dell’imene come segno della perdita della verginità.
Diaframma: dispositivo contraccettivo meccanico usato dalla donna. E’costituito da una membrana di gomma di forma rotonda o ovale che viene inserita nella vagina prima del rapporto sessuale per impedire il passaggio dello sperma nell’utero.
Disfunzione Erettile: incapacità del soggetto di sesso maschile a raggiungere e/o mantenere un’erezione sufficiente a ottenere un rapporto soddisfacente.
Disfunzioni orgasmiche: disturbi della sessualità maschile e femminile relativi all’orgasmo.
Disfunzioni sessuali: tutti quei disturbi che riguardano la sfera sessuale e che impediscono di avere un rapporto soddisfacente e pienamente appagante.
Dismenorrea: mestruazione particolarmente dolorosa con crampi addominali.
Dismenorrea: mestruazione dolorosa.
Dispareunìa: indica l’insorgenza di dolore durante il rapporto sessuale. Colpisce sia la donna che l’uomo. La dispareunìa è esterna quando si manifesta all’inizio della penetrazione; è profonda quando si manifesta dopo la penetrazione nel fondo della vagina.
Dispermìa: termine generico che si riferisce ad una qualche alterazione della qualità e/o quantità del liquido seminale.
E
Eccitazione sessuale: condizione mentale e fisica che prepara l’individuo alla attività sessuale. Può essere provocata da immagini, suoni, pensieri, contatti o odori e può essere messa in relazione con l’amore. L’eccitazione sessuale raggiunge il culmine nell’orgasmo.
Edonismo: ricerca del piacere in tutte le sue forme.
Effeminato: uomo con caratteristiche, tendenze ed atteggiamenti femminili.
Eiaculatio ante portam: termine non più in uso che indica tuttavia una eiaculazione che avviene prima dell’introduzione del pene in vagina.
Eiaculazione: è il riflesso associato di solito all’orgasmo maschile con la fuoriuscita dello sperma attraverso l’uretra. Oltre che nel rapporto sessuale completo, l’eiaculazione può avvenire per polluzione, per masturbazione, per giochi sessuali o per stimoli vari.
Eiaculazione precoce: definita più modernamente eiaculazione rapida (rapid ejaculation) Emissione di sperma prima o immediatamente dopo la penetrazione. Disfunzione sessuale molto comune.
Eiaculazione retrograda: disturbo dell’eiaculazione di origine organica o iatrogena (diabete, malattie neurologiche, alcuni farmaci), per cui il liquido seminale non viene espulso all’esterno, ma si riversa nella vescica invece che nell’uretra.
Eiaculazione ritardata: persistente o ricorrente ritardo, o assenza dell’orgasmo, dopo una normale fase di eccitazione sessuale nell’ambito di attività sessuale che il clinico, tenendo conto dell’età del soggetto, giudica adeguata per localizzazione, intensità e durata.
Epididimo: formazione anatomica a forma di cappuccio allungato sul margine posteriore e superiore del testicolo (didimo).
Erezione: processo fisiologico che, a seguito di aumento dell’afflusso sanguigno al pene, ne provoca un consistente aumento di dimensioni accompagnato da inturgidimento allo scopo di consentire l’atto sessuale.
Ermafroditismo: presenza in uno stesso individuo di entrambi i caratteri sessuali maschili e femminili.
Eros: termine greco che indica l’amore e il Dio Amore.
Erotismo: atteggiamento dell’individuo nei confronti della sessualità caratterizzato dall’insieme di istinti, passioni, desideri e ricerca del piacere.
Erotomania: esasperato desiderio sessuale caratterizzato da un erotismo patologico.
Estrogeno: ormone femminile prodotto prevalentemente dalle ovaie. Gli estrogeni espilicano un’importante funzione nello sviluppo delle caratteristiche fisiche della donna.
Eteroerotismo: tendenza erotica verso il sesso opposto.
F
Fallo: indica il pene nella sua posizione eretta.
Fecondazione: unione dello spermatozoo con l’ovulo femminile da cui ha origine un nuovo essere vivente.
Fecondazione: unione di un ovulo femminile e di uno spermatozoo maschile grazie alla quale si forma un embrione.
Fellatio: stimolazione orale dei genitali maschili.
Feromoni o ferormoni: sostanze chimiche che esercitano un forte richiamo sessuale per il loro odore caratteristico, secrete da ghiandole situate nei genitali o nella pelle, sia del maschio che della femmina.
Feticismo: deviazione sessuale per la quale l’eccitamento sessuale è determinato da un oggetto inanimato (feticcio), per lo più parti del corpo o un capo d’abbigliamento qualsiasi.
Fimosi: restringimento della pelle del prepuzio, tale da rendere dolorosa o impossibile la scopertura del glande e quindi il rapporto sessuale.
Fornicazione: termine desueto ad indicare un rapporto sessuale illecito riferito per lo più all’adulterio e all’incesto.
Frigidità: termine desueto, usato spesso in maniera dispregiativa, per indicare una mancanza di desiderio e piacere sessuale nella donna per lo più di origine psichica.
Frenulo: lembo cutaneo che salda il glande al prepuzio del pene.
Frotteurismo: parafilia atipica caratterizzata da impulso a toccare e a strofinarsi contro una persona non consenziente e totalmente vestita e da palpeggiamento di parti del corpo in luoghi affollati.
FSH (ormone follicolo-stimolante): ormone prodotto dall’ipofisi, in grado di promuovere la spermatogenesi nell’uomo e la maturazione del follicolo ovarico nella donna.
G
Gamete: cellula matura che partecipa alla riproduzione sessuale (spermatozoo = gamete maschile), (ovulo = gamete femminile).
Gay: sinonimo inglese di omosessuale.
Gene: unità fondamentale del sistema genetico d’ogni individuo con possibilità di indurre e dirigere sia caratteri somatici sia reazioni biochimiche sia psichiche.
Genitali: organi sessuali e riproduttivi.
Gerontofilia: attrazione sessuale morbosa per le persone anziane.
Ginecomania: amore esasperato per le donne.
Glande: parte terminale del pene, collegata al prepuzio per il tramite di un lembo di tessuto elastico detto frenulo. Sul glande si apre un orifizio che permette la fuoriuscita di urina e sperma.
Grandi labbra: pliche cutanee prominenti, allungate e arrotondate presenti su entrambi i lati della rima vulvare.
H
Herpes genitale:
malattia a trasmissione sessuale provocata dal virus Herpes simplex caratterizzata da vescichette sulle mucose genitali che danno origine a piccole piaghe dolorose.
I
Imene: membrana mucosa che limita l’accesso all’ostio vaginale.
Impotenza: termine desueto, usato spesso in maniera dispregiativa, per indicare un disturbo dell’erezione. Meglio usare il termine Disfunzione Erettile.
Incesto: rapporto sessuale tra un individuo e un parente stretto, proibito e condannato in quasi tutte le società.
Infertilità: incapacità maschile e femminile di procreare.
Infibulazione: pratica primitiva, tuttora praticata a scopo rituale in varie parti del mondo, che consiste nella sutura delle piccole e grandi labbra della vulva con gravi conseguenze sul piano psichico, fisico e sessuale della donna.
Inseminazione artificiale: meglio definita come PMA, ovvero Procreazione Medicalmente Assistita, si riferisce a una serie di metodiche volte a ottenere una fecondazione non attraverso vie non naturali.
Ipofisi: ghiandola endocrina posta sotto la base dell’encefalo.
Ipotalamo: parte dell’encefalo in cui ha sede importanti funzioni vegetative. È situato sulla base cranica in corrispondenza dell’ipofisi.
K
Kamasutra: dottrina (sutra) dell’amore (kama). Antico testo sanscrito dedicato a regole di condotta matrimoniale, divenuto famoso per la parte dedicata alle posizioni dell’amplesso e per i consigli sulle pratiche sessuali.
L
Lesbismo: omosessualità femminile.
Lesbica: donna omosessuale.
Leucorrea: secrezione biancastra degli organi sessuali femminili comunemente indice di infezione.
LH (ormone luteinizzante): ormone ipofisario che stimola l’ovulazione, mantiene la secrezione di progesterone da parte del corpo luteo e regola la secrezione di testosterone da parte delle cellule testicolari di Leydig.
Libido: termine latino che indica voglia e desiderio, si riferisce al desiderio sessuale. Definita anche da autori americani come sexual drive.
Lubrificazione: processo di secrezione dal pene e dalla vagina di liquido organico che agisce come lubrificante naturale per facilitare il rapporto sessuale. In generale di usa il termine Lubrificazione ad indicare anche la fase di eccitazione femminile.
M
Masochismo: parafilia o deviazione sessuale che comporta pratiche sessuali consistenti nel trarre piacere dal ricevere sofferenza (fisica e non solo psichica) e umiliazione dal partner.
Masturbazione: pratica sia maschile, sia femminile consistente nella sollecitazione manuale dell’organo sessuale al fine di ottenere piacere.
Menarca: indica la prima mestruazione.
Menopausa: cessazione dell’ovulazione e delle mestruazioni, secondaria a modificazioni dell’assetto ormonale dell’organismo femminile, che si manifesta nelle donne in età tra i 45 e i 55 anni.
Mestruazione: perdita ematica fisiologica periodica della donna in età feconda, non in gravidanza, causata dallo sfaldamento dell’endometrio e dalla sua espulsione.
N
Necrofilia:perversione sessuale caratterizzata dal piacere prodotto dalla vista o dal contatto sessuale con un cadavere.
Ninfomania: deviazione sessuale femminile caratterizzata da una ricerca compulsiva di partner con cui avere rapporti sessuali.
O
Oligozoospermia: riduzione del numero degli spermatozoi nell’eiaculato
Omofobia: paura e avversione per l’omosessualità.
Omosessualità: tendenza a rivolgere attenzioni erotiche e sessuali verso persone del proprio sesso.
Orgasmo: sensazione fisico-emotiva che accompagna il culmine di un atto sessuale.
Ovaie: organo genitale interno femminile situato ai lati dell’utero collegato allo stesso. L’organo produce estrogeni, progesterone e ovuli e può interagire con gli ormoni ipofisari.
Ovulazione: il rilascio periodico di un ovulo maturo da parte di una delle ovaie
Ovulo: gamete femminile che può essere fecondato da quello maschile a fini riproduttivi
P
Pap_test: test di Papanicolau usato per l’individuazione precoce del cancro del collo uterino, o infezioni virali
Parafilia: indica la presenza di fantasie ricorrenti o atti comportanti attività sessuale con uso di oggetti inusuali, persone non consenzienti, minori o animali.
Pedofilia: attrazione sessuale morbosa che ha per oggetto i bambini.
Pene: organo esterno dell’apparato genito-urinario maschile.
Petting: indica pratiche erotiche masturbatorie reciproche che possono culminare nell’orgasmo ma in assenza di penetrazione.
Piccole labbra: sottili pliche cutanee situate internamente alle grandi labbra. Anteriormente formano, unendosi il cappuccio del clitoride e il frenulo.
Pornografia: trattazione e/o la raffigurazione di soggetti erotico-sessuali in maniera esplicita.
Prepuzio: lembo di pelle scorrevole che ricopre il glande nell’uomo. Nella donna, è il lembo cutaneo formato dalle piccola labbra che ricopre il clitoride.
Preservativo o profilattico: vedi condom.
Priapismo: erezione protratta e dolorosa. Può esitare in disfunzione erettile, motivo per cui bisogna ricorrere rapidamente alle cure specialistiche.
Prolattina:ormone prodotto dall’ipofisi che alla fine della gravidanza determina la secrezione di latte da parte della ghiandola mammaria.
Prostata: ghiandola dell’apparato genitale maschile, situata nella cavità pelvica, subito al di sotto della vescica. La sua funzione principale è quella di produrre ed emettere il liquido seminale, uno dei costituenti dello sperma, che contiene gli elementi necessari a nutrire e veicolare gli spermatozoi.
Pubertà: lo stadio della vita in cui maschi e femmine diventano in grado di riprodursi.
R
Rete testis: insieme di strutture presenti a livello del testicolo, che si canalizzano per dare origine ai tubuli seminiferi e che convogliano gli spermatozoi nei dotti deferenti.
S
Sadismo: parafilia o deviazione sessuale che comporta pratiche sessuali consistenti nel trarre piacere dal provocare sofferenza (fisica e non solo psichica) e umiliazione nel partner.
Salpingi o Tube di Falloppio: condotto che si estende dall’estremo laterale di ciascun ovaio all’angolo superiore dell’utero. E’ proprio qui, nelle salpingi, che l’ovulo incontra lo spermatozoo e viene fecondato.
Scroto: sacco cutaneo che contiene i testicoli, diviso da un setto mediano in due parti, ciascuna delle quali contiene, oltre alla ghiandola genitale, le varie formazioni anatomiche annesse, col rivestimento della tunica vaginale.
Sepsi o setticemia: invasione nel sangue di microbi e delle loro tossine.
Sessuofobia: paura eccessiva nei confronti delle pratiche sessuali.
Sieropositivo: soggetto che ha sviluppato gli anticorpi HIV ma che non ha ancora manifestato l’AIDS.
Sifilide: malattia sessualmente trasmessa di cui è responsabile il Treponema pallidum.
Sodomia: pratica sessuale caratterizzata da penetrazione anale.
Sperma: sostanza organica liquida che costituisce veicolo degli elementi fecondanti maschili, emessa attraverso l’eiaculazione.
Spermicidi: sostanze lubrificanti in grado di distruggere gli spermatozoi a scopo contraccettivo, che possono essere applicati direttamente in vagina o rivestire i preservativi.
Spirale (IUD): dispositivo intrauterino che ha un meccanismo anticoncezionale di tipo biochimico (lievi flogosi dell’endometrio) e chimico (il rame immesso da tale dispositivo inibisce la capacità penetrativa dello spermatozoo nell’ovulo).
Sterilità: impossibilità maschile o femminile alla procreazione per cause organiche o iatrogene.
Stupro: rapporto sessuale imposto con violenza a una persona non consenziente.
T
Tabù: termine indicante un atto che per convenzione sociale viene considerato severamente proibito.
Testicolo: ciascuna delle ghiandole sessuali maschili contenute nello scroto, destinate alla produzione degli spermatozoi e degli ormoni sessuali maschili.
Testosterone: principale ormone maschile, dotato d’essenziale azione nello sviluppo dei caratteri sessuali e del sistema genitale. Partecipa al metabolismo ed è usato per la cura delle patologie genitali e ormonali.
Transessuale: individuo che presenta le caratteristiche fisiche di un sesso ma psicologicamente sente di appartenere all’altro sesso.
Treponema pallidum: microrganismo responsabile della sifilide (malattia contagiosa sistemica) sessualmente trasmessa.
Tricomonas: “protozoo flagellato” responsabile di molte infezioni dell’apparato genitourinario maschile e femminile; si può trasmettere anche sessualmente.
Tube: vedi salpingi.
U
Uretra: canale che collega la vescica urinaria con l’esterno permettendo il deflusso dell’urina. Nell’uomo al suo interno si aprono anche i dotti eiaculatori che riversano in uretra il liquido seminale. Nella donna il canale è più breve e sbocca nel vestibolo della vagina.
Utero: organo muscolare cavo piriforme situato nella piccola pelvi tra la vescica ed il retto. L’utero funge da sede d’impianto dell’ovulo fecondato e rende possibile lo sviluppo dell’embrione e del feto.
V
Vagina: organo copulatore femminile, costituito da un canale muscolo- membranoso a cavità virtuale allo stato di riposo, esteso dalla vulva all’utero.
Vaginismo: spasmo doloroso che durante il rapporto genera dolore o impedisce la penetrazione del pene in vagina.
Vaginite: infiammazione acuta o cronica della vagina. Verruca: piccolo rilievo circoscritto e duro della cute o delle mucose a struttura variabile di natura virale.
Vescichetta seminale: piccole cavità contenenti liquido seminale situate dietro e a ridosso della vescica. Svolgono una funzione secretoria producendo sostanze indispensabili alla maturazione ed alla sopravvivenza degli spermatozoi.
Voyeurismo: perversione sessuale caratterizzata dalla ricerca di piacere tramite l’atto dello spiare rapporti sessuali altrui.
Vulva: il complesso degli organi femminili esterni, costituito da quattro pliche cutanee (piccole e grandi labbra) combacianti sulla linea mediana e da alcuni organi erettili (clitoride e bulbi del vestibolo).
Z
Zone erogene: parti del corpo estremamente sensibili all’eccitamento sessuale.
Zoofilia: parafilia o deviazione sessuale che consiste nella ricerca del piacere attraverso stimolazioni e rapporti sessuali con animali.
Tra l’infanzia e l’età adulta, l’adolescenza è infatti una delle fasi più delicate della vita, caratterizzata da profondi mutamenti fisiologici dovuti al fatto che in questo periodo – che precede la maturazione sessuale – l’organismo deve affrontare il massimo scatto di crescita e pertanto ha bisogno di una quantità di energia e di nutrienti maggiore rispetto a qualunque altro periodo della vita (se si eccettua la gravidanza e l’allattamento).
La dieta dev’essere variata, equilibrata e completa per assicurare un ritmo di crescita regolare e tutelare la crescita dell’organismo. Durante l’adolescenza infatti l’alimentazione ha un ruolo importante anche per la prevenzione di alcune malattie (cardiovascolari, neoplastiche, il diabete) che riconoscono come fattori di rischio l’obesità, l’ipertensione arteriosa e l’arteriosclerosi le quali iniziano a svilupparsi già nei primi anni di vita e sono profondamente influenzate dalle abitudini alimentari.
I diversi alimenti contengono nell’insieme tutti i nutrienti (proteine, zuccheri, grassi, vitamine e sali minerali) ma nessun alimento è, di per sé, completo; ne deriva l’esigenza di una grande varietà per compensare o integrare le carenze di ogni singolo alimento. Un’alimentazione razionale, cioè ben proporzionata e bilanciata alle necessità individuali, deve contenere tutti i principi nutritivi e comprendere una quantità di calorie adeguata.
Fondamentale inoltre è l’apporto di acqua per assicurare l’equilibrio termico e quello idrosalino.
Occorre perciò:
– saper scegliere gli alimenti con cui nutrirsi;
– saper scegliere le quantità necessarie per il proprio mantenimento;
– saper distribuire correttamente il cibo nella dieta giornaliera.
Durante il periodo della crescita il fabbisogno energetico varia in rapporto all’età, al sesso, alle condizioni di salute ed all’attività sportiva.
Nelle femmine i bisogni energetici e nutritivi raggiungono la punta massima fra il 13° ed il 15° anno.
Nei maschi crescono progressivamente raggiungendo il massimo tra il 17° ed il 18° anno.
Durante l’adolescenza si consiglia di frazionare i pasti nei tre principali ed uno o due spuntini per evitare accumuli metabolici ed errate abitudini.
È importante avere le informazioni di base per un’ alimentazione corretta e per mantenere un peso corporeo equilibrato.
L’alimentazione degli adolescenti – e dei giovani in generale – dovrebbe essere ricca di alimenti che forniscono carboidrati (pane, pasta, patate, legumi), di alimenti che forniscono proteine di elevato valore biologico (carne, pesce, uova), ma anche di latte e formaggi (per il contenuto in calcio) e di verdure e frutta (per le vitamine, in particolare vitamina A e vitamina C). Dovrebbe essere insomma un’alimentazione variata, basata su tutti e sette i gruppi di alimenti visti precedentemente.
La tradizionale dieta mediterranea è ritenuta oggi in tutto il mondo un modello e un metodo efficace per la protezione della salute ed è anche uno dei più vari e bilanciati che si conoscano.
Esso si basa prevalentemente su alimenti di origine vegetale come i vari cereali (grano, riso, orzo, segale, farro), legumi, frutta, ortaggi, pesce, olio di oliva e moderati consumi di alimenti animali.
Ciascun gruppo deve essere presente nella nostra dieta in modo proporzionato, poiché una alimentazione equilibrata è data non solo da un corretto apporto calorico, ma da un’adeguata ripartizione dei gruppi alimentari. Nessun alimento è indispensabile e nessuno va escluso. È fondamentale un equilibrato e moderato impiego delle varie categorie di alimenti a nostra disposizione.
Una sana alimentazione unita ad una attività fisica fa sì che un buono stato di forma fisica, previene molte malattie, mantiene alto il nostro umore e riduce anche la mortalità per diverse cause e in tutte le età, tutti ottimi motivi per modificare un stile di vita caratterizzato dalla sedentarietà.
Non bisogna privarsi di alcuni alimenti ma gustarli tutti tenendo conto delle loro qualità. Patatine, dolci, devono essere mangiati ma variando l’alimentazione.
La Piramide alimentare è il simbolo della “sana ed equilibrata alimentazione”; essa,è formata da diverse sezioni contenenti vari gruppi di alimenti. Ciascun gruppo deve essere presente nella nostra dieta in modo proporzionato. Alla base della Piramide troviamo gli alimenti che possiamo utilizzare più liberamente mentre al vertice troviamo quelli che è meglio limitare.
La parola “obeso” indica un soggetto eccessivamente grasso o corpulento.
L’obesità e il soprappeso sono pericolose non perché non ci permettono di entrare in una taglia più piccola, ma perché danneggiano la salute.
L’obesità è una condizione in cui bisogna considerare diverse influenze:
di natura biologica;
comportamentale;
ambientale.
Spesso, però, i problemi di soprappeso sono legati a nostre cattive abitudini alimentari e non a problemi di tipo biologico; una predisposizione è possibile ma non sarà quella a crearne la conseguenza diretta e immediata.
Se si hanno dei chili in più non dobbiamo “fare la fame”, basta rivedere la propria alimentazione. Ridurre le porzioni, variare i cibi, evitare spuntini eccessivi, muoversi, sono tutti aspetti che aiutano a non aumentare di peso.
L’uso dell’Indice di Massa Corporea (IMC, o Body Mass Index “BMI”) si è rivelato un buon criterio per evidenziare le diverse categorie di peso corporeo. Esso è un indice basato sul rapporto tra il peso corporeo e l’altezza. L’IMC si calcola dividendo il peso corporeo, espresso in kg, per l’altezza, espressa in metri, elevata al quadrato. Come si evidenzia dalla tabella sottostante, classificando questo indice, è possibile distinguere tra i vari gradi di sovrappeso. >
IMC=peso (in KG)/ALTEZZA (in metri) al quadrato | ||
> 40 | Sovrappeso di 3°grado | Grave obeso |
30-40 | Sovrappeso di 2°grado | Obeso |
25-30 | Sovrappeso di 1°grado | Sovrappeso |
18,5-25 | Normopeso | Normale |
< 18,5 | Sottopeso | Magro |
< 16 | Magrezza grave | / |
L’obesità, a differenza dell’anoressia e della bulimia, non è un disturbo prevalentemente femminile, ma si distribuisce in modo uniforme in entrambi i sessi; inoltre, mentre l’anoressia e la bulimia fanno il loro esordio durante il periodo adolescenziale, non sono infrequenti numerosi casi di obesità infantile. Le conseguenze che essa determina sono molto gravi:dai problemi vascolari, al rischio di diabete, etc.
È importante non vergognarsi di avere problemi di peso; i chili possono andar via ma la salute è necessario che resti.
Come già detto nella pagina dedicata all’anoressia, un’abitudine sbagliata di alimentazione può configurare un vero e proprio disturbo di comportamento se non di personalità. La bulimia, con l’anoressia, è uno tra i disturbi più ricorrenti e significativi. Altra abitudine sbagliata è il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, comunemente indicato con termine americano di Binge Eating Disorder (BED).
Il termine bulimia indica una fame da buoi. Esso è un disturbo dell’alimentazione che può sorgere sia in adolescenza che in età adulta.La bulimia è caratterizzata da una perdita di controllo su ciò che mangiamo tanto che si arriva ad abbuffarsi.
L’atto di abbuffarsi può esplodere all’improvviso durante un pranzo o una cena, oppure può essere consumato in gran segreto, di notte e da soli.
Il peso rimane in genere nella norma grazie ad una serie di comportamenti come il vomito provocato, l’abuso di lassativi e diuretici; l’alternarsi di questo comportamento con diete e ginnastica.
Anche chi soffre di bulimia pensa continuamente al cibo e trova faticoso concentrarsi su qualcos’altro.
Le conseguenze sulla salute sono molto gravi.
La bulimia, infatti, spinge la persona a fare abbuffate vere e proprie con attacchi di fame, badando poco alla qualità del cibo ma piuttosto alla quantità; con conseguenti episodi di vomito ed eliminazione più o meno repentina del cibo ingerito.
Si configura allora un vero e proprio caos alimentare, nel quale non si è più in grado di percepire i segnali fisiologici di fame e di sazietà, ma soprattutto non si è in grado di gestire liberamente la loro giornata.
Con tale problematica solo in parte si è consapevoli di quello che si sta facendo, si mangia per lo più senza gusto, e subito dopo ci si sente in colpa, turbati dall’idea di aver perso il controllo di sé. Ci Si rimprovera e ci si odia e la soluzione viene vista soprattutto nel vomito.
Se protratta nel tempo comporta un aumento sostanziale del peso corporeo anche con il risultato di un’obesità conclamata, con disfunzioni particolarmente a carico dell’apparato cardiocircolatorio, ostearticolare nonchè gastrico-intestinale.
Non bisogna vergognarsi, sentirsi in colpa, punirsi, è necessario parlare con psicologi e medici e con tutti coloro che ci stanno vicino.
Anche la bulimia, infatti, è una patologia essenzialmente psicogena e va trattata sul piano medico e psicologico, per favorire un riequilibrio delle modalità di assunzione del cibo.
Un’abitudine sbagliata di alimentazione può configurare un vero e proprio disturbo di comportamento se non di personalità. L’anoressia, con la bulimia, è uno tra i disturbi più ricorrenti e significativi. Altra abitudine sbagliata è il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, comunemente indicato con termine americano di Binge Eating Disorder (BED).
L’anoressia si configura come una protratta alterazione del rapporto con il cibo, intesa come scarsa assunzione e/o rifiuto:la si può considerare tale quando al calo ponderale del 30% e oltre si associa amenorrea (assenza del ciclo mestruale) con fenomeni di alterazione complessiva più o meno grave della funzionalità dell’intero organismo.
Può essere aggravata dall’uso di diuretici e lassativi e, ciononostante, la persona continua a percepirsi e vedersi come gonfia e grassa.
E’ una vera e propria malattia. Può essere curata con un trattamento ben articolato:
– sia dal punto di vista nutrizionale;
– medico-internistico;
– un intenso e mirato intervento psicoterapeutico individuale e relazionale, giacchè le cause ed i motivi di tali comportamenti sono di origine psicologica.
Caratteristiche fondamentali dell’anoressia:
1. ci si percepisce come grasso e si difende con volontà la propria condizione;
2. si ha difficoltà a riconoscere le emozioni;
3. si prova angoscia derivante dalla paura di perdere il controllo psicologico-comportamentale.
Come si manifesta All’inizio il comportamento alimentare di chi ne soffre è simile a quello di molte ragazze che vogliono dimagrire. Alcune volte si inizia eliminando dalla propria dieta solo quegli alimenti che si ritiene possano far ingrassare o si nasconde il non voler mangiare affermando di non star bene. Alcune ragazze diventano vegetariane e decidono di nutrirsi solo di frutta e verdura. Altre mangiano di tutto ma in quantità insufficiente, altre ancora scoprono cibi che non fanno ingrassare, come l’insalata, la verdura, le mele e se ne concedono grandi quantità.
Chi si ammala di anoressia può erroneamente credere che i cibi piccoli facciano ingrassare meno, quindi al posto di pietanze dalle dimensioni grandi ma che in realtà magari non sono molto caloriche, preferiscono cibi piccoli ma al contrario molto calorici.
In tutti questi casi si giunge al punto in cui ciò di cui ci si ciba è assolutamente inadeguato a mantenere il peso normale. Ciò che all’inizio era solo un “mangiar meno” si trasforma con il tempo in digiuno e alla fine alla fame vera e propria. La fame a sua volta con il tempo non viene più sentita, al punto che il soggetto affermerà di non aver bisogno di mangiare perché non sente fame.
Questi e altri comportamenti devono metterci in stato di allerta e farci pensare che c’è bisogno di un aiuto specifico. È importante non vergognarsi; avere il coraggio di ammettere di avere un problema è sempre segno di maturità. Tutti possiamo vivere momenti duri; tutti abbiamo bisogno l’uno dell’altro.
Le cause
Alla base del disturbo c’è spesso un rapporto di contatto disturbato con la madre:la figlia rifiuta di crescere perché la propria maturazione avrebbe come conseguenza una condizione di aggressività e rivalità nei confronti della figura materna.
Come individuarla
La prima conseguenza è spesso la scomparsa delle mestruazioni seguita talvolta da sensazioni di freddo, caduta di capelli, secchezza cutanea e varie manifestazioni dovute allo scarso apporto di sostante nutrienti che comportano un alterazione dell’organismo e sintomi dovuti alla drastica riduzione degli ormoni sessuali.
L’anoressica cerca scuse per non nutrirsi o non si presenta ai pasti. Nel corso del tempo il suo organismo, per compensare la mancanza di cibo, produce sostanze a livello neurologico (adrenalina) che attenuano in parte la sensazione di fame, e le rende iperattive, portandole spesso ad un estenuante esercizio fisico.
Non è solo un problema “da donne”
Negli ultimi vent’anni il numero dei maschi colpiti da anoressia è raddoppiato:secondo dati recenti un ragazzo ogni 50.000 in Italia soffre di questo male. Come per le ragazze, si ricerca esasperatamente la magrezza fino al deperimento fisico, ma, essendo una malattia tipicamente femminile, può venir diagnosticata tardi, quando oramai vi possono essere conseguenze organiche serie.
I disturbi alimentari i più conosciuti sono l’anoressia e la bulimia, mentre pochi conoscono il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, comunemente indicato con termine americano di Binge Eating Disorder (BED).
Il BED è un parente stretto della bulimia, ma non è caratterizzato dalla fase rivolta a compensare le abbuffate e ad impedire il conseguente aumento di peso (vomito autoindotto, abuso di farmaci lassativi e diuretici, attività fisica esagerata). Il disturbo interessa persone solitamente in sovrappeso, ed è presente nell’1-4% dei soggetti obesi. Sembra che le probabilità di insorgenza del BED aumentino in relazione alla gravità dell’obesità della persona. Inoltre, il disturbo colpisce in prevalenza i giovani, con una percentuale maggiore tra le femmine.
Alla maggior parte di tutti noi capita di incorrere in occasionali abbuffate, e questo non deve essere certo motivo di preoccupazione di insorgenza di BED.
I sintomi del BED sono ben precisi. In particolare, chi soffre di BED è solito abbuffarsi mangiando una grande quantità di cibo rispetto al normale e contemporaneamente avvertire la sensazione di non potersi fermare; oppure consumare frequenti pasti o spuntini nel corso della giornata. I pasti possono essere più o meno consistenti, ma si susseguono in continuazione.
Inoltre, perché si possa diagnosticare un caso di BED, la persona deve presentare tre o più di questi sintomi:
Se ci si dovesse riconoscere in questi sintomi, bisogna prenderli seriamente e il disturbo deve essere curato.
Gli specialisti consigliano di trattarlo sia come forma di obesità che come disturbo alimentare, in quanto le correlazioni biologiche evidenziate nei pazienti affetti da BED sono molto simili a quelle presenti nei pazienti obesi non affetti da BED. Come per l’obesità, si ritiene che alla base della patologia possano esserci fattori genetici.
Si parla spesso di giovani ed alcol, di adolescenti e dell’abitudine tra nuove generazioni a ricorrere alla pratica del bere per sentirsi accettati, membri di un gruppo, per affermare il senso di appartenenza e di condivisone di pratiche, di pensieri e di modi di fare del proprio gruppo.
Negli ultimi anni il consumo di alcolici da parte di giovani di età compresa tra i 13 e i 18 anni è aumentato vertiginosamente tanto da far scattare un vero e proprio allarme:quali possono essere le motivazioni? quali le cause? quali i rimedi? Domande alle quali esperti e studiosi danno risposte diverse.
Per molti giovani bere un bicchiere con gli amici è uno dei piaceri irrinunciabili della vita, è un’occasione per incontrarsi, chiacchierare e scambiarsi idee ed esperienze.
Per altri, invece, bere può essere la causa di numerosi problemi soprattutto se bere non rappresenta più un evento, un’occasione, ma una vera e propria un’abitudine, una routine.
Cosa è.
L’alcol, o alcool, viene chiamato la droga dei poveri perché è più accessibile a tutti.
L’alcool è una sostanza con la quale fin dalle sue origini l’uomo ha avuto una notevole confidenza. Essendo la fermentazione un processo naturale, la scoperta casuale dell’alcool e dei suoi effetti ebbe luogo già nell’antichità. L’uomo dell’antichità attribuì all’alcool un significato soprannaturale e le bevande alcoliche entrarono così a far parte di molti riti religiosi e mentre il vino venne usato per disinfettare le ferite o come base per numerose medicine. Fu a partire dal XIX secolo che, con l’industria delle distillerie, i problemi creati dall’abuso di alcool divennero evidenti in tutta la loro gravità e nel 1852 venne coniata per la prima volta la parola alcolismo.
L’alcool etilico, o etanolo, che tutti chiamiamo alcool, è una sostanza con proprietà psico-attive molto diffusa e contenuta a concentrazioni differenti in diversi tipi di bevande che incontriamo nella vita di ogni giorno.
Esistono bevande a BASSO contenuto alcolico (da 3 a 14 gradi = percentuale di alcol etilico o etanolo – in volume – contenuta in una bevanda) o “fermentate” (il vino, la birra, il sidro, gli spumanti), bevande con gradazione INTERMEDIA (da 15 a 30 gradi), che si ottengono con l’aggiunta di acqua, zuccheri, essenze o erbe aromatiche (gli amari, gli aperitivi) e bevande ad ALTO contenuto di alcool (dai 30 ai 70 e più gradi), i “superalcolici” o “distillati” (il whisky, il gin, la vodka, le grappe, le acqueviti).
In Italia abbiamo una tradizione millenaria di produzione e consumo di alcolici di ogni tipo e il commercio è libero e legale.
Come si ottiene.
Per fermentazione naturale:dalla spremitura dell’uva e di numerosi cereali si ottiene un liquido contenente elevate quantità di zuccheri (glucosio) che per azione dei fermenti vengono trasformati in alcol etilico (non possono avere più di 16 gradi). Dalla fermentazione dell’uva si ottiene il vino, dal luppolo, malto, orzo mescolato con altri cereali si ottiene la birra, dalle mele e pere si ottiene il sidro, da una miscela di acqua e miele si ottiene l’idromele.
Per distillazione:il processo di distillazione consiste nell’estrazione, mediante calore, dell’acqua dai liquidi precedentemente fermentati (le bevande così ottenute sono anche dette super alcolici ed hanno dai 40 ai 50 gradi). Dal vino si ottiene il brandy, dal sidro il calvados, dalle ciliegie il kirsch, dai cereali il gin, il whisky e la vodka, dalla melassa il rhum. I liquori o digestivi:sono miscugli di alcol più o meno diluito con essenze o estratti di piante aromatiche con aggiunta di zucchero o di altri dolcificanti.
Gli effetti dell’alcol.
A seconda della quantità di alcol introdotta si determina una fase eccitatoria caratterizzata da disinibizione, espansività, senso di euforia, iperattività, ridotto autocontrollo, minore capacità di critica e di giudizio, discorsi senza senso e irritabilità, alterazione dei tempi di reazione, della memoria e dell’attenzione. A dosi ancora maggiori si verificano incoordinazione con impaccio nei movimenti e tremori, frasi incoerenti, torpore, confusione, visione doppia, udito ridotto, vertigine, vomito ecc.. Per bevute massicce, non infrequenti tra i giovani specialmente nei week-end, si può arrivare a stato di coma , cioè stato di confusione fino a sonno profondo, respiro rallentato, muscoli flaccidi, riflessi deboli, collasso e, a volte, morte per arresto respiratorio.
L’alcol è la droga più diffusa ed occupa uno spazio importante anche fra le droghe da party. L’alcol,infatti costa poco, è reperibile ovunque, in qualsiasi momento, ed è socialmente accettato..
Per questo l’alcol uccide più persone della droga :consumo eccessivo di alcol, in particolare di superalcolici provoca notevoli danni al sistema nervoso e al fegato, causa gravi pericoli per la salute.
Più o meno la metà degli incidenti stradali mortali e una percentuale consistente dei reati di violenza sono da ricondursi a una coscienza annebbiata dall’alcol.
L’alcol rappresenta, senza dubbio, la sostanza psicoattiva lecita più diffusa nel nostro Paese:è farmacologicamente una droga, se viene usato a lungo dà dipendenza e la sua sindrome di astinenza è molto grave, tant’è che alcuni sostengono che sia più drammatica di quella dell’eroina.
Cosa succede a chi si mette alla guida dopo aver bevuto.
Un consumo eccessivo di alcol ha effetti disastrosi sull’organismo umano ma la capacità di trasformazione e di eliminazione dell’alcol dall’organismo infatti variano da individuo a individuo e questo fenomeno spiega anche perché alcuni soggetti, ad esempio giovani e donne, risultano essere più vulnerabili di altri.
In generale, di seguito viene indicato cosa può accadere a chi si mette alla guida dopo aver bevuto eccessivamente:
• il senso di euforia e di piacevolezza indotto dall’alcol può far sottovalutare le situazioni di pericolo in cui ci si può trovare (es. passare con il giallo ad un semaforo)
• possono essere alterate le capacità di valutazione della distanza di sicurezza da mantenere tra un veicolo ed un altro inducendo a sorpassi azzardati e pericolosi;
• il campo visivo diminuisce, si ha difficoltà a mettere a fuoco e i contorni degli oggetti e delle persone possono essere confusi
• i colpi di sonno diventano frequenti causando la perdita di controllo sulla vettura
A questo punto, tutto ciò a cui riesce a pensare è la droga o l’alcol e come procurarsene. Perde la capacità di controllarne l’uso e semplicemente si rifiuta di prendere in considerazione le tragiche conseguenze delle sue azioni.
Il “Binge-Drinking”:bere fino ad ubriacarsi.
Binge-drinking, letteralmente ubriacatura, sbornia, sbronza è un termine che ha subito una evoluzione etimologica:in passato indicava un periodo di due o più giorni in cui una persona beveva ripetutamente fino all’intossicazione, senza dedicarsi alle attività e ai doveri quotidiani.
Il Binge Drinking è una problematica psico-sociale emergente, definibile come il bere ripetutamente in modo compulsivo fino ad ubriacarsi.
Dunque la persona ingerisce volutamente quantità ripetute di alcol in misura maggiore rispetto alle sue capacità psicologiche e fisiologiche e al contesto nel quale si trova; altro patologico obbiettivo, oltre quello di provare ebbrezza, è quello di arrivare alla ubriacatura completa.
Il binge drinking può manifestarsi quando una donna beve almeno quattro porzioni di alcol e un uomo almeno 5 in una sola occasione.
I bevitori pesanti possono consumare anche 10-15 bevande.
Il binge drinking inizia di solito intorno ai 13 anni e arriva a picchi tra i 18 e 22 anni, per poi scendere progressivamente
Il consumo, quindi, è almeno di 5, 6 bicchieri (e comunque molto al di sopra delle proprie caratteristiche di tolleranza), molte volte in modo quasi consecutivo e rapido, ovvero senza sorseggiare, ma trangugiando l’alcol tutto d’un fiato.
In tal modo non vi è soltanto la pericolosità indotta dalla quantità eccessiva, ma anche quella dovuta alla modalità di ingestione, la quale amplifica l’impatto negativo sulla capacità e sulla salute sia psico-cognitiva, che organica.
A riprova di ciò vi sono recenti studi americani, apparsi su affidabili riviste scientifiche, i quali dimostrano che l’alcol bevuto velocemente ha effetti maggiormente deleteri rispetto alla stessa quantità assunta con più dilazione temporale.
Ulteriori studi hanno posto in evidenza il fatto che bere grosse quantità di alcol in tempi rapidi, in particolare durante ad esempio il fine settimana o comunque in concomitanza di feste o ritrovi, e poi mantenere durante il resto dei giorni sobrietà dagli alcolici, è molto pericoloso in quanto può aumentare gli effetti negativi dei momenti di Binge Drinking ed in generale tale modalità di assunzione può indurre Alcolismo.
Gli episodi di Binge Drinking sono quindi contraddistinti da:
– eccessivo consumo di alcol;
– assunzione di alcol troppo rapidamente;
– bere fino a sentirsi male e ad ubriacarsi;
– bere in compagnia e/o rispetto ad un qualche evento;
<br>conseguenze del Binge Drinking.
Attività quotidiane, amicizie, rapporti affettivi, dinamiche familiari, etc. sono in tal modo letteralmente sconvolte dal Binge Drinking, laddove l’individuo è alla continua ricerca del bere e conseguentemente quasi sempre annebbiato e stordito psico-fisicamente.
Chiaramente oltre che le sfere interpersonali, lavorative, familiari, affettive, etc., viene messa in serio pericolo la propria personale salute psicologica e fisiologica, certe volte con gravissimi rischi, ad esempio alla guida di un’automobile.
Spesso il Binge Drinking si verifica (e prende poi il via) in concomitanza di party, feste di fine corso di studi, eventi musicali o sportivi, serate in discoteca, nelle confraternite, etc.; in altre parole esso è più probabile in situazioni sociali, piuttosto che quando l’individuo è da solo.
Va sottolineato il fatto che le ripetute bevute possono sì avere carattere occasionale, ma purtroppo alcune volte si trasformano in atteggiamento frequente e poi in vera e propria patologia sia fisica che psichica, ovvero in Alcolismo.
Per quanto descritto i sintomi e le problematiche del Binge Drinking sono somiglianti a quelle delle altre dipendenze e possono appunto portare allo sviluppo della Dipendenza da Alcol, con il possibile verificarsi di concomitanti disturbi dell’umore, in particolare depressione, disturbi del sonno e disturbi sessuali.
Possono presentarsi anche problemi di performance cognitive, come problemi di concentrazione, apprendimento e memoria (sia a lungo, che a breve termine), con pericolosi sbandamenti dell’attenzione e vuoti mnemonici non solo nelle attività scolastiche o lavorative, ma anche nelle attività semplici e normali di tutti i giorni.
Vi sono infine una serie di conseguenze fisiologiche con possibili danni epatici, renali e cardiaci.
Simile al Binge Drinking è il cosidetto Binge Eating, ovvero frequenti episodi di abbuffate compulsive (senza successive condotte compensatorie, come ad esempio vomito auto indotto o uso di diuretici e lassativi, come avviene nella Bulimia).
La persona in questo caso perde il controllo sulla quantità di cibo ingerito, abbuffandosi a più riprese durante tutto l’arco della giornata.
I sintomi e i problemi derivanti dal binge drinking somigliano a quelli di altre dipendenze e possono portare allo sviluppo dell’alcolismo, con tutto ciò che ne consegue in termini di disturbi dell’umore, depressione, disturbi del sonno e disturbi sessuali.
I danni del binge drinking includono anche problemi di performance cognitive, come problemi di concentrazione, apprendimento e memoria (sia a lungo, che a breve termine), con pericolosi sbandamenti dell’attenzione e vuoti di memoria, non solo nelle attività scolastiche o lavorative, ma anche nelle attività semplici e normali di tutti i giorni.
Le attività quotidiane, le amicizie, i rapporti affettivi, le dinamiche familiari sono in tal modo letteralmente sconvolte dal binge drinking, in quanto l’individuo è alla continua ricerca del bere, e quindi quasi sempre annebbiato e stordito. Vi sono inoltre una serie di conseguenze fisiologiche con possibili danni del binge drinking di due tipi:renali e cardiaci.
I Danni del Binge Drinking sono Devastanti.
Smetti di Bere e Scegli di Vivere!
Il fumo è penetrato nel costume, nell’arte, nella letteratura, nella musica e soprattutto nel cinema che spesso ne hanno esaltato il suo consumo, persino i personaggi dei fumetti a volte non disdegnano una sigaretta.
Perchè i giovani iniziano a fumare.
La fase dell’adolescenza è un momento particolare della vita di un giovane:caratterizzata dal distacco dall’infanzia, dalla famiglia d’origine e alla ricerca di una propria identità. Il bisogno di individualità, di appartenenza ad una categoria o di un gruppo è molto sentito.
L’identificazione con persone più grandi e la gratificazione di appartenenza ad una categoria (quella dei fumatori) sono motivi sufficientemente importanti nella genesi di inizio dell’abitudine al fumo.
In che cosa sono diversi i ragazzi che fumano dai loro coetanei che non fumano?
E’molto probabile che un ragazzo diventi fumatore se entrambi i suoi genitori fumano. Per le ragazze l’influenza familiare preponderante è quella della madre.
Se i figli sono ribelli e i genitori fumano, c’è una buona probabilità che essi non li imitano.
Ed è vero l’opposto:i figli che ammirano i genitori tendono ad imitarne le abitudini:se i genitori fumano anche i figli fumeranno. Diversamente non fumeranno neanche loro.
L’influenza degli amici è molto potente:l’adolescenza è un periodo in cui il ragazzo è intento a ridurre lo stato di dipendenza dalla famiglia e dai genitori per passare a dipendere da altre persone e coetanei.
I ragazzi che fumano tendono ad avere amici fumatori. E’vero anche l’opposto:i non fumatori si raggruppano.
I ragazzi che fumano in genere non hanno molta stima di se stessi, sembrano aver paura “ di non farcela”.
I ricercatori ritengono che il fumo, per questi giovani serva da compenso in quanto non si sentono all’altezza degli altri compagni.
I ragazzi che fumano soffrono veramente di maggiori disturbi fisici e sono più ansiosi dei non fumatori:si vedono come gente annoiata in cerca di emozioni.
Non sono soddisfatti dell’età che hanno, vogliono apparire più vecchi; perciò si comportano in modo che immaginano essere quello degli adulti:fumano, bevono e prendono atteggiamenti da ragazzi più grandi.
Per questo motivo manifestano i loro istinti aggressivianche a costo di apparire impopolari.
I fumatori, in genere, vanno peggio dei loro coetanei a scuola , il loro rendimento è decisamente inferiore.
Alcuni giovani incominciano a fumare tarda età, ad esempio, durante gli studi universitari, il servizio militare, o quando cominciano a lavorare:vi sono diverse spiegazioni possibili, ma la principale sembra essere che quando si comincia a fumare da adulti, lo si fa come reazione ad uno stress.
Quasi certamente fra i fumatori e i non fumatori, le differenze psicologiche, influiscono più degli aspetti sociali.
Alcuni studi indicano che i fumatori si dilettano maggiormente a guardare la televisione e i film e sono più attivi negli sports.
Il football e altri sport a squadre probabilmente attraggono di più i fumatori che sono più socievoli, mentre il nuoto e il tennis piacciono maggiormente ai non fumatori.
Vi sono chiare prove che i fumatori sono più nevrotici dei non fumatori. Lo stato nevrotico viene definito oltre che dall’ansia, dal nervosismo e da un’insolita irrequietezza che, in alcuni, si estrinseca in frequenti cambiamenti di impiego e di residenza.
Più una persona è nervosa e soggetta a turbe emotive, più è attratta dal fumo.
Nei fumatori esiste un legame fra lo stato di tensione emotiva e la sensazione di desiderio localizzato nel torace, desiderio che viene soddisfatto con l’aspirare il fumo, reazione che i ricercatori hanno chiamato “Erotismo polmonare”, cioè una irritazione deliberata dei polmoni per calmare il petto in tumulto.
Cosa c’è in una sigaretta.
Non è solo tabacco quello che si fuma, la sigaretta contiene infatti anche:
– Nicotina
– Monossido di carbonio
– Sostanze Irritanti
– Sostanze cancerogene
La NICOTINA aspirata raggiunge in otto-dieci secondi il cervello, dove stimola la liberazione di dopamina e adrenalina che danno un effetto di lieve stimolazione ed euforia fisica e mentale. L’effetto eccitante di lieve euforia rappresenta un meccanismo di rinforzo motivazionale che spinge ad accendere un’altra sigaretta per mantenere costante il livello di nicotina nell’organismo.
La nicotina agisce (per la sua specifica azione, comune a tutte le altre droghe e all’alcol) sui circuiti nervosi che sovraintendono ai meccanismi della ricompensa e del piacere. La sua azione sugli organi periferici determina aumento della frequenza cardiaca, pressione arteriosa, motilità intestinale ecc. La nicotina induce dipendenza e viene oggi riconosciuta, al pari di oppiacei, cocaina, alcol e allucinogeni, tra le sostanze psicoattive in grado di indurre dipendenza fisica e psichica.
Il MONOSSIDO DI CARBONIO è un gas asfissiante che deriva dalla combustione incompleta del tabacco.
In seguito all’aspirazione di monossido di carbonio il sangue è meno ossigenato, c’è quindi minor nutrimento per i tessuti, il che provoca:ingiallimento della pelle, indebolimento dei capelli, invecchiamento precoce, ridotto rendimento muscolare.
Le SOSTANZE IRRITANTI causano accumulo di secrezioni nei bronchi, e questo favorisce il ristagno di agenti infettivi e sostanze irritanti e cancerogene.
Sono responsabili perciò di bronchite cronica, enfisema polmonare, asma bronchiale e cancro polmonare.
SOSTANZE CANCEROGENE
Il catrame generato dalla combustione della sigaretta è composto a sua volta da centinaia di sostanze ad effetto cancerogeno sull’apparato respiratorio, sul cavo orale, sulla gola, sulle corde vocali e anche su organi di altri apparati quali quello digerente e urinario. Immediato effetto del catrame è il colore giallo dei denti, il gusto di amaro in bocca e l’irritazione alle vie respiratorie.
Perchè si fuma?
Non c’è un vero motivo per cui i giovani iniziano a fumare, solitamente si inizia:
– per provare, per curiosità
– per imitazione degli altri (genitori, fratelli, amici, adulti, personaggi celebri dello spettacolo che fumano)
– per essere accettati dal gruppo di amici
– per sentirsi adulti
– per trasgredire a regole imposte dagli adulti
– perché si pensa di poter smettere in qualunque momento
Si continua a fumare perché:
– il fumo provoca dipendenza fisica e psicologica
– per essere stimolati:il fumo viene usato come mezzo per “caricarsi”
– per rilassarsi:il fumo viene usato come mezzo per “scaricarsi”
– per gestualità:la sigaretta per “tenere occupate le mani”
– perché piace, e smettere sembra privarsi di un “piacere” irrinunciabile
– si sottovalutano i danni alla salute provocati dal fumo
Rischi per la salute.
Il problema è che la persona che inizia a fumare non ha la percezione dei rischi alla salute in quanto questi vengono percepiti come possibili problemi di un futuro lontano, inoltre è convinta di poter smettere quando vuole perché viene sottovalutata la dipendenza generata dalla nicotina. Il fumo di sigaretta viene considerato un vizio, i fumatori dicono:”E’ un vizio che in qualsiasi momento posso abbandonare”. In realtà non è così, il fumo di sigaretta non è un vizio e non è un’abitudine, ma una tossicodipendenza.
Diventare un fumatore è una scelta che spesso non nasce da reali motivi, addirittura spesso non è una scelta, cioè si inizia tanto per provare, e poi ci si ritrova a essere dipendenti senza neanche accorgersene, e la vita senza sigarette sembra privata di un momento di piacere, di sicurezza e di prestigio. Forte è anche la dipendenza psicologica, che caratterizza il fumatore per il quale il tabacco è “l’amico” senza la compagnia del quale sembra impossibile vivere determinate situazioni e circostanze.
Si inizia a fumare principalmente per sentirsi all’altezza degli altri, per dividere con altre persone un rituale, per sentirsi più sicuri, per personale affermazione o perché si pensa di riuscire a migliorare le proprie prestazioni psichiche. Per continuare a fumare si è disposti a credere che lo smettere possa farci stare male e che ci provocherebbe inutili ed evitabili sofferenze.
E poi si fuma perché il fumo è un comportamento socialmente accettato e anzi talvolta mantiene, anche se in misura inferiore rispetto al passato, connotazioni positive del tipo che… fumare è…
– un comportamento proprio degli adulti, quindi considerato dai giovani come un segno di indipendenza, di autonomia, allore per un giovane fumare viene visto come “diventare adulto”;
– le donne vedono nell’atto di fumare l’affermazione dell’emancipazione femminile;
– l’atto del fumarsi una sigaretta viene associato a momenti piacevoli come mangiare, bere, divertirsi con gli amici;
– viene visto come uno strumento che facilita i rapporti sociali:avere una sigaretta in mano può dare un’immagine di maggior sicurezza di sé.
Gli interessi economici fanno il resto, e guarda caso dovunque ti giri ti ritrovi a vedere gente che fuma:nelle pubblicità, nei film, anche nei fumetti. E ovviamente nei film mica ti fanno vedere il tipo che ha un attacco d’asma; loro ti fanno vedere il macho che gode di ottima salute e si fuma la sua paglia come se fosse la cosa più buona del mondo, oppure la donna bellissima, spesso in carriera, che si accende la sigaretta prima di una riunione. E lei non ce li ha i denti gialli e il colore della pelle verdognolo, in compenso però ha 12 truccatori!!!
Essendo elevata la mortalità fra i fumatori, oltre al numero di persone che riescono a smettere, i produttori devono cercare di reclutare sempre nuovi clienti e devono tenere vivo il vizio del fumo nei fumatori. L’industria del tabacco ha costi elevati e spende ogni anno miliardi per la pubblicità senza mai alludere però ai danni e alle conseguenze per il fumatore. Inoltre lo Stato da una parte sostiene la campagna contro il fumo, dall’altra continua a incassare le tasse sul tabacco e a sostenere finanziariamente le coltivazioni europee.
E se voglio smettere?
Smettere di fumare non è un percorso uguale per tutti, dipende da diversi fattori tipo:da quanto tempo fumi, quante sigarette fumi al giorno ecc.
Alla decisione di smettere di fumare si arriva per diversi motivi:
Salute:Si percepisce nel fumo un pericolo per il proprio stato di salute; questo avviene perchè, ad esempio, emergono o si acutizzano sintomi fisici legati in qualche modo al fumo (respiratori, cardiovascolari, etc).
Autostima:Ci si rappresenta come inaccettabile (anche agli occhi dei figli o del partner) la schiavitù dal tabacco; una dipendenza che non gradiamo.
Estetico:Alcuni ‘disturbi’ del proprio aspetto sono spesso sgraditi, specialmente da parte delle donne:il puzzo di fumo dell’alito, degli abiti; la pelle del viso o delle dita giallastra, etc
Economico:Il costo del fumo può diventare un problema anche dal punto di vista del bilancio personale o familiare.
I dieci consigli degli esperti per smettere di fumare:
1. Smettere di fumare è possibile:il 90% degli ex fumatori ha smesso senza bisogno di aiuto
2. Il desiderio impellente della sigaretta dura solo pochi minuti e non è troppo difficile adottare strategie per distrarsi come bere un bicchiere d’acqua, fare una passeggiata, chiacchierare con qualcuno, masticare una gomma o una caramella senza zucchero
3. Già dopo 20 minuti dalla cessazione del fumo si hanno i primi effetti benefici
4. Le prime 24 ore dall’ultima sigaretta sono le più difficili. I sintomi dell’astinenza, più intensi nei primi 4 giorni, tendono ad attenuarsi dalla prima settimana al primo mese. Invece, le sensazioni di malessere (come affaticabilità, irritabilità, difficoltà di concentrazione, aumento dell’appetito, ecc.) possono persistere anche per alcuni mesi
5. Non tutti ingrassano quando si smette di fumare e comunque l’incremento di peso è moderato (2-3 chili). Se non si vuole rischiare, è sufficiente cambiare gradualmente le proprie abitudini alimentari, riducendo la quantità di cibo per pasto
6. Quando si smette di fumare è bene bere abbondantemente, aumentare il consumo di frutta e verdura e muoversi di più
7. Se non si riesce a smettere da soli è utile consultare il medico di famiglia, il farmacista o i servizi specialistici (oltre 200 sul territorio nazionale)
8. Il sostegno psicologico di operatori specializzati, di persona e telefonico, facilita la decisione al cambiamento e aiuta a rafforzare le motivazioni. Le terapie di gruppo aggiungono alle strategie cognitive e comportamentali la condivisione dei problemi e delle motivazioni con altri fumatori
9. Alcuni farmaci come i sostitutivi della possono aiutare i fumatori ad astenersi e ad alleviare i sintomi di astinenza
10. Le ricadute non devono scoraggiare. Possono essere utili per riconoscere e affrontare i momenti critici.
Cercare sensazioni piacevoli, alleviare i malesseri, superare le difficoltà, spingersi oltre i propri limiti fisici, psichici e mentali:questi atteggiamenti e comportamenti sono comuni a tutti noi.
Alcune persone però cercano di raggiungere questi effetti ricorrendo a sostanze che alterano piacevolmente lo stato di coscienza e danno la momentanea illusione di superare le difficoltà e di avere accesso a nuove grandiose potenzialità.
Droga, una parola entrata nel linguaggio quotidiano di giovani che fanno ricorso all’utilizzo di sostanze stupefacenti per poter “scappare” dalla realtà, per poter provare nuove emozioni, sensazioni attimi di adrenalina…
Droga, una parola sempre più spesso associata al divertimento e meno al pericolo ed alla consapevolezza di essere alle prese con uno strumento che può avere conseguenze gravi e addirittura irreparabili sull’organismo di chi ne fa uso.
Provare queste sostanze una volta non vuol dire automaticamente “essere drogati”. Il rischio però è quello di prendere per buona l’illusione di aver trovato la soluzione per i propri problemi, e di non attivarsi in nessun altro modo per risolverli.
Nessuno pensa di rischiare di diventare dipendente da una sostanza, tutti pensano di farne un uso “controllato” e di poter rimanere padroni della propria vita.
Questo purtroppo non è mai vero. Qualsiasi sostanza crea almeno una forte dipendenza psicologica per il semplice fatto che non è facile fare a meno di qualcosa che sembra ci dia una soluzione “magica” ed immediata.
E’ necessario conoscere la verità delle cose.
Termini come crack, lsd, smart drugs, cocaina, ecstasy….possono essere confusi, i rischi e pericoli derivanti dal l’utilizzo di tali sostanze possono essere sottovalutati o peggio ancora, sconosciuti. Le informazioni che troverai leggendo le pagine del nostro sito internet vogliono aiutarti a comprendere e ad acquisire maggiore consapevolezza sul mondo della droga, sulle normative che la disciplinano, sulle conseguenze giuridiche e penali, nonché sui rischi di trasmissione di malattie anche mortali.
Quali sono le droghe:
– Cannabis
– Cocaina e Crack
– Ecstasy
– Eroina
– Allucinogeni:Lsd, Mescalina, Ketamina e Pcp
– Smart drugs
– Steroidi anabolizzanti
Come accorgersi se una persona fa uso di droghe
Quando una persona comincia a fare uso di droga, solitamente tiene un comportamento che non da adito a preoccupazioni nelle persone che gli sono vicine e che gli vogliono bene. Durante le prime settimane, lui è convinto che sia solo un’esperienza e che smetterà subito.
Man mano che la dipendenza comincia a far parte della sua vita, la persona inizia ad avere sbalzi di umore e/o di comunicazione molto ben individuabili in quanto non da più importanza alla sua immagine, comincia ad avere lo sguardo perso, qualsiasi cosa succede o gli viene chiesta, non è importante per lui e comincia a tenere un atteggiamento da antagonismo nei confronti delle persone a lui care. Deve difendersi per non “farsi scoprire”. La persona che comincia a far uso di droghe, sa che è sbagliato quello che sta facendo e non vuole che si venga a sapere. Per mantenere questo segreto, comincia a chiudersi sempre più in se stessa. Il suo mondo comincia a riempirsi di bugie. “L’unica maniera” per far sì che nessuno sappia quello che sta accadendo nella sua esistenza.
Comincia quindi ad abbandonare gli amici di sempre, prova sempre meno interesse nelle cose che ha sempre fatto e, pian piano, sarà sempre meno presente nell’ambito familiare:le scuse possono essere tantissime “sono stanco”, dite sempre le solite cose che non mi interessano”, “sto attraversando un periodo in cui ho bisogno di stare solo”, “ho litigato con la ragazza”.
Se la persona frequenta la scuola, la sua applicazione verso lo studio diminuisce, comincia a marinare le lezioni, il profitto diventa scarso.
I sintomi fisici di chi fa uso di droghe.
Nella persona che fa uso di hascisc o marijuana, gli occhi sono arrossati e lucidi, ha sempre un sorriso ebete sulle labbra, è assente nei discorsi. Prova un immenso piacere per i dolci. Sarà molto isolato, immerso nei suoi “viaggi”. Una persona che fa uso di eroina, metadone e morfina, ha le pupille “a spillo”, con gli occhi molto lucidi. Una caratteristica di queste droghe è che la persona si gratta continuamente in varie parti del corpo. Tende ad addormentarsi ogni qualvolta si trova a leggere, a guardare la televisione o semplicemente quando non sta facendo niente.
Perde l’appetito e beve molti liquidi. Un altro sintomo, specialmente all’inizio della dipendenza di questa droga, è il vomito.
Chi fa uso di eroina e morfina dimagrisce a vista d’occhio.
Questo è dovuto principalmente alla droga che sta assumendo per la mancanza di appetito che provoca.
La persona che usa metadone, in molti casi tenderà gonfiarsi:questa è una caratteristica della droga chimica. La persona si gonfia, non ingrassa.
Una persona che fa uso di cocaina o di anfetamina ha sbalzi di umore molto veloci. Può passare da uno stato di iperattività e di euforia ad uno stato di abulia, in maniera così veloce da lasciare attonita la persona vicina a lui.
I suoi occhi sono molto lucidi, e quasi spiritati. Parla in continuazione e in moltissimi casi ha labbra e lingua molto pallidi. Muove la bocca in continuazione, come se stesse masticando anche se non ha nulla in bocca. I consumatori di queste droghe solitamente smettono di mangiare regolarmente; piluccano solo pochissimi cibi e non dormono la notte, salvo cadere in un sonno profondo dopo alcune notti passate insonni. Solitamente questo succede quando arriva il “down”.
Le persone che fanno uso di allucinogeni, solitamente fanno il “viaggio” in ambienti dove nessuno li può vedere. Questo perché solitamente il “viaggio”, porta la persona fuori dal tempo presente, in una dimensione che non è quella attuale, fatta di colori, suoni e movimenti indotti dalla droga assunta. Una persona in questo stato, difficilmente percepisce quanto avviene attorno per cui non riuscirebbe a fare un discorso sensato con una persona normale.
Le persona che fanno uso di queste droghe, tendono comunque a chiudersi molto in se stesse:la loro comunicazione si interrompe, non trovano più niente di interessante in ciò che li circonda, tendono a stare isolate o con altre persone che fanno uso dello stesso tipo di droga. Hanno uno sguardo perso nel nulla.
Cosa si può fare.
Centri e comunità specializzate aiutano a rimuovere il desiderio, l’ossessione delle droghe, eliminando tutte le droghe dal corpo.
Questi programmi si svolgono sotto il controllo di medici e specialisti.
Il programma è efficace se aiuta a risolvere il problema trovato in origine ed è capace di rimuovere le ragioni per cui la persona ha cominciato a drogarsi.
Normativa.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S. World Health Organization) definisce il termine “Droga” qualsiasi sostanza che, introdotta in un organismo vivente, può modificarne una o più funzioni in quanto provoca alterazioni della percezione della realtà e/o dello stato di coscienza.
La droga è un veleno in grado di incidere sulle prestazioni e/o capacità psico-fisiche, ma non tutta la droga è uguale. Sino a pochi anni fa era possibile fare la differenza fra droga in senso ristretto (droga pesante o leggera) e droga in senso largo che comprende tutte le sostanze che possono creare dipendenze (fumo, alcol, farmaci, lavoro, ….).
Dal 2006, a seguito delle novità introdotte dal decreto legge che contiene “Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi” approvato in via definitiva l’8 febbraio 2006 dalla Camera dei Deputati, sono state previste nuove sanzioni amministrative per chi fa uso di stupefacenti nella quantità considerata “ad uso personale”. (ritiro patente, del passaporto o del permesso di soggiorno per gli stranieri), pene dai 6 ai 20 anni per traffico e spaccio di droga e abolizione della distinzione tra droghe leggere (come Marijuana, Cannabis, Hashish) e droghe pesanti (come cocaina, eroina).
Il Decreto legge introduce quindi novità anche in merito alle quote di stupefacente considerate ad uso personale
1000 milligrammi per cannabis
750 milligrammi per cocaina
250 milligrammi per eroina
750 milligrammi per MDMA (ecstasy)
500 milligrammi per amfetamina
150 microgrammi per Lsd
Si definiscono droghe (stupefacenti) le sostanze, siano essere di origine vegetale o sintetizzate chimicamente, che alterano il comportamento dell’individuo e che provocano effetti assai gravi sull’attività cerebrale, fisica ed emotiva. Un doppio effetto, quindi, quello a livello biologico e quello psicologico, che poi coinvolge inevitabilmente anche il livello sociale.
L’inadeguato utilizzo della Rete può indurre in una situazione di dipendenza psicologica con conseguenti danni psichici e funzionali per il soggetto.
I principali sintomi di tale patologia sono:
1. bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione;
2. marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano Internet;
3. sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell’uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line, classici sintomi astinenziali;
4. necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati rispetto all’intenzione iniziale;
5. impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l’uso di Internet;
6. dispendio di grande quantità di tempo in attività correlate alla rete;
7. continuare a utilizzare Internet nonostante la consapevolezza di problemi fisici, sociali, lavorativi o psicologici recati dalla rete.
Con il passare del tempo l’ individuo diviene dipendente dalla rete con conseguente perdita delle relazioni interpersonali, modificazioni dell’umore, alterazione del vissuto temporale, cognitività completamente orientata all’utilizzo compulsivo del mezzo.
Con un utilizzo assiduo e sproporzionato dei Social Network molte persone mostrano segni sempre più seri ed invalidanti di dipendenza, con sintomi comuni ad altri tipi di dipendenza da sostanze come:
di tolleranza (assuefazione), ovvero la necessità di stare collegati e/o aggiornare i contenuti personali della propria pagina sempre di più ad ogni nuova connessione per raggiungere la medesima sensazione di appagamento;
sintomi di astinenza, cioè la sperimentazione di intensi disagi psico-fisici nel caso non ci si colleghi per un certo periodo tempo;
ed infine sintomi di Craving, ovvero la presenza sempre maggiore di pensieri fissi e di forti impulsi verso come e quando connettersi.
La dipendenza dai Social Network sembra essere dovuta al forte senso di sicurezza, di personalità e di socialità (in una società sempre meno connotata dai contatti sociali) che tale forma di siti sono in grado di fornire.
In realtà tutte queste dinamiche psico-emotive personali ed interpersonali si basano su qualcosa di virtuale, dando in tal modo sicurezze ed autostima fittizie, ben presto raggiunte da pericolosi sintomi di dipendenza, isolamento sociale e conseguente menomazione delle principali sfere vitali come quelle lavorativa, familiare, sociale, affettiva, etc.
A tutto questo si aggiunge la competizione che si instaura tra gli utenti dei Social Network ad avere più amici che si associano alla propria pagina personale; ciò provoca una distorsione del senso dei veri rapporti amicali e a sua volta una vera e propria dipendenza da amicizia o amicodipendenza, laddove non si riesce più a staccarsi dal web alla compulsiva ricerca di nuove condivisioni e al controllo di possibili richieste o messaggi da nuovi possibili amici.
Ulteriori conseguenze deleterie derivanti da questa dipendenza da amicizia sono la formazione di giudizi personali ed interpersonali sulla base del numero di amici aggregati alla propria pagina, spingendo ancor di più verso l’iper utilizzo dei Social Network e la dipendenza da essi stessi.
Per quanto fin qui detto Facebook e gli altri Network sociali “funzionano” mascherando le personali ansie, preoccupazioni, sbalzi d’umore e il proprio senso di disistima e di solitudine.
In tal modo le richieste di nuove amicizie risultano quasi un riempimento, una conferma e/o un rafforzamento del proprio ego.
La Dipendenza da videogiochi come ogni altra dipendenza, vincola il soggetto a dedicare ingenti quantità di tempo ed energie ai videogames compromettendo l’ambito scolastico, relazionale e fisico. La dipendenza da videogiochi comporta i fenomeni di tolleranza ed astinenza, ovvero il soggetto e costretto ad aumentare progressivamente le “dosi” di tempo passato a giocare per ottenere il livello di eccitazione desiderato mentre l’astinenza comporta una serie di sintomi psico-fisici ( irrequietezza, agitazione, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno e dell’umore, pensieri ossessivi riferiti ai videogiochi ecc..) che si manifestano quando il soggetto è impossibilitato a giocare.
Le principali conseguenze dovute alla dipendenza da videogiochi possono riguardare:
Anche un uso improprio o prolungato del televisore, a lungo andare, produce effetti effetti deleteri sulla psiche di giovani particolarmente fragili e suscettibili a tale tipo di influenza, producendo sintomi di astinenza alla pari di altre dipendenze.
Di seguito vengono descritti alcuni comportamenti che devono far sospettare di essere in presenza di teledipendenza.
Principali segni di teledipendenza:
Lo shopping compulsivo, o sindrome da acquisto compulsivo, rappresenta un disagio psicologico e comportamentale caratterizzato da una tendenza a manifestare vere e proprie crisi di acquisto, da un impulso irrefrenabile, di comprare soprattutto oggetti inutili e non indispensabili che, frequentemente, non si collegano ai gusti dell’acquirente e che sono spesso al di sopra delle sue finanze.
Nella maggior parte dei casi gli acquisti vengono buttati, regalati o comunque mai utilizzati.
Si è riscontrata la presenza di vere e proprie crisi d’astinenza, che sono uno dei segnali per il riconoscimento del disturbo, e la tendenza del soggetto a nascondere i prodotti acquistati similmente a quanto viene fatto dai tossicomani con la sostanza.
I compulsive buyers, ovvero compratori compulsivi, descrivono spesso delle sensazioni e delle emozioni contraddittorie provocate sia dalle caratteristiche dei prodotti, che dal loro stato interiore.
Durante l’acquisto è presente uno stato di tensione e di benessere che presto, però, si tramuta in un senso di colpa e vergogna.
Il gioco d’azzardo patologico è una forma di comportamento compulsivo, in cui l’individuo mostra una crescente dipendenza dal gioco, aumentando la frequenza e il tempo passato a giocare, accompagnato dalla spesa di ingenti quantità di denaro, spesso al di sopra delle proprie possibilità, mirata al guadagno e al recupero delle perdite. Il gioco d’azzardo si accompagna spesso ad altre patologie, quali altre dipendenze o disturbi affettivi.
Il GAP ha una lenta e graduale evoluzione caratterizzata da diverse fasi:
Il giocatore patologico mostra un coinvolgimento totalizzante in questa pratica, tralasciando in maniera sempre più evidente gli altri aspetti della vita quotidiana e mettendo a repentaglio relazioni significative sul piano personale e professionale.
Il soggetto dipendente non è in grado di porre un freno all’impulso di giocare e
* necessita di somme di denaro sempre maggiori da investire;
* spende gran parte del proprio tempo ad escogitare e a pianificare nuovi metodi da utilizzare nelle giocate;
* è irritabile e aggressivo quando tenta di ridurre il tempo passato a giocare, sperimentando una vera e propria crisi di astinenza dal gioco;
* mente a familiari e ad altre persone significative riguardo la sua attività e spesso, per procurarsi il denaro, commette azioni illegali come frode e furti o chiedendo prestiti ingenti per far fronte ai debiti di gioco.
Da ciò consegue la necessità di giocare sempre più spesso, aumentando le somme giocate per raggiungere il grado di euforia desiderato.
Un comportamento, questo, dovuto all’insorgere di una condizione di tolleranza, come accade nella dipendenza da sostanze stupefacenti.
Le perdite tentano di essere recuperate con ulteriori giocate che, spesso, portano ad ulteriori perdite fino ad innescare un circolo vizioso.
Il giocatore compulsivo
* riporta uno stato di ansia e nervosismo, insieme a frequenti alterazioni dell’umore, sperimentando sensi di colpa;
* è incline ad atteggiamenti superstiziosi e tende a distorcere la realtà;
* ha sentimenti di onnipotenza e si sente perseguitato.
Gli effetti, a livello fisico, si manifestano nell’alterazione delle abitudini alimentari, cefalea, disturbi del sonno e uso di altre sostanze stupefacenti.
Inoltre, il copioso dispiego di denaro provoca danni economici rilevanti insieme a danni morali, sociali e problemi connessi alla sfera lavorativa.
Sono molto molto, molto arrabbiata d’una rabbia fredda, lucida, razionale.
Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza.
Oriana Fallaci
“Chiunque può arrabbiarsi:questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto:questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile”.
Aristotele
La rabbia è un’emozione tipica che accompagna da sempre tutti gli esseri umani:chi di voi non è diventato almeno una volta verde dall’ira? La collera esordisce sin dalla prima infanzia, pensiamo al bambino che non è coccolato dalla mamma e che ha come reazione il pianto che equivale allo sfogo della rabbia.
Sostanzialmente quest’emozione rappresenta la reazione ad un limite ed esprime il bisogno vitale di affermare il proprio Io.
Ma perché ci arrabbiamo? Difficile crederlo, ma la rabbia è funzionale alla nostra sopravvivenza: l’ira è come il dolore o come la paura, un campanello d’allarme che trilla quando qualcosa di nocivo ci sta accadendo. Un messaggio d’allerta che avvisa il nostro organismo di qualche minaccia:una reazione che permette di attaccare, diciamo così, chi ci attacca.
L’emozione rabbia è inclusa, con il nome d’ira, tra i sette vizi capitali, ma anche il pensiero buddista, a tal proposito, ha un punto di vista interessante.
Nel testo “Emozioni Distruttive”, scritto a quattro mani dal Dalai Lama e Daniel Goleman, vengono presentati i ‘tre veleni’:la rabbia, il desiderio e l’illusione.
Le digressioni circa le possibilità di contenimento della rabbia sono molteplici e risentono degli orientamenti di pensiero e delle prospettive teoriche per quanto concerne una possibilità di trattamento dal punto di vista psicoterapeutico. La rabbia, in quanto emozione permette di identificare una chiara origine funzionale, antecedenti specifici e caratteristici, manifestazioni espressive, modificazioni fisiologiche.
Da un punto di vista evolutivo, la socializzazione alle emozioni è precoce e, nel caso specifico, agisce in senso repressivo:non è socialmente gradita l’espressione della collera. Tale condizionamento alla repressione è così determinato che, spesso, molte persone sviluppano un vero e proprio timore circa un’esplosione della rabbia che tentano di sedare. La rabbia, anche nelle sue manifestazioni più lievi di irritazione e fastidio, è l’emozione che più di ogni altra si cerca di controllare sia all’interno del proprio vissuto che nelle sue manifestazioni osservabili.
Nel 1990, lo psicologo Sternberg ritiene di aver identificato chiare manifestazioni di rabbia nell’espressione del volto e nelle vocalizzazioni in bambini di appena 4-7 mesi.
Una delle cause prototipiche della rabbia si riferisce al presentarsi di un ostacolo che impedisce il soddisfacimento di un obiettivo; maggiore è la motivazione che orienta le persone alla meta, maggiore sarà la frustrazione e la conseguente reazione sperimentata.
Ogni persona reagisce alla rabbia in modo diverso:c’è chi la reprime e chi invece la manifesta con tutta la sua forza.
Ma inghiottire la rabbia fa male, gridarla anche.
Entrambi i comportamenti non sono funzionali al nostro benessere psicologico:reprimere le manifestazioni d’ira è nocivo alla salute psicofisica:depressione, problemi psicosomatici come l’ulcera e l’emicrania possono colpire i troppo accomodanti. Chi invece esprime la rabbia, al di là dello sfogo catartico entro poco tempo, si trova ad affrontare grossi disagi relazionali. Soprattutto se a scatenare l’emozione sono conflitti con genitori, partner, e colleghi; di solito, più è intensa la relazione, più violenta è l’aggressività che si scatena nei contrasti.
Come tutte le emozioni, anche la rabbia non è mai giusta, o sbagliata:bisogna prendere atto che c’è, e soprattutto comprenderla per gestirla al meglio.
Il primo passo è ascoltarla bene:cerchiamo di capire davvero perché siamo arrabbiati. Perché un’automobile che ci impedisce di uscire dal parcheggio ci fa diventare folli di rabbia? Certamente è una cosa che infastidisce ma, a meno che non stiamo vivendo una situazione di emergenza, non costituisce certo una minaccia alla nostra sopravvivenza.
Come suggerisce il Dott. Mastronardi “In realtà spesso la rabbia viene scatenata dalle nostre interpretazioni delle azioni dell’altro, dai significati simbolici che vi attribuiamo”. Ad es. posso cominciare a pensare che il proprietario dell’auto che mi ostacola non ha alcun rispetto per me, non ha pensato affatto al fastidio che mi poteva arrecare, che è un prepotente, ecc.
Questa catena di pensieri, che spesso si susseguono in modo automatico e inconsapevole, non fa altro che far aumentare la mia rabbia, per cui quando finalmente arriva il proprietario dell’automobile io sono pronto ad entrare in colluttazione con lui, con tutte le conseguenze negative del caso”.
Una volta che ci siamo posti queste domande, e abbiamo cercato di darvi una risposta, possiamo effettivamente decidere se è il caso di manifestare o meno la nostra rabbia, e soprattutto in che modo manifestarla. Nel caso avessimo deciso che è il caso di manifestare la nostra rabbia e abbiamo chiaro in mente come farlo, è importante valutare i costi e i benefici (a breve e a lungo termine) di questa nostra manifestazione. Quindi, chiediamoci ancora:Che cosa guadagnerò comportandomi in questo modo? Che cosa potrò perdere? Esistono dei mezzi migliori per ottenere ciò che desidero? Spesso dopo esserci posti tutte queste domande la rabbia sarà svanita da sola e noi avremo trovato altre soluzioni per far valere le nostre ragioni, altre volte invece rimarremo convinti della giustezza dei nostri sentimenti e riusciremo ad esprimere la nostra rabbia nella maniera più adeguata ed efficace.
In America sono moltissimi i manuali e i corsi per imparare a domare l’Hulk che si agita in ognuno di noi. Robert Puff è uno psicologo che lavora da diversi anni sulla “gestione della collera”, la cui paradossale filosofia è “Incavolatevi con gentilezza!”.
Di seguito alcune delle tecniche di controllo della rabbia che egli utilizza: Esercizi isometrici per scaricare la rabbia:il fine di questi esercizi è far sviluppare tensione ai muscoli senza però generare movimento. Quando ci troviamo di fronte a qualcuno che ci sta facendo arrabbiare possiamo pressare il piede contro il pavimento o contrarre la muscolatura della coscia. Ottima anche, sempre secondo Puff, la tecnica dell’ hand-squeezing:mano dietro la schiena, e poi, lentamente, distendete e chiudete a pugno le dita.
– Scrivere:anziché urlare la nostra rabbia scriviamo una lettera dove ci sfoghiamo. Alla fine della lettera la rabbia sarà svanita da sola e magari potremmo anche aver trovato la migliore soluzione per far valere le nostre ragioni. Poi decidete voi se stracciare lo sfogo o spedirlo!
– Sfogarsi allo specchio:quando avete voglia di sfogarvi con qualcuno con cui avete avuto da ridire andate allo specchio ed esprimete anche con parole pesanti ciò che pensate. Parlate con tutta sincerità e fatelo anche nei giorni seguenti, ogni volta che vi sentite assalire dalla rabbia.
– Qualcuno per litigare:quando sentite la rabbia che sale e vorreste qualcuno con cui litigare andate in una stanza dove nessuno può sentirvi e vedervi e fate fisicamente tutto quello che desiderate: prendete a pugni un cuscino, sbattete le mani sul materasso come se voleste far uscire la polvere, saltate, insomma sfogate fisicamente la vostra rabbia nel modo che sentite più opportuno.
– Utilizzate lo sport:per sfogare la rabbia è utile anche fare sport, non uno in particolare, quello che si preferisce, l’importante è che ci permetta di distrarci e di scaricare la tensione.
– Energia e soddisfazione:se la rabbia è uno stato costante è efficace fare qualcosa che dia soddisfazione e che piaccia:incontrare amici, leggere, dipingere, scrivere, ascoltare musica. E’ fondamentale che l’attività scelta procuri benessere così da contrastare lo stato di malessere legato alla rabbia.
Cosa fare invece quando la rabbia da gestire non è la nostra, ma quella di chi ci sta di fronte? Alcuni dei metodi che possono essere utilizzati per disinnescare la rabbia dell’altro sono:
– Chiarire subito il problema:spesso è istintivo reagire ad un atteggiamento rabbioso con il contrattacco, ma è poco probabile che ciò abbia una qualche utilità. Se riusciamo a mantenere la calma e capire quali possono essere state le cause della rabbia dell’altro.
– Calmare l’altro:si può ridurre la rabbia dell’altra persona insistendo sul fatto che essa ci impedisce di vedere il problema e di aiutarlo a risolverlo:mantenendo la calma aiuteremo chi ci sta di fronte a riconoscere l’inopportunità dei suoi scoppi di rabbia.
– Distrarre l’attenzione:molte persone al culmine di un accesso d’ira si possono calmare se spostano l’attenzione altrove. Ad es. si può cambiare argomento, usare con giudizio l’umorismo, ecc.
– Allontanarsi:nel caso in cui ci rendessimo conto di non riuscire ad arginare la rabbia dell’altro e di avere motivo di temere per la nostra incolumità, non esitiamo ad allontanarci. A volte è sufficiente allontanarsi di poco (ad es, spostarsi in un’altra stanza), ma se ciò non bastasse mettiamo la massima distanza possibile tra noi e la persona arrabbiata (usciamo di casa, allontaniamoci con la nostra auto se la lite è con un altro automobilista). Il più delle volte, il tentativo costante di ‘reprimere’ queste sensazioni porta a malattie psicosomatiche; altre volte, l’incapacità di auto-controllarsi porta ad esiti drammatici. E’ fondamentale, quindi, per ognuno di noi, riconoscere i segnali della propria rabbia e di quella altrui, interrogarsi sulle sue vere origini e impegnarsi consapevolmente ad utilizzare delle tecniche che ci consentano di gestirla nella maniera più adeguata.
La noia è uno stato d’animo che prova un individuo che tendenzialmente vorrebbe essere attivo, ma che è posto in una condizione di “stallo emotivo”.
Non bisogna non confondere,quindi, il senso di noia con la depressione, che è ben altro.
In altri termini, uno si annoia perché non può fare qualcosa di stimolante, mentre il depresso è immobilizzato dalla convinzione che non ci sia nulla di interessante da fare a questo mondo.
Anche molti animali si possono annoiare e spesso reagiscono alla noia, ovvero alla mancanza di stimoli, dormendo. Più un animale è dotato di intelligenza e curiosità e più è facile che provi il senso di noia, come noi esseri umani.
La noia è una sensazione di vuoto momentaneo, provocato dal fatto che la nostra mente è alla continua ricerca di stimoli. Più siamo allenati a tenere attiva la nostra mente, più la riempiamo di informazioni e desideri, più siamo propensi all’azione, alla progettazione del nostro presente e futuro, più siamo ricchi di idee, interessi, voglia di emergere o realizzarci e voglia di vivere in tutti i sensi, maggiori saranno le probabilità che una inedia momentanea ci faccia precipitare nel senso di noia, d’impotenza, di tempo perso, di vuoto.
Sono solo gli ignoranti e i pigri che non si annoiano mai, si potrebbe forse concludere.
Mentre non si annoiano di sicuro le persone che catturano gli infiniti stimoli che la vita e i nostri sensi ci possono procurare.
L’uomo è da sempre vittima potenziale della noia, sin dai tempi delle caverne.
I lunghi tempi di inedia diventavano insopportabili all’uomo dedito all’azione e ricco di curiosità.
Così, in una piovosa giornata d’autunno, anche in una caverna della preistoria ci si poteva annoiare a tal punto da iniziare a fare dei segni sulle pareti, per rievocare nostalgicamente l’ultima caccia, scaricare l’inedia obbligata, sublimandola in graffiti che divennero le prime espressioni dell’arte.
La noia è un sentimento importantissimo per l’umanità. E’ per battere la noia che l’uomo ha iniziato a fantasticare con la mente, ad uscire dal proprio guscio di puro istinto.
Così, stimolato proprio dallo sgradevole senso di noia, s’è spinto verso i pensieri astratti, rievocando mentalmente le proprie esperienze, analizzando il mondo che lo circondava, costruendo utensili o monili, pitturandosi il corpo, progettando nuove armi, seguendo quei magnifici processi d’analisi e di sintesi, che lo contraddistinguono dagli animali inferiori.
La noia è anche molto legata alla sensazione dello scorrere del tempo.
Pensate, tanto per fare un banale esempio, quanto è lunga per noi l’attesa di un paio di minuti davanti ad un semaforo rosso, rispetto alla durata di un film avvincente. La noia ferma il tempo soggettivo e questa condizione, (se non siamo stati addestrati a sviluppare la capacità della pura contemplazione, cioè della vita spirituale), provoca, al nostro corpo ed alla nostra mente, un profondo disagio e insofferenza.
A volte vincere la noia dipende esclusivamente da noi, basta inventarsi una cosa qualsiasi per saltarne fuori.
Altre volte, invece, la dobbiamo subire in modo passivo e non abbiamo alcun elemento per combatterla.
Pensiamo alla noia di una reclusione in carcere:da soli, in una cella di due metri per due, senza nessuno con cui parlare, senza libri, senza una finestra. Solo noi e quattro pareti bianche. Come vincere la noia in queste condizioni estreme? Bisogna ricorrere al pensiero spirituale, essere capaci di ragionare a lungo, rievocando fatti e sensazioni lontane. Non è facile e raramente può durare a lungo, per cui nel giro di breve tempo, non potendo trasformare in azione nessuno dei nostri pensieri, saremmo nuovamente in preda alla noia.
Si possono annoiare i giovani, per carenza di idee e di stimoli e si possono annoiare gli anziani, ai quali tutto può sembrare un film già visto. In realtà la vita offre a qualsiasi età un numero enorme di stimoli e di occasioni d’interesse. Sta solo a noi saperli cogliere per superare brillantemente i brevi o lunghi periodi in cui siamo costretti a lasciar scorrere il tempo inutilmente.
Anche i momenti più stupidi di noia li possiamo combattere con piccoli accorgimenti. Siamo in una lunga fila all’ufficio postale? Bene, proviamo a trasformare una tediosa attesa spingendo la nostra osservazione sulle varie persone che ci circondano. Esaminiamole e cerchiamo d’immaginare la loro vita, il mestiere che fanno, quali problemi potrebbero avere, e via dicendo. Osserviamo come si vestono e come si muovono. Scoviamone eventuali lati comici. Se ci sono degli stranieri cerchiamo di capire da quale parte del mondo possono provenire, ecc. ecc. Così come in una cella possiamo cercare di costruirci un nostro romanzo, magari raccontando ad alta voce la trama man mano che la inventiamo, così da tenerci compagnia almeno con la nostra voce e fissare meglio il ricordo dei vari eventi che ci siamo costruiti.
Ognuno di noi può inventarsi un modo per combattere la noia e già la ricerca di un espediente è un buon passatempo! Ci sono infiniti hobby che possono stimolare il nostro interesse e distrarci dalla noia. Ci sono gli sport, sia come spettatori che come soggetti attivi. Ci sono le passeggiate
Camminare fa bene alla salute e distrae la mente, costretta a valutare un sacco di cose mentre ci si sposta. Ciò che sicuramente non combatte la noia sono solamente l’alcool e le droghe. Quegli espedienti ci fanno semplicemente fuggire (a caro prezzo!) dalla realtà, che invece, con un briciolo d’attenzione, può essere interessante, qualsiasi sia l’ambiente e la situazione in cui ci troviamo.
IL RAPPORTO CON I GENITORI
L’adolescente ha bisogno del sostegno della sua famiglia per poter superare in modo adeguato questo periodo critico, ma allo stesso tempo, il rapporto con i genitori è difficile perché può essere vissuto come poco soddisfacente, conflittuale, privo di comprensioni. I genitori, da parte loro, possono essere incerti su quale sia il modo migliore per stare vicino al figlio, perché possono sentirsi inadeguati e rifiutati o essere vittime di paure irrazionali di fronte alle richieste di autonomia dei loro ragazzi.
La relazione che si sviluppa tra genitori e figli è influenzata dalla società e dai valori che essa propone:non esiste un modo di rapportarsi agli adolescenti considerato universalmente giusto, ma dipende dal periodo storico che si sta vivendo. Ad esempio, i cambiamenti avvenuti nella società, quali l’ingresso nel mondo del lavoro delle donne, l’innalzamento dell’età della scuola dell’obbligo, l’aumento della percentuale dei giovani che conseguono una laurea, la possibilità di dedicare tempo ai propri hobby, hanno fornito ai ragazzi maggiori possibilità di socializzazione al di fuori del contesto familiare, mettendo in secondo piano la funzione genitoriale in tale ambito.
Attualmente, l’adolescenza non può essere considerato come il periodo caratterizzato dalle prime richieste di autonomia, perché esse sono già presenti fin dall’infanzia. I bambini, sin dall’asilo nido, attraverso le attività extradomestiche, si ritagliano degli spazi tutti loro. In adolescenza la necessità di essere autonomi si fa più impellente rispetto all’età precedente, in concomitanza alla costruzione della propria identità e al bisogno di differenziazione dalle figure parentali. Essere genitori di un figlio adolescente implica accettarne il bisogno di separazione pur rimanendo disposti a fornire sostegno psicologico, in quanto l’allontanamento non deve portare alla rottura dei rapporti con la famiglia d’origine, ma deve essere vissuto come necessario momento di crescita.
Con la crescita del ragazzo il rapporto genitori-figlio acquisisce delle caratteristiche sempre più paritarie. Ciò è reso possibile dall’acquisizione da parte del figlio della capacità di ragionare in termini astratti e riflessivi, nonché dall’aumentata esperienza della vita. I genitori devono avere la capacità di essere flessibili e di cambiare le modalità comunicative fin’ora adottate:se gli adulti pretendono di mantenere il rapporto maturato con il figlio in epoca infantile si rischia di essere esasperati dalle continue richieste e provocazioni da parte del ragazzo, con un conseguente rischio di rottura dei rapporti.
i maschi e le femmine hanno un modo differente di relazionarsi con il padre o la madre:
Comunicazioni conflittuali
Le comunicazioni conflittuali con entrambi i genitori sono piuttosto frequenti e sono una delle conseguenze del tentativo del figlio di allontanarsi da loro. Studiosi interessati alla psicologia sociale hanno messo in luce come gli stili relazionali dei genitori si basino principalmente su due dimensioni:l’accettazione ed il controllo. L’accettazione consiste nell’apprezzare il figlio per quello che è, valorizzandone le qualità senza pretendere che assomigli ai genitori. Il controllo consiste nel guidare il ragazzo, sostenerlo e stimolarlo, dargli consigli.
A seconda di quanto è presente ognuna delle due dimensioni all’interno della relazione, originerà differenti stili educativi:
I figli, a loro volta, considerano i genitori distanti e privi di interessi nei loro confronti, si sentono privi di sostegno nei momenti difficili.
Il ruolo dei genitori nella gestione delle crisi
Il compito della figura genitoriale è anche quello di insegnare ai figli a gestire la “crisi”, muovendo dall’assunto che ogni crisi promuove essa stessa la messa in atto di quei meccanismi di esplorazione interiore del sé e dell’ambiente tutt’intorno, che consentono di vincere la frustrazione.
Il disagio che una determinata situazione crea durante la primissima infanzia (l’allontanamento temporaneo di un genitore, il mancato soddisfacimento immediato di un desiderio) permette il rafforzamento dell’io, attraverso la ricerca in se stessi e nell’ambiente esterno di una fonte di appagamento, la scoperta delle proprie capacità e limiti.
Negli anni adolescenziali è “fisiologico” lo scontro con la figura adulta, sia esso il genitore che l’insegnante.
Vengono a cadere tutte gli ideali che il figlio si era fatto sul genitore, che a sua volta non è visto più come l’essere perfetto che era fino a poco tempo prima.
In questa fase, l’adolescente può non condivide nulla di ciò che il genitore gli suggerisce, contrastandolo in tutto e per tutto, è avverso a regole di ogni tipo; eppure è in tale avversità che dimora, paradossalmente, la ricerca della stessa regola, di una legge.
si sogna di vivere liberi
Nell’età che va dai 14 ai 18 anni si sogna di vivere liberi da qualsiasi imposizione, e fa male la consapevolezza di dover comunque sottostare alla figura adulta per ovvie ragioni, ma inconsciamente, nella parte più profonda di sé, l’adolescente sa di aver bisogno delle regole, di un freno da parte dell’adulto e lo pretende.
In realtà, è più che altro il bisogno di rifugiarsi da qualcuno nei momenti di difficoltà, è il bisogno di protezione, che il ragazzo avverte nei genitori solo quando questi si mostrano poco permissivi, perché è cosi che egli percepisce l’attenzione rivolta nei suoi confronti e che non è solo al mondo, con le sue paure dettate dal corpo che cambia, dalla continua ricerca di se stesso, dal raggiungimento dei suoi sogni.
Ecco perché un “no” possiede una forte valenza educativa e può aiutare a crescere. Con questo non si vuole incoraggiare nessun autoritarismo:non perdiamo mai di vista il concetto che le battaglie con i nostri figli in genere non si vincono con l’autorevolezza, bensì ragionando con loro, attraverso il confronto e lo scambio delle diverse opinioni, per far si che il proprio figlio comprenda il punto di vista di chi gli vuole bene e, per esperienza, vuole mettere dei paletti nella libertà dei più inesperti, anche attraverso un “no”.
IL RAPPORTO CON I COETANEI
Le interazioni con i coetanei hanno grande valore già dall’infanzia, ma durante il processo di crescita diventano fondamentali. In piena adolescenza diminuisce il numero di veri amici, si privilegiano i rapporti con pochi coetanei, si dà importanza crescente agli aspetti psicologici dell’amicizia, in particolare all’autenticità, all’intimità, all’accettazione reciproca e alla condivisione di gusti, valori e aspirazioni. Il sesso dell’adolescente differenzia il modo di vivere i rapporti amicali.
Per i maschi è importante fare delle attività insieme agli amici, mentre per le femmine è importante scambiarsi confidenze. Le ragazze considerano basilare sentirsi comprese dalle amiche e le loro relazioni sono contraddistinte da maggiore intimità, i ragazzi sono più riservati.
Comunemente gli adolescenti si aggregano in “gruppi”, costituiti da un nucleo di coetanei impegnati in una relazione intensa e continuativa, fondata sulla condivisione di esperienze e interessi considerati importanti per il singolo e per il gruppo. Ogni gruppo definisce i ruoli e le regole interne, chi tiene a esserne membro non può sottrarsi alle norme che lo caratterizzano. Le regole possono riguardare il gergo da utilizzare, il modo di vestire, modalità di condotta che differenziano chi è dentro da chi è escluso. Il contenuto delle regole, gli obiettivi quotidiani e la struttura gerarchica sono influenzati dall’ambiente sociale di appartenenza dei membri.
Le regole del gruppo non sono fissate una volta per tutte, ma possono variare con il subentrare di nuovi membri. Non tutte le norme sociali sono rispettate, i comportamenti considerati appropriati sono definiti in base al contesto e ai valori di riferimento dei membri:ad esempio, per alcuni gruppi, la regola è il mancato rispetto di alcune norme sociali e una condotta socialmente trasgressiva è considerata normale, un membro che non assuma tale comportamento non viene accettato nel gruppo ed è visto malevolmente.
I gruppi si distinguono in informali o formali, a seconda di alcune caratteristiche che li differenziano:
i gruppi informali
sono in genere composti da un numero ristretto di persone, in genere non più di venti, si formano in modo spontaneo, la coesione tra i membri è data dall’intensità della comunicazione e della relazione. Nei gruppi informali si condivide il tempo libero senza perseguire delle specifiche attività. La costituzione di gruppi informali riguarda adolescenti appartenenti a tutte le classi sociali ma all’interno del gruppo c’è omogeneità per provenienza, condizione scolastica o lavorativa, look, linguaggio, stile di comportamento. Ogni adolescente cerca un gruppo, o si aggrega a coetanei, che rispondano alle sue esigenze, al suo modo di essere. Le relazioni tra i membri sono per lo più guidate da caratteristiche di personalità che da ruoli. Essi sono frequentati sia da maschi che da femmine, con una maggiore visibilità dei primi per il semplice fatto che le ragazze, in genere, hanno maggiori restrizioni per le loro uscite
i gruppi formali
sono caratterizzati dal perseguire obiettivi specifici ed al loro interno ci sono dei membri adulti con funzione di controllo e di garanti. Nei gruppi formali ci si riferisce a specifici valori e ci si impegna a svolgere delle precise attività, che a seconda della finalità del gruppo possono essere sportive, religiose, politiche, culturali. Un adolescente può far parte di più gruppi formali ed essere membro di un gruppo informale allo stesso tempo. La partecipazione ai gruppi formali è più elevata in giovane età e tende a calare in corrispondenza dei primi anni della scuola superiore. Crescendo, cade infatti l’interesse del giovane per le esperienze
L’obiettivo che si prefiggono le agenzie educative è di favorire la formazione di un giovane, che da adulto troverà in se’ la forza per non essere sconfitto dalla vita, per non fondare la ragione del proprio vivere sull’avere ma sull’essere se stesso, per non cercare fuori di sé, nella droga e nel rifiuto della vita, la risoluzione dei propri problemi.
Il compito assegnato alla scuola è formare i giovani per la vita adulta. Questo avviene sia insegnando loro competenze tecniche e scientifiche, sia preparandoli alla vita sociale. Vivere nella società moderna richiede conoscenze complesse che solo in parte possono essere trasmesse dalla famiglia. Il fermarsi alla scuola dell’obbligo implica disporre di competenze appena sufficienti per esercitare i propri diritti civili e svolgere un lavoro subordinato, ad eccezione di quei giovani dotati di particolari potenzialità che trovano un ambiente adeguato per svilupparle.
Gli adolescenti che frequentano la scuola la vivono come un percorso naturale per la loro formazione, ne comprendono l’influenza che avrà sul loro futuro e la giudicano un’esperienza difficile da affrontare. Nonostante i giovani siano consapevoli dell’importanza della scuola, possono esserne spaventati dalle difficoltà e vivere in maniera negativa la condizione di studente. Le ricerche relative all’insuccesso scolastico hanno dimostrato che sono prevalentemente i maschi ad esserne vittime, i quali discutono meno volentieri e più superficialmente dei loro problemi scolastici.
Inoltre per il mondo degli adulti, avere buoni risultati scolastici significa essere intelligenti, andare male a scuola vuol dire non esserlo. Questa stretta corrispondenza è vissuta con disagio dagli studenti, spesso vittime di ansia, paure e tensioni nei confronti delle prestazioni scolastiche. Al successo scolastico è legata l’autostima (si pensa che chi va bene sia intelligente e avrà una buona carriera), ma sono molti i giovani che, non conseguendo buoni risultati, scelgono vie alternative per avere una positiva visione di sé, ad esempio in una disciplina sportiva, nella musica, o ricercando la popolarità tra i coetanei. Quei giovani che non vanno bene a scuola, ma non riescono a trovare vie alternative di realizzazione, rischiano l’apatia o la depressione.
Molti psicologi hanno parlato di sindrome da disagio scolastico, definibile come malessere psicologico causato da un’esperienza scolastica insoddisfacente da vari punti di vista. Tale sindrome non è alimentata soltanto da eventuali carenze intellettive o dallo scarso sostegno della famiglia, ma grande influenza è data dal clima psicologico della classe o dell’istituzione. Per clima psicologico si intende la qualità dei rapporti che l’alunno ha con i compagni e con gli insegnanti, e il modo in cui percepisce il regolamento scolastico.
Gli insegnanti hanno un ruolo rilevante nella formazione dei giovani, perché sono delle figure adulte non legate agli allievi da rapporti affettivi, e per questo possono offrire un modello sociale meno invischiante di quanto non lo siano i genitori. Un buon insegnante, oltre a essere preparato professionalmente, dovrebbe possedere capacità relazionali che gli permettano di essere in sintonia con gli allievi e far funzionare bene la classe. Infatti, se l’insegnante si concentra sul singolo, rischia di perdere il controllo del gruppo, cosa che aumenta la confusione, mentre saper interagire con l’intera classe comporta maggiori livelli di motivazione e partecipazione da parte di tutti gli studenti.
Scuola prima istituzione sociale
L’esperienza scolastica è la prima esperienza che l’individuo fa con un’istituzione sociale. Gli studenti sperimentano quotidianamente rapporti simmetrici (con i loro compagni) e rapporti asimmetrici (con insegnanti, personale amministrativo e preside), non solo dipendenti da fattori di personalità, ma regolati da norme di comportamento stabilite dal regolamento scolastico. Gli adolescenti giudicano autorevoli quegli insegnanti ben preparati e con buone doti relazionali, ma sanno comunque che chiunque rivesta la figura dell’insegnante deve essere rispettato per il ruolo che ricopre.
All’interno dell’istituzione scolastica si mettono in atto le prime trasgressioni (fumare nei bagni, non fare i compiti, marinare la scuola) e se ne pagano le sanzioni (note sul registro, brutti voti, sospensioni). Gli studenti possono inoltre accettare le regole scolastiche, metterle in discussione o non accettarle.
Identità di studente
Attualmente essere adolescente implica avere l’identità di studente. La scuola dovrebbe impegnare l’adolescente almeno fino al raggiungimento della maggiore età, ma questo non si verifica per tutti. Vi sono ancora ragazzi che interrompono anticipatamente gli studi per vari motivi, come difficoltà familiari, processi di socializzazione distorti, disagio sociale, handicap fisici o mentali o storie di immigrazione.
Questi giovani devono fondare la loro autostima su obbiettivi extrascolastici e, in alcuni casi, la ricerca dell’autostima può portare l’adolescente a sfidare le regole sociali, acquisendo comportamenti devianti, o, all’estremo opposto, diventando demotivati e apatici.
Gli psicologi interessati al sociale si domandano se un individuo in età adolescenziale, che non frequenti la scuola, viva l’adolescenza al pari dei coetanei, o si debba parlare di “adolescenza mancata”.
Per gli adolescenti che non vanno a scuola, è probabile che il compito di ridefinire sé stessi risulti più complicato di chi è studente. Questo è dovuto al fatto che la scuola fornisce maggiori competenze per rapportarsi con le istituzioni ed al fatto che, i ragazzi che non usufruiscono della formazione della scuola, hanno un minore senso critico e per loro aumenta la probabilità di essere vittime del consumismo e di messaggi televisivi negativi.
SICUREZZA STRADALE
Uscire, spostarsi, viaggiare:da sempre l’uomo è attratto dal movimento in tutte le sue forme e manifestazioni, da quelle legate al lavoro sino a quelle legate al tempo libero, alle relazioni, allo stare con gli altri. Da sempre l’uomo ricerca mezzi che lo aiutino a spostarsi più velocemente e in condizioni di sicurezza.
Ciascuno di noi dedica molto tempo agli spostamenti:da casa a scuola, al lavoro, al ritrovo con gli amici, in discoteca e così via. E’ anche bello viaggiare senza meta, a piedi, in bicicletta, in motorino o in auto, per il solo piacere di uscire, guardarsi intorno, aprirsi a nuove esperienze… Spostarsi come? A piedi, in bici, in motorino o in auto:ci sono regole da rispettare per salvaguardare sicurezza e incolumità per sé e gli altri. Lo sapevi che gli incidenti stradali provocano in Italia ogni anno più di seimila morti? E sapevi anche che gli incidenti stradali sono la prima causa di morte per i giovani al di sotto dei 26 anni? Vieni a leggere le cause più frequenti di incidente. Sulle strade italiane ogni anno si combatte una vera e propria guerra con un bilancio di vittime impressionante.
Incidenti:215.405 (590 al giorno); morti:4.237 (12/g.); feriti 307.258 (842/g.)
Ogni giorno in Italia si verificano 590 incidenti stradali che provocano la morte di 12 persone e il ferimento di altre 842. Nel 2009 sono stati rilevati 215.405 sinistri che hanno causato il decesso di 4.237 persone e il ferimento di altre 307.258. Rispetto al 2008 si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti (-1,6%), dei feriti (-1,1%) e un calo consistente del numero dei morti (-10,3%).
Nel periodo 2001/2009 si è registrato un miglioramento della sicurezza stradale. Gli incidenti sono scesi da 263.100 a 215.405 (-18,1%); i morti da 7.096 a 4.237 (-40.3%); i feriti da 373.286 a 307.258 (-17,7%). Diminuito anche l’indice di mortalità (numero di morti ogni 100 incidenti):2,0 nel 2009 rispetto al 2,7 del 2001.
Rispetto all’obiettivo europeo 2010 (la riduzione della mortalità stradale del 50%), l’Italia sale al decimo posto nella lista dei paesi più virtuosi dell’UE a 27, con una riduzione del 40,3%. Meglio di noi, tra gli altri, Spagna (-52,8%), Portogallo (- 49,7%), Francia (- 47,6%), Irlanda (-41,7%) e Germania (- 40,5%), peggio di noi, invece, Svezia (- 39,1%), Belgio (- 35,7%), Olanda (-35,1%), Austria (- 33,9%) e Regno Unito (-26,1%). La media dell’Unione è pari al – 35,1%. La Lettonia è il paese che ha fatto registrare la riduzione maggiore (- 54,2%) ed è l’unico, insieme alla Spagna, ad aver già centrato l’obiettivo 2010.
Tra i conducenti deceduti in incidente stradale (2.934), i più colpiti sono i giovani tra 20 e 24 anni, con 316 morti e 26.941 feriti. Per quanto riguarda i passeggeri sia morti che feriti, la frequenza più elevata è quella relativa alla fascia di età 15-24 anni, nella quale si registrano 183 morti e 19.505 feriti.
Cause piú frequenti d’incidente stradale
Dopo la discoteca:
L’aumento della soglia uditiva, cioè la pressione acustica minima che è necessaria per stimolare i neuroni del nervo acustico, raggiunge il suo valore massimo entro 2 minuti dall’esposizione al rumore. Ma per tornare alla normalità occorrono 3-4 ore.
L’orecchio umano percepisce suoni tra 0 e 130 decibel, ma già dopo i 65 decibel, se l’esposizione è prolungata, insorgono malessere, stress e danni uditivi.
Stato di ebbrezza: La legge fissa un limite generale per la concentrazione di alcool nel sangue al di sopra del quale la guida è considerata in stato di ebbrezza:0,5 grammi per litro di sangue.
Guidare in stato di ebbrezza è reato (art. 186 del Codice della strada) punibile con arresto fino a un mese, ammenda e sospensione della patente. Al momento della contestazione, viene immediatamente ritirata la patente che viene sospesa. Il conducente non potrà più guidare sino al termine della sospensione.
Il veicolo va affidato a persona idonea o fatto trainare sino a deposito/rimessa.
La norma viene applicata per chi guida veicoli, indipendentemente dalla loro tipologia (velocipedi, ciclomotori, motoveicoli, ecc.) Anche il rifiuto di sottoporsi all’accertamento con etilometro è reato, per il quale si applicano le stesse sanzioni penali previste per la guida in stato di ebbrezza, che può essere comunque contestata se si manifestano i sintomi tipici.
Per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicofarmaci le sanzioni sono le medesime dello stato di ebbrezza. Gli effetti dell’alcool cessano dopo circa 1/2 ora se si raggiunge il livello massimo di alcolemia; se viene invece assunta durante i pasti, l’alcolemia raggiunge il massimo dopo circa 3/4 d’ora – 1 ora e si mantiene a livello inferiore di circa 1/3 rispetto all’assunzione a digiuno.
Contrariamente a quanto si pensa né il freddo, né lo sforzo fisico, né il caffè accelerano l’eliminazione dell’alcool
.
Sostanze stupefacenti: L’uso di droghe provoca effetti particolarmente nocivi:
• mancanza di coordinazione motoria,
• alterazione dei riflessi,
• sopravvalutazione delle proprie capacità,
• ridotta percezione del pericolo.
Sonno: Sonno e stanchezza sono due nemici tra i più subdoli per chi guida:si stima siano la causa, tra il 15 e il 40 per cento, degli incidenti più gravi, soprattutto quando sono associati ad alcool, medicinali e pasti abbondanti.
Uno sbadiglio … e in soli 2 secondi di sonnolenza a 130 km/h si percorrono circa 72 metri senza alcun controllo!
Le statistiche sugli incidenti stradali indicano che fra le 4 e le 6 del mattino la possibilità che un conducente si appisoli è 10 volte superiore rispetto al resto del giorno.
E se poco caffè migliora le prestazioni, troppa caffeina fa perdere il controllo:il battito cardiaco si fa irregolare, le mani sono meno salde.
Il conducente che accusa segni di stanchezza deve:
• raggiungere la più vicina piazzuola di sosta e riposare;
• ridurre la velocità e tenere rigorosamente la destra per raggiungere la prima piazzuola di sosta;
• fermarsi nella corsia per la sosta di emergenza.
Inoltre non si dovrebbe guidare per più di due ore consecutive, facendo seguire ogni periodo di guida da almeno 10 minuti di pausa e riposo. Ogni tre periodi di guida sarebbe opportuno fare una pausa più lunga:mezz’ora di riposo assoluto a occhi chiusi.
È sempre consigliabile viaggiare con un’altra persona che possa “sorvegliare” il conducente, stimolarne l’attenzione o addirittura sostituirlo nella guida.
Anche guidare in ore notturne, comprese tra mezzanotte e le 7 del mattino, può essere pericoloso:i ritmi naturali dell’uomo non sono compatibili con lo svolgimento, in quell’arco di tempo, di compiti che richiedono attenzione, come la guida.
Sono fattori di rischio anche:
• la monotonia e l’eccessiva regolarità del viaggio,
• la temperatura troppo alta nell’abitacolo,
• l’eccessivo volume dello stereo che, alla lunga, produce affaticamento sensoriale,
• la guida sotto il sole abbagliante che induce alla chiusura delle palpebre,
• la guida nella nebbia.
È importante sapersi rendere conto in tempo del proprio stato di stanchezza. Se si ha difficoltà nel tenere aperti gli occhi o nella messa a fuoco, nel tenere sollevata la testa o se si mantiene un’andatura ondeggiante tra le corsie, bisogna fermarsi e riposare. Ma anche se non si riesce a mantenere una velocità costante e adeguata alle circostanze, o non si riesce a ricordare che cosa è successo nei due minuti precedenti (il contenuto del cartello appena oltrepassato, il tipo di veicolo incrociato poco il prima), consiglio è di interrompere la guida.
Infine, è importante sapere che è inutile affidarsi a un gran numero di caffè:ha effetti solo temporanei, di breve durata, come se ci si bagnasse il viso con acqua fredda.
Anziché alzare il volume dello stereo è meglio sintonizzare la radio su una stazione con programmi interessanti, o che alterni musica, dialoghi e notiziari.
Fumare, infine, oltre ad avere un effetto di breve durata, ha come contropartita la diminuzione dell’apporto di ossigeno al cervello.
Uso del cellulare: aumenta di circa quattro volte il rischio di incorrere in un incidente stradale, influenzando il comportamento alla guida su tempi di risposta agli stimoli esterni, direzione di marcia, velocità, distanza da altri veicoli. Addirittura, secondo alcuni studi, anche l’utilizzo di telefoni cellulari con auricolare o dispositivi di viva voce può essere rischioso.
L CODICE DELLA STRADA
Le norme del Codice della Strada devono essere rispettate tutte, senza eccezioni. Le statistiche evidenziano che il mancato rispetto di alcune regole è causa del maggior numero di incidenti.
La gravità degli incidenti, è proporzionale alla velocità del veicolo che deve essere:
• 130 km/h per le autostrade;
• 110 km/h per le strade extraurbane principali;
• 90 km/h per le strade extraurbane secondarie e per le strade extraurbane locali;
• 50 km/h nei centri abitati.
Superare questi limiti può esporre al rischio di incidenti se stessi e gli altri.
Fare un sorpasso azzardato può portare a uno scontro frontale con un altro veicolo, una delle collisioni più devastanti che spesso provoca la morte o gravi infermità.
Per affrontare il grave problema degli incidenti, il Governo ha deciso di mettere la sicurezza delle nostre strade tra le priorità della sua azione. Con la conversione in legge del Decreto Bianchi, le norme sulla sicurezza stradale sono rese più restrittive e le pene più severe. Il senso del messaggio è quello del rispetto delle regole, per rispettare se stessi e gli altri:
Chi guida utilizzando un cellulare senza vivavoce, auricolare o cuffie, incorre in una multa fino a 594 euro, con sospensione della patente da 1 a 3 mesi e la perdita di 5 punti dalla patente.
In caso di guida in stato di ebbrezza, viene introdotta una differenziazione di sanzioni in base al livello di alcool rilevato nel sangue. Nei casi più gravi è prevista un’ammenda da 1.500 a 6.000 euro, l’arresto fino a 6 mesi e la sospensione della patente da uno a due anni. (codice della strada art.186)
Per chi guida sotto effetto di stupefacenti o sostanze psicotrope è previsto da 1.000 a 4.000 euro di multa, l’arresto fino a 3 mesi e sospensione della patente fino a un anno. In caso di incidente, raddoppio delle pene e fermo amministrativo per 3 mesi.
Per i primi 3 anni dal conseguimento della patente i neopatentati, possono guidare solo auto con potenza non superiore a 50 kW/tonnellata e non potranno superare il limite di velocità di 100 km/h in autostrada e di 90 km/h sulle strade extraurbane principali:nel caso di infrazione avranno un raddoppio dell’importo delle multe per il superamento dei limiti.
Viene introdotto il divieto di trasportare bambini di età inferiore a cinque anni su motocicli e ciclomotori a due ruote. Chi guida con patente revocata, non rinnovata o senza patente, ed è recidivo nel biennio, rischia fino a un anno di carcere, oltre a un’ammenda da 2.257 euro a 9.032 euro.
FATTORI CLIMATICI
La pioggia è solitamente un evento previsto. E’ opportuno per chi deve affrontare un viaggio ascoltare le previsioni del tempo, in particolare per le zone verso le quali ci si dirige. E’ inoltre consigliato ascoltare le stazioni radio in FM che forniscono informazioni in tempo reale sullo stato del traffico e delle strade.
• Con strada bagnata e pioggia, è opportuno raddoppiare la normale distanza di sicurezza dai veicoli che ci precedono. Diminuire la velocità, moderandola particolarmente in presenza di tratti di strada in cui l’acqua ristagna.
• Attenzione al rischio di aquaplaning che si verifica quando l’acqua, tipicamente di origine piovana, tra le ruote e il manto stradale è in quantità tale da non permettere più la perfetta aderenza di queste due superfici.
• Ricordare che in caso di pioggia il limite di velocità in autostrada si abbassa a 110 Km/h.
• Fare particolare attenzione alle buche sull’asfalto, la forte pioggia tende a riempirle e non ci si rende conto della loro profondità, con rischi notevoli per la guida e possibili e gravi danni alle ruote.
• Porre attenzione alla tipologia di asfalto nel tratto percorso. Fare particolare attenzione quando si interrompe un tratto di asfalto drenante e inizia un tratto ad asfalto normale. L’aderenza della vettura cambia sensibilmente e aumenta il rischio di aquaplaning.
• In caso di forti raffiche di vento tenere saldo il volante con entrambe le mani e attivare marce più basse se le condizioni sono tali da sentire lo spostamento della vettura.
• Tenere i tergicristalli puliti ed efficienti.
• Controllare lo stato e la pressione dei pneumatici con attenzione.
• In caso di appannamento del parabrezza e dei vetri laterali, azionare la ventola dell’aria e l’aria condizionata nell’apposita funzione antiappannamento, come da istruzioni per ogni modello di auto.
• In condizioni particolarmente avverse e in presenza di rischi di allagamento tenere a portata di mano il giubbotto retroriflettente, da indossare velocemente in caso si debba scendere dal veicolo, tenere a portata di mano anche il triangolo di segnalamento.
• Tenere sempre le luci accese e in caso di rallentamento attivare le 4 luci intermittenti.
• Se la visibilità è troppo ridotta fermarsi fuori dalla carreggiata.
L’uso di un casco omologato è obbligatorio per chi guida motocicli e ciclomotori e per la persona trasportata. Da quando esiste questo obbligo, il numero degli incidenti mortali dovuti a traumi cranici si è drasticamente ridotto.
Infatti, quando si guida una motocicletta la testa è la zona più vulnerabile.
Il casco riduce di oltre un terzo il numero dei morti, del 65 per cento i casi di lesioni cerebrali, del 50 per cento il rischio di entrare in terapia intensiva e il tempo totale di ricovero in ospedale.
Documenti necessari per la circolazione dei ciclomotori:
I conducenti di ciclomotori, per circolare, devono essere muniti di:
• un documento di riconoscimento (CARTA DI IDENTITA’),
• l’ASSICURAZIONE obbligatoria
• un certificato di idoneità tecnica (LIBRETTO)
• una TARGA, ovvero un contrassegno di identificazione che permetta di risalire all’intestatario responsabile della circolazione. La targa è collegata al proprietario e non al ciclomotore!
Fare e Non fare:
• non devi fare acrobazie (“penne” o “impennate” che dir si voglia!);
• non devi trasportare passeggeri;
• è necessario concedere le dovute precedenze;
• non devi creare intralcio agli altri veicoli;
• bisogna fermarsi per far passare i pedoni;
• è opportuno mantenere una distanza di sicurezza dai veicoli che ti precedono;
• non si deve “zigzagare” in mezzo al traffico, bisogna rallentare in caso di maltempo, nelle curve e nei tratti pericolosi;
• non si possono fare gare di velocità, né viaggiare affiancati agli amici;
• non bisogna circolare contromano;
• non bisogna mai fare imprudenti e pericolose inversioni ad “U”;
• non devi mai sorpassare un tram fermo, soprattutto mentre scendono i passeggeri;
• non devi sorpassare un tram dalla parte dove stanno scendendo i passeggeri, se non c’è il salvagente.
La velocità:
A tanti giovani conducenti, sia in auto, sia in scooter piace correre. Forse non molti di voi sanno che è la causa numero uno di incidenti stradali mortali nel nostro Paese.
In primo concetto da ricordare è ADATTARE LA VELOCITA’ ALLE CIRCOSTANZE e cioè in relazione allo stato della pavimentazione (buche, bagnato ecc) alle condizioni del tempo, all’intensità della circolazione, al tipo e allo stato dei veicolo guidato.
Un veicolo in movimento si carica di energia cinetica tanto maggiore quanto maggiore è la velocità:ma se, per esempio, la velocità raddoppia, la forza cinetica, cioè la forza d’urto, non si raddoppia:diventa quattro volte più grande!
I limiti di velocità:
I ciclomotori non devono superare i 45 km/h sia in città sia fuori.
Comunque adegua sempre la velocità alle circostanze.
Rallenta in presenza di pedoni.
In curva:
Attenzione in curva!
Ricorda sempre che in curva il veicolo risente dell’azione della forza centrifuga, che tende a spingerlo verso l’esterno.
Non percorrere la curva a velocità elevata altrimenti il rischio è:l’USCITA DI STRADA. Ricorda che la velocità deve essere tanto minore quanto più stretta è la curva.
Pneumatici:
Controlla spesso la pressione dei pneumatici. La spinta all’esterno viene contrastata dall’aderenza delle ruote sul terreno.
Un buon controllo dinamico puoi ottenerlo diminuendo adeguatamente la velocità già prima di imboccare la curva.
Cattivo tempo:
Quando giri con il cattivo tempo stai attento perché una strada bagnata, con pozze d’acqua, o peggio ancora viscida, è un buon motivo per mantenere una velocità minima.
• Inoltre quando piove porta il casco per ripararti dall’acqua,la visiera non ha il tergicristallo quindi, ti consigliamo di tenerla un po’ alzata.
• Tieni le luci accese anche di giorno sia che piova sia con cielo cupo.
• Ricorda che la distanza di sicurezza ti consente di evitare pericolosi incidenti.
• Presta inoltre attenzione agli automobilisti.
• Effettua le fermate o i rallentamenti con frenate dolci e progressive.
• Evita sciocchi virtuosismi, il motorino non è un cavallo!
• Evita virtuosismi di questo genere anche su strada asciutta.
IL CASCO
USA IL CASCO: LA TESTA NON HA RICAMBI!
Allegro e buffo o lucente e super-tecnologico, anonimo o decorato in vario modo, il casco è comunque il miglior amico del motociclista e dei ciclomotoristi minorenni! E’ stato infatti accertato che il suo corretto uso ha salvato tante giovani vite ed è per questa ragione che dal 1986 è entrata in vigore la Legge, meglio conosciuta come “Legge Casco”, che impone l’obbligo di indossarlo ai minori in condotta di ciclomotori e a tutti gli altri motociclisti che viaggiano a bordo di veicoli di maggior cilindrata.
Per chi è obbligatorio:
Per i conducenti alla guida di ciclomotori a 2 ruote e di motocicli;
Per i conducenti di motocicli di qualsiasi cilindrata, anche se muniti di carrozzino laterale, e per gli eventuali passeggeri.
• Se a viaggiare senza casco su di un ciclomotore è un minorenne, il mezzo verrà fermato dalle Forze dell’Ordine per 60 giorni.
• I caschi per essere utili devono essere omologati e in buone condizioni:un casco che è caduto a terra con una certa energia (incidente) non conserva più i requisiti originari di protezione.
• Per contribuire alla visibilità del ciclomotorista è bene che il casco sia molto colorato e munito di applicazioni rifrangenti.
• Se il casco non è bene allacciato non serve a niente:è come non averlo!
IN BICICLETTA
La bici è il mezzo di trasporto più semplice e più utilizzato dai ragazzi.
Tuttavia, essendo un veicolo, deve circolare sulla carreggiatae quindi è soggetta alle stesse norme degli altri veicoli.
Eccoti un elenco di cose che il ciclista deve fare e non fare per viaggiare in tranquillità, rispettando il Codice della strada.
SI’
– Indossa il caschetto:sarai più sicuro!
– Pedala sempre rimanendo sulla destra.
– Quando cambi direzione, segnala con il braccio la manovra di svolta a destra e a sinistra.
– Per svoltare a sinistra, occorre maggiore prudenza, perché devi portarti al centro della carreggiata e dare la precedenza ai veicoli che provengono dall’opposto senso di marcia.
– Procedi in fila indiana se sei con i compagni. Puoi affiancarti a un altro ciclista adulto solo se hai meno di 10 anni.
– Porta la bicicletta a mano per circolare sul marciapiede. Potresti essere un pericolo per i pedoni.
– Transita sulle piste ciclabili, se esistono.
– Reggi il manubrio con entrambe le mani.
– Accendi i fanali mezz’ora dopo il tramonto e in tutti i casi in cui non si vede bene.
– Devi renderti visibile così che gli altri ti vedano, soprattutto di sera e di notte, mantenendo funzionanti oltre alle luci anche i catadiottri che riflettono la luce proiettata dai fari delle automobili.
– Fai attenzione alle auto parcheggiate i cui conducenti talvolta aprono d’improvviso la portiera.
– Dai sempre la precedenza agli altri veicoli se c’è uno di questi segnali:
NO
– Non fare mai manovre brusche.
– Non viaggiare contromano.
– Non passare con il semaforo rosso:anche le biciclette devono rispettare i semafori.
– Non attraversare con il semaforo giallo, se hai già iniziato, accellera per completare l’attraversamento.
– Non passare con la bicicletta sulle strisce pedonali se non conducendola a mano.
– Non farti trainare da un altro veicolo.
– Non trasportare altre persone.
– Non trascinare altre persone con i pattini o skate-board.
– Non affiancarti ad altre biciclette viaggiando in gruppo.
– Non gareggiare in velocità con altre biciclette.
I colori del semaforo:
Rosso: Ci si deve fermare
Giallo: Non attraversare. Se hai già iniziato accelera per completare
Verde: Via libera si può passare
IN AUTO
Se guidi l’auto conosci già i segnali e le norme di comportamento sulla strada.
Vogliamo comunque qui darti alcuni suggerimenti legati alla sicurezza.
Gli utenti deboli
Pedoni e ciclisti corrono sicuramente maggiori rischi degli altri utenti e ciò principalmente perché:
• sono più lenti e dotati di “minore” ripresa per poter schivare eventuali pericoli;
• non sono protetti da alcun elemento resistente (quale ad esempio la carrozzeria del veicolo).
Tra i pedoni, le categorie che corrono i maggiori rischi, sono sicuramente i bambini e gli aziani, meno esperti e più distratti i primi, più lenti nei movimenti i secondi.
• Per tale motivo è dovere civile e morale, oltre che normativo, rispettare tutte le regole tese a ridurre la possiblità di incidenti con tali soggetti.
Occorre pertanto:
• moderare la velocità e prestare particolare attenzione, soprattutto nei centri abitati e nei tratti di strada fiancheggiati da case;
• dare la precedenza (all’occorrenza fermandosi) a pedoni e ciclisti che attraversino la carreggiata sulle apposite strisce. A tal riguardo fare particolare attenzione nelle svolte a sinistra in presenza di semaforo;
• non parcheggiare sui marciapiedi o sulle piste ciclabili per non costringere i pedoni ed i ciclisti ad abbandonare queste aree protette. Ricorda inoltre che parcheggiando la macchina sui marciapiedi impedisci il passaggio dei disabili;
• non lanciare oggetti dal finestrino;
mantieni l’opportuna distanza laterale durante il sorpasso di un ciclista.
La condotta in guida
Le norme di comportamento vengono descritte a partire dall’articolo 140 del Codice della Strada.
Prudenza (art. 140)
Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio alla circolazione ed in modo che sia salvaguardata in ogni caso la sicurezza stradale.
Allaccia le cinture di sicurezza
Ricorda che anche i passeggeri che viaggiano sui sedili posteriori hanno l’obbligo di allacciare le cinture.
Ricorda che i bambini vanno assicurati al sedile con gli appositi seggiolini.
La velocità
Rispetta i limiti e adegua la velocità alle circostanze, per esempio:
– lo stato della pavimentazione (bagnato, ghiacciato, sterrato, buche);
– le caratteristiche della strada (curva, dosso e altri casi di scarsa visibilità);
Ricorda che i limiti di velocità in Italia sono:
• Sulle strade urbane:50 km/h
• Sulle strade extraurbane ci sono due limiti:
gli altri utenti!
Quando fai retromarcia, devi sempre dare la precedenza a chi è in marcia normale.
Fermata e sosta
Non fermarti e non sostare in punti in cui la posizione del tuo veicolo può causare pericolo agli altri limitando la visibilità od ostacolando il traffico.
Osservanza della segnaletica
Rispetta la segnaletica per non correre rischi né farne correre agli altri.
Ricorda:
– Non circolare mai contromano
– Non sostare nei divieti
Segnali di divieto di sosta e di sosta e fermata
Scrive la Dott. Psicologa Marianna Pasquini, che l’innamoramento adolescenziale, è caratterizzato dal desiderio di avvicinarsi all’altro sesso, di scoprirlo, ma anche da molta paura di farlo: “come sarà questo estraneo, cosa penserà, quali saranno le sue reazioni, potrò fidarmi o no…”
Le ragazze e i ragazzi adolescenti avvertono un impellente bisogno di sperimentare nuovi modi di essere e di sentire. E anche la necessità, per crescere, di spostare i bisogni di vicinanza, di appartenenza, di dipendenza su qualcuno che non sia la madre o il padre e di coinvolgersi in un legame amoroso con qualcuno che non sia più il genitore dell’altro sesso, come era accaduto negli anni dell’infanzia.
Tipico dell’adolescenza è l’innamoramento che, a differenza dell’amore, consiste nell’idealizzazione a volte totale della persona ‘amata’ e si accompagna a una scarsa considerazione di se stessi.
L’adolescente tende normalmente ad allontanarsi dalla famiglia. Questo significa che, per lui, l’oggetto d’amore dominante della sua vita non è più quello costituito dai genitori. Si ritrova comunque soprattutto un grande bisogno di colmare il vuoto lasciato dalla presa di distanza dai genitori attraverso un rapporto intenso, totale, quasi di fusione con un’altra persona.
L’innamoramento adolescenziale è sorretto soprattutto da una forma di pensiero primitivo, magico, irrazionale, contraddistinto da modalità di vivere e interpretare la realtà utilizzate negli anni dell’infanzia. Si coglie dell’altro un qualche segnale, una qualche caratteristica che si presta a proiettarci sopra, proprio come una pellicola su uno schermo, tutto un complesso di immagini già pronte dentro di sé ed ecco che l’altro non è più un estraneo, è uno che pensa, sente, vede come se si fosse un’unica persona.
E’ stato trasformato in un essere dotato proprio di quelle caratteristiche ideali che venivano cercate. Una specie di distorsione percettiva, insomma.
Dice una poesia orientale:”Era così grande il mio desiderio di primavera che ho scambiato gli ultimi fiocchi di neve per fiori di prugno…”.
E’ il tempo dei rapimenti e delle voluttà sconosciute e sconvolgenti, degli entusiasmi e degli incanti. E’ il tempo in cui d’amore si può morire.
L’adolescenza è una fase della vita molto particolare in cui l’individuo è bersagliato da una così grande quantità di richieste e di stimoli da parte del mondo esterno che risulta difficile darne una definizione chiara ed univoca.
È possibile tuttavia evidenziare delle tendenze di comportamenti ed atteggiamenti, che presuppongono uno sviluppo personale nuovo rispetto alle fasi precedenti.
Riconosciamo il periodo dell’adolescenza perché esso coincide con la pubertà, ovvero segue il periodo che va dal completamento dello sviluppo sessuale dal punto di vista riproduttivo(comparsa delle mestruazioni per le ragazze, eiaculazione per i ragazzi) e dura fino al completo sviluppo fisico che coincide con l’età adulta vera e propria.
Oggi giorno il momento della pubertà si è molto anticipato. La nuova tendenza si è notata con la progressiva anticipazione della comparsa delle prime mestruazioni, che avveniva generalmente nella seconda metà del secolo scorso in media verso i 17 anni, si è passati agli 11 – 12 anni negli anni ‘60, fino ad un’età compresa tra i 9 e i 12 anni attuali. Mentre al contrario la conquista dell’autonomia economica, che significa l’emancipazione sociale dell’individuo, e la sua maturità sociale, si sta gradatamente spostando in avanti e può arrivare a 25 – 30 anni. Ne deriva che il periodo dell’adolescenza, inteso in senso più ampio e cioè come emancipazione sociale oltre che completamento dello sviluppo fisico, tende oggi ad allungarsi nel tempo.
I giovani che entrano nell’adolescenza vivono nuove esperienze: l’innamoramento e il sesso.
Ma provano anche a manifestare i propri sentimenti e se stessi anche attraverso la fisicità. L’esperienza di diventare grandi passa anche attraverso questi processi con una educazione psico-affettiva e una educazione alla sessualità sicura e rispettosa dell’altro.
Lo sviluppo psicosessuale che caratterizza l’età adolescenziale, porta i giovani a sviluppare un impulso sessuale che si manifesta in modo diverso nei ragazzi e nelle ragazze:
Da queste brevi osservazioni, si può dedurre quanto sia complesso il tema della sessualità degli adolescenti, proprio perché vengono istintivamente immesse valenze lipidiche e riferite al senso di potere e di non potere.
Si deduce così come la fragilità, l’instabilità e la conflittualità, tanto caratteristiche dell’adolescenza, si trasmettano anche nella sfera sessuale e genitale in modo particolare.
I giovani che entrano nell’adolescenza vivono nuove esperienze: l’innamoramento e il sesso. Ma provano anche a manifestare i propri sentimenti e se stessi anche attraverso la fisicità.L’esperienza di diventare grandi passa anche attraverso questi processi con una educazione psico-affettiva, e una educazione alla sessualità sicura e rispettosa dell’altro.
Rispettare l’altro significa non oggettualizzare il corpo della donna, rispettare i sentimenti, non correre rischi come gravidanze indesiderate o trasmissione di malattie veneree come l’Aids.
Per difendersi dalle malattie a trasmissione sessuale basta poco.
Il momento dell’adolescenza va vissuto in pieno, e senza la paura di rischiare e perdersi tanto.
Basta seguire semplici regole e soprattutto ricordarsi che “non stiamo giocando”, ne va della propria vita.
Per una sessualità serena e consapevole è importante conoscere il proprio corpo e quello del partner e sapere come funzionano i sistemi riproduttivi femminile e maschile.
Vulva: è l’insieme degli organi genitali femminili esterni e comprende:il monte di Venere (un cuscinetto di grasso ricoperto di peli dopo la pubertà), le grandi labbra e le piccole labbra; nella parte superiore c’è il clitoride. Tra le labbra sbocca l’uretra, il canale attraverso cui l’urina viene portata all’esterno. Nelle ragazze vergini la vulva è parzialmente chiusa da una membrana detta imene.
Vagina: è il canale che collega la vulva con l’utero. Durante il rapporto sessuale la vagina contiene il pene e riceve lo sperma; di qui, inoltre, passano il sangue mestruale e il feto al momento del parto.
Utero: è un organo muscolare cavo a forma di pera rovesciata, situato nel basso ventre,che accoglie e nutre il feto durante la gravidanza. La parte inferiore che termina nella vagina è detta cervice o collo dell’utero.
Endometrio: la mucosa, sensibile agli ormoni, che riveste internamente l’utero.
Tube: sono due condotti anatomici con un estremità a forma di imbuto che si adatta alle ovaie, ed una estremità che si apre nell’angolo superiore dell’utero. È proprio qui, nelle tube, che l’ovulo incontra lo spermatozoo e viene fecondato. Sono dette anche trombe di Falloppio o Salpingi.
Ovaie: sono due ghiandole che sintetizzano gli ormoni femminili (gli estrogeni ed il progesterone) e che producono le cellule-uovo, le quali ne usciranno soltanto mediante la fase del ciclo mestruale.
Follicoli: sono organuli che contengono le cellule-uovo. Al momento della pubertà nelle ovaie sono presenti circa 400.000 follicoli.
Pene: è l’organo che veicola gli spermatozoi in vagina durante il rapporto sessuale. La sua estremità è detta glande.
Testicoli: sono due ghiandole situate in una sacca cutanea detta scroto. Essi contengono i tubuli seminiferi dove sono prodotti gli spermatozoi, cioè le cellule maschili destinate alla riproduzione, e particolari cellule che producono l’ormone maschile, il testosterone.
Vasi defferenti: sono due condotti attraverso i quali gli spermatozoi raggiungono l’uretra.
Sperma: è un liquido di colore bianco che contiene gli spermatozoi, le cellule maschili della riproduzione.
Uretra: è un condotto che convoglia all’esterno sia l’urina che il liquido seminale senza che i due liquidi si mescolino.
Prostata: è una ghiandola che contribuisce a formare il liquido seminale.
La masturbazione (chiamata anche autoerotismo), è una parte molto importante nello sviluppo dell’adolescenza e nella scoperta della propria sessualità:contribuisce ad identificare le parti sensibili del corpo ed anche a scoprire come il corpo risponde a certi stimoli. La masturbazione, dunque, è un mezzo per prendere confidenza con i cambiamenti del proprio corpo e acquisire familiarità e coscienza di sé, oltre che, ovviamente, un modo per provare puro piacere.
La masturbazione è la stimolazione manuale dei propri genitali, spesso accompagnata da fantasie erotiche, finalizzata a raggiungere l’orgasmo.
È una caratteristica normale dello sviluppo della sessualità umana ed è praticata fin dall’adolescenza e spesso anche nell’infanzia.
Quando si è adolescenti, e non si hanno rapporti sessuali, questa mancanza viene compensata con l’autoerotismo. Con l’instaurarsi di un rapporto di coppia, la masturbazione tende a ridursi o addirittura a scomparire per ripresentarsi in quelle circostanze caratterizzate dall’assenza del partner stesso.
Nel passato, la masturbazione veniva considerata interamente una pratica maschile, ma è un elemento importante pure nell’universo femminile.
Sono caduti i falsi miti e le leggende sul fatto che la masturbazione è espressione di malattia mentale, produce danni al sistema neurovegetativo o ad altre parti del corpo, causa abbassamento della vista o caduta dei capelli, comparsa dell’acne o di un certo grado di gobba. In realtà la masturbazione non provoca alterazioni fisiche né psichiche.
Durante la pubertà, con la comparsa della prima mestruazione (perdita di sangue che avviene una volta al mese e dura circa 4/5 giorni), la donna inizia ad essere feconda.
Il ciclo mestruale dura mediamente 28 giorni ed inizia col primo giorno della mestruazione. Il ciclo è regolare quando fra una mestruazione e l’altra intercorre sempre lo stesso intervallo di tempo.
Il ciclo si divide in due fasi e correlato alla produzione ciclica di ormoni, in cui avviene la maturazione di una cellula uovo e la preparazione di un tessuto adatto al suo impianto:
Durante la prima fase in una delle ovaie,grazie ai messaggi inviati dall’ipofisi (una piccola ghiandola posta sotto il cervello), matura un follicolo (che contiene l’ovulo) e viene prodotta una quantità di estrogeni necessaria a far crescere l’endometrio, cioè la mucosa che riveste le pareti interne dell’’utero. A metà ciclo l’ipofisi rilascia una maggiore quantità di ormoni che provocano la liberazione dell’ovulo che è pronto per essere fecondato:intorno al 14° giorno dall’inizio della mestruazione avviene l’ovulazione;
Durante la seconda fase del ciclo l’ovaio, insieme agli estrogeni, inizia a produrre anche il progesterone che provoca la trasformazione dell’endometrio uterino in un tessuto adatto ad accogliere l’ovulo fecondato.
L’ovulo è fecondabile solo nelle 24 ore successive all’ovulazione:se non viene fecondato degenera.
In assenza di fecondazione, l’endometrio rimasto inutilizzato si distacca e viene espulso con la mestruazione; inizia così un nuovo ciclo.
Durante il rapporto sessuale l’uomo libera milioni di spermatozoi con il liquido (sperma) immesso dal pene nella vagina. Gli spermatozoi risalgono la vagina verso l’utero e da lì nelle tube dove, se è avvenuta l’ovulazione, possono incontrare l’ovulo maturo.
Nella tuba, normalmente, solo uno spermatozoo riuscirà a fecondare l’ovulo, Se esso viene fecondato si dirigerà verso l’utero dove troverà un ambiente adatto per crescere e svilupparsi.
Ha così inizio la gravidanza.
Per sapere se è iniziata la gravidanza si fa il test sulle urine o sul sangue. Il test rileva la presenza di un ormone (HCG) che viene prodotto solo dopo l’annidamento dell’ovulo all’interno dell’utero, quindi bisognerà attendere, per eseguirlo, la mancata mestruazione
La “prima volta” è un evento significativo che crea in tutti qualche apprensione. Mentre i ragazzi hanno, per lo più, paura di non essere all’altezza della situazione, per le ragazze questa esperienza è spesso associata alla paura del dolore e alla consapevolezza o al timore di perdere la verginità. La “prima volta” segna comunque l’inizio della vita sessuale relazionale.
La prima volta è sempre accompagnata da tante sensazioni ed emozioni, da fantasie e aspettative che ognuno porta con sè. Certamente un sentimento ed un coinvolgimento sincero favoriscono un’esperienza più bella e più libera.
La prima esperienza è carica di significati emotivi per tutte le ragazze:la rottura dell’imene diviene il segnale di un cambiamento che è il risultato di una scelta maturata dentro di noi.
Molti ragazzi e ragazze chiedono quale sia l’età giusta per avere il primo rapporto sessuale. Possiamo rispondere che non esiste un’età giusta per vivere la prima esperienza sessuale. Ognuno di noi deve seguire il proprio percorso interiore di maturazione e decidere di avere il primo rapporto quando sente di volerlo e di desiderarlo.
La scoperta del piacere e del desiderio può indurci a sperimentare i giochi amorosi, il contatto dei corpi, l’abbraccio e i baci, le carezze, fino a giungere all’unione degli organi genitali. Una forte attrazione può rendere possibile l’atto sessuale per il quale fino a quel momento non ci eravamo sentiti pronti.
Possiamo anche decidere di non avere rapporti sessuali completi perché non ci sentiamo pronti, mentre abbiamo voglia di continuare l’esplorazione della sessualità per conoscere meglio le sensazioni di piacere che ci comunica il gioco amoroso con l’altro.
Nella scelta della prima volta è importante non farsi condizionare dall’esterno. Bisogna sentire dentro di noi che è venuto il momento giusto, con un partner che ci dia fiducia e che ci consenta di fare un’esperienza piacevole, e di condividere e superare insieme ansie e preoccupazioni. La sessualità richiede, come ogni conoscenza o capacità, un tempo di apprendimento. Non è facile capire cosa desideriamo e cosa desidera l’altro. A volte sappiamo quello che non ci piace, ma abbiamo molta difficoltà a riconoscere i nostri bisogni o le nostre preferenze.
La stessa “prima volta” può risultare insoddisfacente o deludere le nostre aspettative.
In questo caso è importante non drammatizzare, e cercare piuttosto di capire che cosa non ha funzionato:se è stato il partner che ha sbagliato nei modi o nei tempi, o se il problema è dentro di noi:c’è qualcosa che ci frena e ci rende ansiosi? Oppure abbiamo dovuto mostrarci diversi da quello che siamo:più sicuri, più potenti?
E’ molto importante, comunque, essere bene informati e non confondere sessualità e procreazione. Anche se siamo pronti per fare l’amore, non lo siamo certo per fare i genitori.
La contraccezione è l’insieme delle informazioni e dei metodi che servono ad evitare il concepimento nei periodi in cui non si desiderano gravidanze.
La contraccezione si può ottenere con vari metodi:naturali, meccanici o di barriera, chimici.
Le caratteristiche che questi metodi devono presentare sono:l’efficacia, la sicurezza, la semplicità d’uso, la reversibilità, l’accettabilità e il costo accessibile.
La scelta contraccettiva dipende da molti fattori:medici, psicologici – relazionali, culturali e morali. Per scegliere un metodo contraccettivo occorre per prima cosa conoscerlo ed avere le informazioni che servono per valutare se è adatto alle proprie esigenze.
Per avere le informazioni ed eventualmente la prescrizione ed imparare ad usarlo ti può aiutare il personale dei consultori.
I metodi contraccettivi li possiamo distinguere in:
• pillola
• cerotto contraccettivo
• anello intravaginale
• pillola del giorno dopo
• profilattico
• diaframma
• spermicidi
• spirale
• Billings
• Ogino-Knaus
• metodo della temperatura basale
• coito interrotto
La sessualità e l’intimità sono ingredienti importanti della relazione di coppia, nonché indici del benessere del rapporto. La sessualità, tuttavia, presenta alcuni problemi ad essa collegati che meritano attenzione e devono essere affrontati.
Uno di questi è rappresentato dalle malattie sessualmente trasmesse, ossia quelle malattie che trovano nel rapporto sessuale la preminente via di contagio.
Vengono anche chiamate infezioni genito-urinarie perché colpiscono la zona genitale e le vie urinarie (vescica e uretra).
Sono causate da batteri, virus o piccoli parassiti, tutte forme di vita microscopiche, accomunate sotto il termine generico di germi o microrganismi.
Attualmente, fatta eccezione per l’AIDS e le epatiti croniche, tutte le altre risultano curabili se vengono riconosciute tempestivamente.
I sintomi possono essere diversamente evidenti nell’uomo e nella donna ma il contagio è sempre reciproco e per questo la terapia va sempre rivolta ad entrambi i partner.
Se si pensa o si ha il dubbio di aver contratto una malattia a trasmissione sessuale ci si può rivolgere ai consultori, al proprio medico o presso gli ambulatori ospedalieri che si occupano di queste malattie.
Le malattie a trasmissione sessuale sono:
La gravidanza è quell’importante momento nella vita della donna in cui, all’interno del suo utero si sviluppa e cresce un feto che, dopo 40 settimane di gestazione, è un bambino capace di vita autonoma.
Il prodotto del concepimento inizia così a crescere. Si forma la camera gestazionale che contiene il liquido amniotico, dove “nuota” l’embrione (detto feto dopo il terzo mese di gravidanza).
Si sviluppa la Placenta, l’organo che fa da tramite fra l’organismo materno e quello fetale. Placenta e feto sono collegati al cordone ombelicale. La placenta provvede al nutrimento e all’ossigenazione del feto, oltre che a svolgere una sorta di funzione di “filtro” rispetto alle sostanze nocive.
Le dimensioni dell’utero durante la gravidanza subiscono delle notevoli variazioni. Anche lo sviluppo del feto all’interno dell’utero si svolge gradualmente nel corso della gravidanza:il giorno in cui avverrà il parto viene calcolato contando 280 giorni dal primo giorno dell’ultima mestruazione (40 settimane).
Il giorno calcolato è indicativo e un parto è considerato a termine dalla 38a settimana alla 42a. Si considera abortivo un parto prima del 180° giorno e pretermine fra il 180° giorno e il 260°.
È interessante, infine, ricordare la distinzione fra gravidanza semplice e gravidanza gemellare Ecco inoltre un’analisi della gravidanza e del parto dal punto di vista psicologico-emotivo
La gravidanza inizia con la fecondazione . Durante il rapporto sessuale, tramite l’eiaculazione, avviene la deposizione del liquido seminale in vagina e, dei milioni di spermatozoi prodotti, soltanto uno sarà in grado di fecondare l’ovulo maturo a livello della tuba uterina.
Dopo circa 30 ore dalla fecondazione, l’ovulo fecondato inizia ad “automoltiplicarsi”. Dopo circa 6 giorni dalla fecondazione l’ovulo fecondato ha percorso tutto il tratto tubarico, scende in utero e si annida nello spessore della mucosa endometriale pronta ad accoglierlo.
Inizia la produzione di un ormone chiamato HCG che diventa dosabile nell’urina 15 giorni circa dopo la fecondazione (epoca della mestruazione mancata), poco prima nel sangue. La presenza di questo ormone dà il test di gravidanza positivo, il quale conferma la gravidanza.
Il prodotto del concepimento inizia così a crescere. Si forma la camera gestazionale che contiene il liquido amniotico, dove “nuota” l’embrione (detto feto dopo il terzo mese di gravidanza).
Si sviluppa la Placenta, l’organo che fa da tramite fra l’organismo materno e quello fetale. Placenta e feto sono collegati al cordone ombelicale. La placenta provvede al nutrimento e all’ossigenazione del feto, oltre che a svolgere una sorta di funzione di “filtro” rispetto alle sostanze nocive.
Le dimensioni dell’utero durante la gravidanza subiscono delle notevoli variazioni. Anche lo sviluppo del feto all’interno dell’utero si svolge gradualmente nel corso della gravidanza:il giorno in cui avverrà il parto viene calcolato contando 280 giorni dal primo giorno dell’ultima mestruazione (40 settimane).
Il giorno calcolato è indicativo e un parto è considerato a termine dalla 38a settimana alla 42a. Si considera abortivo un parto prima del 180° giorno e pretermine fra il 180° giorno e il 260°.
È interessante, infine, ricordare la distinzione fra gravidanza semplice e gravidanza gemellare
Quando due o più feti si sviluppano contemporaneamente e sono partoriti a brevissima distanza di tempo l’uno dall’altro si parla di gravidanza gemellare.
Si parla di gravidanza semplice quando il feto che viene alla luce è unico.
gemelli identici:sono identici in tutto, perché derivano dalla divisione di un unico ovulo fecondato da un unico spermatozoo, quindi sono geneticamente identici.
gemelli fraterni:possono essere diversi perché derivano dalla fecondazione contemporanea di due ovuli maturi da parte di due spermatozoi diversi e quindi sono geneticamente diversi.
Durante i nove mesi di gestazione possiamo osservare due ordini di fattori estremamente importanti:i cambiamenti fisici ed emotivi della madre e la crescita del feto.
Ecco inoltre un’analisi della gravidanza e del parto dal punto di vista psicologico-emotivo
Il periodo della gravidanza è caratterizzato da un susseguirsi di avvenimenti diversissimi, a seconda della personalità della donna, di come vive l’idea di avere figli, del rapporto che la lega alla sua infanzia e ai suoi genitori; a seconda che abbia o no un compagno e, se lo ha, del sentimento che la lega a lui.
Si alternano conflitti, momenti di serenità, sensazioni positive e negative, dubbi e paure.
Nel primo trimestre sono presenti variazioni di umore continue:da una gioia infinita a una profonda depressione. Nel secondo trimestre le diverse sensazioni sono legate all’adattamento a un corpo che cambia, alla percezione dei primi movimenti del bambino.
Il terzo trimestre è tutto improntato all’imminenza del parto, un avvenimento temuto e desiderato allo stesso tempo.
Da un lato la madre non vede l’ora di conoscere il viso, tanto fantasticato, del bimbo che ha dentro di sé, dall’altro il parto può essere vissuto con ansia per la rottura di un legame così intenso. Spesso, però, basta prendere il proprio bambino tra le braccia per ricreare quel legame.
Il bambino, da parte sua, per nove mesi cresce ed affina organi e funzioni. Nella pancia della madre egli è attivo e in continua relazione con l’ambiente. Sviluppa i sensi (tatto, gusto, olfatto e vista), e – si ritiene – sia in contatto emotivo con la madre, e possa avvertirne gli stati d’animo positivi e negativi.
Uno dei compiti fondamentali del Consultorio è quello di tutelare la gravidanza fin dal suo inizio
In Consultorio,infatti, vengono seguite le future mamme fino a dopo il parto mediante:
visite ostetrico-ginecologiche controlli ostetrici e consulenza sanitaria, psicologica e sociale durante la gravidanza e dopo il parto corsi di preparazione alla nascita
Per questo motivo molte delle nostre attività sono dedicate alle gestanti che possono scegliere di essere seguite gratuitamente dal personale del Consultorio Familiare (la dott. Ginecologo e la Psicologa) e che possono seguire i corsi pre-parto.
La legge garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita dal suo inizio, e l’interruzione volontaria di gravidanza.
La legge distingue due ipotesi in cui l’aborto (IVG) è consentito:
• entro i primi 90 giorni di gravidanza
• dopo i primi 90 giorni di gravidanza
Entro i primi 90 giorni la legge riconosce alla donna il diritto di interrompere la gravidanza purchè la sua richiesta sia motivata da queste circostanze:
• le condizioni economiche, sociali o familiari che possono incidere anche sulla salute;
• le circostanze in cui è avvenuto il concepimento;
• lo stato di salute fisica o psichica della donna;
• la previsione di anomalie o malformazioni del nascituro.
Per richiedere l’interruzione della gravidanza la donna può rivolgersi ad un consultorio familiare, o al medico di fiducia dove verranno ascoltate le ragioni esposte e esaminate le possibili soluzioni per superare le difficoltà che portano alla volontà di abortire.
L’incontro si concluderà con il rilascio di un certificato e con l’invito a riflettere per sette giorni.
Trascorsi i sette giorni la donna può presentarsi presso una delle sedi autorizzate ad effettuare l’interruzione della gravidanza.
Dopo i primi novanta giorni la legge prevede che l’interruzione volontaria di gravidanza può essere praticata:
quando la gravidanza o il parto comportino grave pericolo per la vita della donna;
quando siano accertate anomalie o malformazioni del bambino che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Se pensi di essere incinta e vuoi abortire, puoi rivolgerti ai consultori familiari.
Se non hai ancora 18 anni, i casi in cui puoi interrompere la gravidanza sono gli stessi previsti per le donne adulte (legge 194/78) ma la procedura è un po’ più lunga.
Se vuoi abortire (prima dei 90 giorni) devi avere il consenso di tutti e due i tuoi genitori oppure quello del tuo tutore. Se tu hai confidenza con loro e puoi comunicare che sei incinta e che vuoi abortire, ti conviene recarti con loro al consultorio dove farai richiesta di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) ed i tuoi genitori o il tuo tutore esprimeranno il loro consenso.
Se il consenso viene dato, tutto si svolge come per la donna adulta.
Se invece, hai motivi per nascondere la tua gravidanza e la tua intenzione di interromperla, puoi recarti, anche da sola, al consultorio, dove spiegherai i gravi motivi che impediscono la consultazione dei tuoi genitori e qualora tali motivi risultassero fondati, ti verrà rilasciato il certificato.
Entro sette giorni dalla tua richiesta, dal consultorio verrà trasmessa una relazione al giudice tutelare del luogo.
Il giudice tutelare ti convocherà ed entro cinque giorni deciderà se autorizzare l’interruzione della gravidanza.
Naturalmente, non è necessario ricorrere a questa complicata procedura, quando il medico accerta l’urgenza dell’intervento, a causa di un grave pericolo per la tua salute.
Ogni imposizione di pratiche sessuali su una persona contro la sua volontà o su una persona non consapevole di quanto sta avvenendo.
Autori della violenza sono spesso persone conosciute:amici, colleghi, datori di lavoro, fidanzati.
I luoghi più a rischio:la casa, il posto di lavoro, mentre solo 1/3 delle violenze avviene per mano di estranei ed in luoghi pubblici.
Spesso a commettere la violenza è una persona in cui è riposta fiducia, è molto difficile, per chi ne è vittima, non pensare che la responsabilità è propria e che nessuno le crederà se racconta quel che è accaduto.
Non esiste una ricetta per essere immuni dalle violenze. Si deve evitare di trovarsi in luoghi o in situazione che ne aumentino le probabilità.
Non andare in giro di notte da soli.
Conoscere bene le persone con cui si rimane soli in situazioni a rischio.
Fare attenzione a droghe e bevande alcoliche che diminuiscono la capacità di vigilanza e riducono la sensazione di pericolo.
Non fidarsi mai delle apparenze:il violentatore può essere chiunque.
Nel caso ci sia sospetto di violenza imminente assumere atteggiamenti difensivi ed attirare l’attenzione di altre persone o allontanarsi velocemente.
Se ci si trovi in un luogo isolato, dove nessuno può sentire, si consiglia di prendere tempo, parlare e mostrare sicurezza e padronanza della situazione, mantenere la calma e cercare di individuare una possibile via di fuga o mettersi ad urlare con tutta la forza che si ha.
Cercare di ricordare tutti i segni utili alla identificazione del violentatore da parte delle forze dell’ordine.
La violenza sessuale costituisce un reato contro la persona in quanto esiste una relazione prevaricante di un soggetto su di un altro.
Chiunque costringa a compiere o subire atti sessuali con violenza o minacce (fisiche o psicologiche) è punito con la reclusione.E’ considerata un’aggravante:
la violenza nei confronti di ragazzi/e che non abbiano compiuto gli anni quattordici;
l’uso di sostanze alcoliche, stupefacenti, armi, narcotici o altro che rendono la vittima incapace di intendere e di volere;
l’atto commesso da un genitore, anche se adottivo, dal tutore o da altra persona cui il minore sia affidato;
l’aggravante è maggiore se la vittima non ha compiuto i 10 anni.
E’ CONSIDERATO REATO L’ATTO SESSUALE TRA MINORI, ANCHE SE CONSENZIENTI, quando la vittima non ha compiuto, al momento dell’atto, i tredici anni o se anche li avesse compiuto la differenza di età tra i soggetti è superiore a tre anni.
LA VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO è la partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale.
Non è necessario che tutti abbiano rapporti sessuali con la vittima, è sufficiente che incitino il violentatore o che trattengano la vittima. In entrambi i casi vengono puniti allo stesso modo.
La punibilità presuppone la querela da parte della vittima entro sei mesi dal fatto.
Il consultorio familiare dovrà prendere in carico l’utente, la sua soggettività e la globalità della persona. In questo luogo la donna deve essere accolta ed ascoltata, visitata e sottoposta a terapia adeguata. La relazione, il legame, la vicinanza, non solo con il medico, ma con le altre figure del servizio (assistente sociale, psicologo e infermiere) devono rendere possibile un ascolto del sintomo sia sul piano fisico che psichico secondo un’ottica olistica della persona stessa.
L’attività ginecologica del consultorio si snoderà lungo tipologie diverse di interventi: che vanno dalla somministrazione dei mezzi necessari per conseguire la finalità di una libera e responsabile procreazione alla tutela della salute della donna e del concepito; dalla divulgazione delle informazioni per la prevenzione dei rischi genetici e per il controllo delle gravidanze a rischio; dalla preparazione al parto alla prevenzione dell’aborto; dall’informazione e certificazione I.V.G. al servizio di ginecologia e pap-test, sino all’informazione sulla procreazione assistita.
Schematicamente si indica la tipologia degli interventi:
Le utenti della fascia a rischio (età compresa tra i 35 ed i 65 anni), saranno sollecitate ed indirizzate per la pratica di della prevenzione dei tumori della sfera genitale.
Questo tipo di servizio privilegerà il dialogo, perché da questo emergono problemi inerenti la sessualità, la paura di affrontare una gravidanza indesiderata, così come il desiderio di avere un figlio e inoltre dare sostegno e risposte per evitare problemi di malformazioni future. Se in una coppia che ha normali rapporti, non si verifica una gravidanza entro sei mesi, un anno circa, allora è bene iniziare un colloquio e spesso sono sufficienti alcuni consigli, oppure iniziare ad eseguire alcuni esami o una terapia, sia per l’uomo che per la donna.
Per il controllo senologico oltre che continuare ad eseguire la palpazione manuale e ad insegnare alla donna a controllare il proprio seno, avvalendoci dell’apporto di una senologa, svilupperemo un progetto specifico per diffondere le conoscenze e consentire l’accesso facilitato alla diagnostica per la prevenzione dei tumori al seno anche per le donne sotto la soglia dei 40 anni.
Il servizio ginecologico affronterà anche il problema della contraccezione: alla luce dei risultati soddisfacenti nel corso dei precedenti anni: molte utenti affrontano il problema con responsabilità e serenità, dopo un dialogo o giudizio che esprimono negativo all’inizio e che sparisce appena ricevono le giuste informazioni.
In ottemperanza agli obiettivi ed azioni del piano del percorso nascita dell’ASP di Agrigento sarà realizzato il seguente percorso di competenza della struttura consultoriale:
L’andrologo è il medico che si occupa dell’apparato genitale maschile, rappresenta ciò che per le ragazze è il ginecologo.
In realtà i ragazzi non sono così abituati come le ragazze a rivolgersi ad un medico per tematiche che riguardano la propria sessualità, tuttavia anche la sessualità maschile è complessa, sono molte le patologie che riguardano i genitali maschili e quindi è molto importante che anche i ragazzi abbiano cura della salute del proprio apparato genitale, una cura che è fondamentale per poter vivere serenamente la propria vita sessuale.
Le prime persone con le quali si condividono dubbi e paure sono solitamente gli amici che spesso si rivelano ottimi informatori ma a volte… anche ottimi… disinformatori…
In che cosa consiste la visita andrologica?
Si tratta di una semplice visita dell’apparato genitale che, in genere viene eseguita sia in piedi che sdraiato, della durata di pochi minuti assolutamente non dolorosa. Molti ragazzi rifiutano la visita andrologica, perché non avvertono nessun disturbo, perché il problema al momento non li interessa o semplicemente perché si vergognano.
Perchè andare da un andrologo?
Si va dall’andrologo ogni volta che si ha un dubbio o un problema relativo all’apparato genitale; ci si va anche per chiedere informazioni e consigli all’inizio della propria attività sessuale, per saperne di più sulle malattie trasmesse sessualmente oppure se si hanno disturbi in caso di malattie infiammatorie e infettive delle vie genitali ed urinarie, dolori ai testicoli di qualunque natura, variazioni di forma e volume dei testicoli, o problemi relativi alla funzionalità dell’apparato stesso, o ancora per anomalie anatomiche del pene come ad esempio una notevole curvatura del pene.
Spesso si convive con fastidiose irritazioni che possono essere risolte con la semplice assunzione di un farmaco.
E’ utile sapere che ci sono malattie a trasmissione sessuale chiamate “asintomatiche” cioè che non danno nessun disturbo o sintomo evidente, ma che però, se trascurate, possono provocare problemi più gravi in futuro.
Sostanze nemiche dell’uomo.
E’ importante rivolgersi ad un andrologo in modo particolare se si fa uso di droghe (anche quelle leggere come ad esempio la Cannabis) o delle così dette “droghe da palestra”:anabolizzanti e sostanze dopanti che possono danneggiare in vario modo l’attività sessuale e riproduttiva maschile oltre che lo stato di salute in genere.
La cura dell’igiene intima.
Anche la cura dell’igiene intima viene comunemente ritenuta una “questione” soprattutto femminile, in realtà è fondamentale anche per i ragazzi.
E’ necessario ricordare che i microorganismi , causa di malattie sessualmente trasmesse, si trovano nelle secrezioni vaginali, nel liquido seminale, nelle mucose genitali che presentano abrasioni, e solo l’uso del profilattico costituisce una protezione adeguata.
Quando si sospetta di avere anche solo una piccola infezione, è utile rivolgersi subito al medico specialista:il ginecologo per la donna e l’andrologo per l’uomo. La terapia precoce di queste malattie ne previene le possibili più gravi conseguenze.
Se il ginecologo o l’andrologo prescrivono una terapia farmacologica è necessario usare sempre il profilattico, finchè non è sicuramente guariti.
Come prenotare una visita se non posso andare allo Spazio Giovani del nostro consultorio?
Se sei un adulto o comunque non riesci ad andare allo Spazio Giovani è possibile prenotare una visita, così come avviene per qualunque altra visita specialistica.
Oltre alla relazione sessuale fra persone di sesso maschile e femminile, vi sono altre identità sessuali che possono essere più o meno stabili nel tempo, e percepite dalla persona e dal suo contesto sociale come più o meno accettabili.
Le altre sessualità sono:
• Bisessualità
• Omosessualità
• Transessualismo
• Travestitismo
Una persona è bisessuale quando il suo interesse affettivo e sessuale viene indirizzato stabilmente sia verso individui del proprio sesso che di quello opposto.
Spesso vi è una preferenza verso l’eterosessualità o verso l’omosessualità.
Può essere accompagnata da uno stato maggiore o minore di disagio sia legato al rapporto con sé stessi, sia in relazione all’immagine sociale della bisessualità che oscilla fra totipotenza e non definizione di sé.
L’omosessualità implica una preferenza sessuale predominante e persistente per persone dello stesso sesso ed un’assenza o debolezza di eccitazioni nei riguardi del sesso opposto.
Nella vita di una persona si possono presentare delle fasi passeggere nelle quali si possono verificare delle attrazioni fra persone dello stesso sesso che non comportano una vera e propria condizione di omosessualità.
Ad esempio in alcuni ragazzi, già nella preadolescenza ci possono essere saltuarie fantasie erotiche rivolte a persone dello stesso sesso ed una scarsità o assenza di fantasie che riguardano il sesso opposto. Generalmente però ciò lascia il posto ad un orientamento sessuale preciso di segno eterosessuale.
Talvolta ciò non accade; la persona invece si colloca, con maggiore o minor fatica e disagio in un’identità omoerotica.
Il transessualismo è il passaggio più o meno completo sul piano fisico da un corpo appartenente ad un genere (solitamente maschile) non accettato al corpo appartenente all’altro genere (solitamente femminile) desiderato.
Si effettua, per scelta personale, attraverso una serie complessa d’interventi medici e chirurgici. È spesso, ma non sempre, associato ad un uso commerciale del proprio corpo giocato sull’ambiguità sessuale.
Il travestitismo consiste nell’assunzione di sembianze esteriori (abbigliamento, trucco, movenze, etc) proprie dell’altro sesso (generalmente il sesso femminile per i maschi) a fini seduttivi senza che vengano modificati gli organi genitali.
Può avvenire occasionalmente o regolarmente.
È generalmente una delle espressioni di un’incerta identità sessuale. A volte è uno stadio intermedio per il transessualismo.
È spesso associato alla prostituzione.
A B C D E F G H I K L M N O P R S T U V Z
A
Aborto: interruzione della gravidanza che si verifica entro i primi 3 mesi dalla data dell’ultima mestruazione. Può essere spontaneo o indotto volontariamente.
Afrodisia: eccitazione sessuale morbosa. Erotismo esagerato.
Afrodisiaci: tutte le sostanze che stimolano e provocano desiderio e eccitazione sessuale
Afrodisiaco: sostanza ritenuta capace di accrescere lo stimolo e la potenza sessuale. Si tratta per lo più di un fenomeno di suggestione, dato che dal punto di vista farmacologico non è provata l’efficacia per nessuno dei prodotti venduti come afrodisiaci. Il miglior afrodisiaco sembra rimanere l’essere innamorati e avere un partner attraente! Albuginea: involucro di tessuto connettivo fibroso che riveste i corpi cavernosi e il testicolo.
Alcool: è credenza diffusa, ma errata, che il ricorso a sostanze alcoliche migliori le prestazioni sessuali. Questo non è vero perché in realtà l’alcol, assunto per lunghi periodi, abbassa la quantità degli ormoni nel sangue (il testosterone nell’uomo, gli estrogeni nella donna). Tale credenza popolare è probabilmente legata al fatto che una modica quantità può avere effetti disibinitori; superata la quantità di alcool attiva in questo senso, esso provoca una riduzione della libido, danneggiando, specialmente nei maschi, la reattività sessuale. Anche per questo l’abuso di sostanze alcoliche è spesso associato a disfunzioni sessuali.
Amenorrea: assenza di mestruazioni, nel periodo tra la pubertà e la menopausa: fisiologica se accade durante la gravidanza e l’allattamento, patologica se dovuta ad altre cause.
Amore ablativo: forma di amore caratterizzata da un eccessivo annullamento di se stessi a scopo di donazione e servizio per il bene altrui.
Amore platonico: forma di amore puramente spirituale e asessuale per una persona di sesso opposto. Termine derivante dal filosofo greco Platone.
Amore possessivo: amore infantile ed egocentrico. Può persistere come amore esclusivo per tutta la vita come bisogno di attaccamento ad una persona per trarne beneficio, sicurezza, godimento.
Amore sessuale: manifestazione corporea di affetto e di attaccamento reciproco tra due individui.
Amplesso: termine utilizzato dalla sessuologia per indicare l’atto sessuale. Letteralmente significa abbraccio.
Anafrodisia: mancanza congenita o acquisita del desiderio sessuale e impossibilità di ottenere l’orgasmo durante il rapporto pur avendone desiderio. Le cause possono essere soprattutto psicologiche. Può trattarsi di una condizione sia temporanea che permanente. Da non confondere con la frigidità.
Anafrodisiaco: sostanza che inibisce il desiderio sessuale.
Analisi del seme: meglio definita come spermiogramma, consiste nell’analisi microscopica del liquido seminale che determina il numero per centimetro cubo, la forma, le dimensioni e la capacità di movimento degli spermatozoi.
Androgeni: ormoni sessuali maschili che controllano lo sviluppo e la funzioni degli organi sessuali. I più importanti sono il testosterone, il diidrotestosterone (DHT), l’androsterone e l’androstenedione.
Androgino: individuo che ha contemporaneamente le caratteristiche dell’uno e dell’altro sesso. Con tale termine si indica spesso una donna con aspetto, voce e modi tipicamente maschili, oppure un uomo che assomigli o agisca come una donna.
Andrologo: specialista in andrologia.
Andropausa: termine usato in maniera impropria ad indicare un corrispettivo della menopausa e in particolare il climaterio. In realtà si può avere una riduzione della produzione del testosterone maschile ma a differenza della donna, l’uomo mantiene la propria capacità riproduttiva. Più propriamente di parla di PADAM (Partial Androgen Deficiency of Aging Male) o ADAM (Androgen Deficiency of Aging Male).
Anedonia: assenza di ogni sensazione del piacere. Spesso è un sintomo prodromico di depressione.
Anestesia sessuale: incapacità ad eccitarsi di fronte a stimoli sia fisici che psichici validi per quella persona, nel suo contesto e nella sua cultura.
Anilingus: pratica sessuale che consiste nella stimolazione orale dell’ano. Dal latino anus (=ano) e lingere (=leccare).
Anorchia: mancanza di testicoli con assenza di sviluppo dei caratteri sessuali secondari.
Anorgasmia: disturbo sessuale caratterizzato da mancanza di orgasmo. Presente soprattutto nelle donne, le quali pur provando desiderio sessuale ed eccitamento, non riescono a raggiungere l’orgasmo durante il rapporto sessuale. Le cause sono soprattutto psicologiche.
Ansia da prestazione: condizione di tensione psichica e di agitazione presente in un individuo al momento dell’atto sessuale, dettata dalla paura di non riuscire a portare a termine in modo soddisfacente il rapporto sessuale.
Ansia anticipatoria: condizione di tensione psichica e di agitazione presente in un individuo giorni od ore o comunque prima di un atto sessuale, dettata dalla paura di non riuscire a portare a termine in modo soddisfacente il rapporto sessuale.
Anticoncezionali (contraccettivi o antifecondativi): Tecniche di diversa natura mirate ad evitare la fecondazione. Si é soliti classificarli in metodi naturali (Ogino-Knaus o astinenza periodica, temperatura basale, Billings o del muco cervicale), che non garantiscono l’efficacia; metodi di barriera (condom o preservativo maschile, diaframma, spirale o IUD, tamponi), metodi chimici (creme, spray, candelette, lavande, compresse, gelatine, preservativo solubile) e metodi ormonali (pillola estroprogestinica, sequenziale, trifasica, postcoitale, mensile, minipillola progestinica). Tra i metodi naturali viene erroneamente considerato anche il coito interrotto, che in realtà non rappresenta un metodo contraccettivo efficace.
Aspermia: mancata emissione di liquido seminale durante l’orgasmo maschile.
Astenospermia: termine che si riferisce ad una minore mobilità degli spermatozoi che risulta spesso in infertilità.
Autoerotismo: Comportamento erotico rivolto su se stessi, finalizzato alla ricerca del piacere senza ricorrere al rapporto sessuale con altri.
Azoospermia: assenza di spermatozoi nell’eiaculato.
B
Bisessuale: individuo (maschio o femmina) che trae soddisfazione sessuale da rapporti con persone di entrambi i sessi.
Bondage: insieme di attività sessuali basate sulle costrizioni fisiche realizzate con legature, corsetti, cappucci, bavagli o più in generale sull’impedimento consenziente alla libertà fisica, di muoversi, di vedere, di parlare, di sentire.
C
Candida albicans: parassita appartenente alla famiglia dei miceti (funghi), normalmente presente sulla cute, a livello della mucosa intestinale e nel microambiente vaginale che in condizioni particolari di deficit immunitario può provocare gravi infezioni (Candidosi), principalmente a livello genitale sia nell’uomo che nella donna (uretriti, prostatiti, vulvo-vaginiti).
Caratteri sessuali: insieme di caratteristiche fisiche e psichiche che differenziano i maschi dalle femmine. Si distinguono in primari (quelli che servono alla procreazione come le ghiandole genitali e gli organi della riproduzione) e secondari (es. peli e voce profonda nell’uomo e seni e fianchi larghi nella donna).
Castrare: asportare i testicoli di un maschio o le ovaie di una femmina.
Ciclo mestruale o ovarico: Periodo intercorrente dal primo giorno della mestruazione al giorno precedente la mestruazione successiva, caratterizzato da modificazioni degli organi genitali che si verificano a causa delle differenze nella secrezione ormonale. Molto schematicamente, si può dividere in una prima fase (follicolare) caratterizzata dalla secrezione di estrogeni che conducono alla maturazione della cellula uovo e all’ovulazione, e da una seconda fase (luteinica), che si verifica dopo l’ovulazione e nella quale oltre agli estrogeni viene secreto anche il progesterone, per preparare la donna ad un’eventuale gravidanza. Il ciclo, la cui lunghezza varia dai ventuno ai quaranta giorni (la media è di ventotto giorni) si instaura con la prima mestruazione (menarca) che si verifica nella pubertà e cessa con la menopausa.
Circoncisione: asportazione chirurgica del prepuzio, ossia della pelle che circonda il glande. Viene praticata a scopo terapeutico o igienico o come rito di stampo religioso presso alcune civiltà (ebrei e musulmani).
Clamidia: microrganismo responsabile di malattie sessualmente trasmesse con uretriti ed epididimiti.
Climaterio: periodo della vita comune sia all’uomo che alla donna in cui a seguito di un’involuzione nella funzionalità delle ghiandole sessuali, si hanno nell’organismo delle modificazioni in senso riduttivo nella produzione di ormoni e dei meccanismi legati alla capacità riproduttiva.
Clitoride: organo erettile dell’apparato esterno sessuale della donna, situato a livello della parte anteriore e superiore della vulva nel punto di congiungimento delle piccole labbra. Ricco di termina- zioni nervose, è, dunque, sensibilissimo alle stimolazioni erotiche (orali, manuali, coitali).
Coito: atto sessuale in cui l’organo sessuale maschile viene introdotto in quello femminile. Culmina nell’orgasmo, il massimo delle soddisfazioni erotiche.
Coito interrotto: metodo contraccettivo che consiste nell’interruzione brusca e repentina del rapporto in prossimità dell’eiaculazione. Utilizzato come metodo anticoncezionale, non offre particolari garanzie in quanto é sempre possibile la fuoriuscita di qualche goccia di sperma sufficiente per la fecondazione.
Coito anale: l’atto sessuale che comporta la penetrazione del pene nell’ano del partner. Non essendo una zona naturalmente lubrificata è necessario provvedere in tal senso con l’impiego di sostanze lubrificanti; è inoltre fondamentale che il rapporto anche all’interno di una coppia fedele sia profilassato, in quanto i batteri presenti nel retto possono provocare l’insorgere di infiammazioni al pene che possono essere successivamente trasmesse al partner per altre vie (vaginale e/o orale); è inoltre una delle pratiche a più alto rischio di trasmissione del virus HIV.
Coito orale: pratica sessuale che consiste nella stimolazione dei genitali del partner attraverso la lingua e la bocca. Più precisamente si parla di fellatio quando è la donna a stimolare l’uomo e di cunnilingus in caso contrario. La stimolazione reciproca contemporanea è indicata, in gergo popolare, col termine allusivo di “69”. In situazioni di salute non costituisce pratica igienicamente pericolosa.
Condilomi: infezione venerea comunemente conosciuta come “creste di gallo”, causata dal papilloma virus, caratterizzata da escrescenze carnose che si sviluppano al livello dei genitali e dell’ano.
Condom: sottile membrana elastica di lattice di gomma che, applicata sul pene prima del rapporto sessuale, previene il concepimento o le infezioni.
Corpi cavernosi: cilindri di tessuto erettile situati da ciascun lato e sul dorso del pene. Sono circondati dalla tunica albuginea e attraversati sulla loro superficie uretrale dal corpo spongioso del pene e sulla loro superficie dorsale dalla vena dorsale profonda del pene.
Corpo luteo: trasformazione che il follicolo ovario subisce dopo l’ovulazione.
Cunnilinctus, cunnilingus, cunnilinguo: stimolazione dei genitali femminili (specialmente clitoride e orifizio vaginale) tramite la bocca, la lingua o le labbra per provocare l’orgasmo. È l’equivalente della fellatio.
Cromosoma: microscopiche strutture in cui è organizzato il DNA degli organismi eucarioti, che contengono le informazioni necessarie alla trasmissione dei caratteri ereditari. L’Uomo ha 23 coppie di cromosomi, contenuti nel nucleo di ogni cellula, di cui 22 coppie sono cromosomi omologhi (cioè simili) detti autosomi ed una coppia di cromosomi diversi che sono i cromosomi sessuali; nell’ambito di ciascuna coppia, un elemento deriva dal padre e l’altro dalla madre. Cromosomi sessuali: cromosomi che determinano il sesso. Si presentano diversi, per numero e struttura, in individui di sesso diverso. La femmina ha due cromosomi identici di grandi dimensioni, chiamati X. Il maschio ha un cromosoma X e un cromosoma Y più piccolo.
D
atto mediante il quale il pene penetra per la prima volta nella vagina lacerando l’imene che ne chiude parzialmente l’accesso. Si tende a considerare ancora oggi la rottura dell’imene come segno della perdita della verginità.
Diaframma: dispositivo contraccettivo meccanico usato dalla donna. E’costituito da una membrana di gomma di forma rotonda o ovale che viene inserita nella vagina prima del rapporto sessuale per impedire il passaggio dello sperma nell’utero.
Disfunzione Erettile: incapacità del soggetto di sesso maschile a raggiungere e/o mantenere un’erezione sufficiente a ottenere un rapporto soddisfacente.
Disfunzioni orgasmiche: disturbi della sessualità maschile e femminile relativi all’orgasmo.
Disfunzioni sessuali: tutti quei disturbi che riguardano la sfera sessuale e che impediscono di avere un rapporto soddisfacente e pienamente appagante.
Dismenorrea: mestruazione particolarmente dolorosa con crampi addominali.
Dismenorrea: mestruazione dolorosa.
Dispareunìa: indica l’insorgenza di dolore durante il rapporto sessuale. Colpisce sia la donna che l’uomo. La dispareunìa è esterna quando si manifesta all’inizio della penetrazione; è profonda quando si manifesta dopo la penetrazione nel fondo della vagina.
Dispermìa: termine generico che si riferisce ad una qualche alterazione della qualità e/o quantità del liquido seminale.
E
Eccitazione sessuale: condizione mentale e fisica che prepara l’individuo alla attività sessuale. Può essere provocata da immagini, suoni, pensieri, contatti o odori e può essere messa in relazione con l’amore. L’eccitazione sessuale raggiunge il culmine nell’orgasmo.
Edonismo: ricerca del piacere in tutte le sue forme.
Effeminato: uomo con caratteristiche, tendenze ed atteggiamenti femminili.
Eiaculatio ante portam: termine non più in uso che indica tuttavia una eiaculazione che avviene prima dell’introduzione del pene in vagina.
Eiaculazione: è il riflesso associato di solito all’orgasmo maschile con la fuoriuscita dello sperma attraverso l’uretra. Oltre che nel rapporto sessuale completo, l’eiaculazione può avvenire per polluzione, per masturbazione, per giochi sessuali o per stimoli vari.
Eiaculazione precoce: definita più modernamente eiaculazione rapida (rapid ejaculation) Emissione di sperma prima o immediatamente dopo la penetrazione. Disfunzione sessuale molto comune.
Eiaculazione retrograda: disturbo dell’eiaculazione di origine organica o iatrogena (diabete, malattie neurologiche, alcuni farmaci), per cui il liquido seminale non viene espulso all’esterno, ma si riversa nella vescica invece che nell’uretra.
Eiaculazione ritardata: persistente o ricorrente ritardo, o assenza dell’orgasmo, dopo una normale fase di eccitazione sessuale nell’ambito di attività sessuale che il clinico, tenendo conto dell’età del soggetto, giudica adeguata per localizzazione, intensità e durata.
Epididimo: formazione anatomica a forma di cappuccio allungato sul margine posteriore e superiore del testicolo (didimo).
Erezione: processo fisiologico che, a seguito di aumento dell’afflusso sanguigno al pene, ne provoca un consistente aumento di dimensioni accompagnato da inturgidimento allo scopo di consentire l’atto sessuale.
Ermafroditismo: presenza in uno stesso individuo di entrambi i caratteri sessuali maschili e femminili.
Eros: termine greco che indica l’amore e il Dio Amore.
Erotismo: atteggiamento dell’individuo nei confronti della sessualità caratterizzato dall’insieme di istinti, passioni, desideri e ricerca del piacere.
Erotomania: esasperato desiderio sessuale caratterizzato da un erotismo patologico.
Estrogeno: ormone femminile prodotto prevalentemente dalle ovaie. Gli estrogeni espilicano un’importante funzione nello sviluppo delle caratteristiche fisiche della donna.
Eteroerotismo: tendenza erotica verso il sesso opposto.
F
Fallo: indica il pene nella sua posizione eretta.
Fecondazione: unione dello spermatozoo con l’ovulo femminile da cui ha origine un nuovo essere vivente.
Fecondazione: unione di un ovulo femminile e di uno spermatozoo maschile grazie alla quale si forma un embrione.
Fellatio: stimolazione orale dei genitali maschili.
Feromoni o ferormoni: sostanze chimiche che esercitano un forte richiamo sessuale per il loro odore caratteristico, secrete da ghiandole situate nei genitali o nella pelle, sia del maschio che della femmina.
Feticismo: deviazione sessuale per la quale l’eccitamento sessuale è determinato da un oggetto inanimato (feticcio), per lo più parti del corpo o un capo d’abbigliamento qualsiasi.
Fimosi: restringimento della pelle del prepuzio, tale da rendere dolorosa o impossibile la scopertura del glande e quindi il rapporto sessuale.
Fornicazione: termine desueto ad indicare un rapporto sessuale illecito riferito per lo più all’adulterio e all’incesto.
Frigidità: termine desueto, usato spesso in maniera dispregiativa, per indicare una mancanza di desiderio e piacere sessuale nella donna per lo più di origine psichica.
Frenulo: lembo cutaneo che salda il glande al prepuzio del pene.
Frotteurismo: parafilia atipica caratterizzata da impulso a toccare e a strofinarsi contro una persona non consenziente e totalmente vestita e da palpeggiamento di parti del corpo in luoghi affollati.
FSH (ormone follicolo-stimolante): ormone prodotto dall’ipofisi, in grado di promuovere la spermatogenesi nell’uomo e la maturazione del follicolo ovarico nella donna.
G
Gamete: cellula matura che partecipa alla riproduzione sessuale (spermatozoo = gamete maschile), (ovulo = gamete femminile).
Gay: sinonimo inglese di omosessuale.
Gene: unità fondamentale del sistema genetico d’ogni individuo con possibilità di indurre e dirigere sia caratteri somatici sia reazioni biochimiche sia psichiche.
Genitali: organi sessuali e riproduttivi.
Gerontofilia: attrazione sessuale morbosa per le persone anziane.
Ginecomania: amore esasperato per le donne.
Glande: parte terminale del pene, collegata al prepuzio per il tramite di un lembo di tessuto elastico detto frenulo. Sul glande si apre un orifizio che permette la fuoriuscita di urina e sperma.
Grandi labbra: pliche cutanee prominenti, allungate e arrotondate presenti su entrambi i lati della rima vulvare.
H
Herpes genitale:
malattia a trasmissione sessuale provocata dal virus Herpes simplex caratterizzata da vescichette sulle mucose genitali che danno origine a piccole piaghe dolorose.
I
Imene: membrana mucosa che limita l’accesso all’ostio vaginale.
Impotenza: termine desueto, usato spesso in maniera dispregiativa, per indicare un disturbo dell’erezione. Meglio usare il termine Disfunzione Erettile.
Incesto: rapporto sessuale tra un individuo e un parente stretto, proibito e condannato in quasi tutte le società.
Infertilità: incapacità maschile e femminile di procreare.
Infibulazione: pratica primitiva, tuttora praticata a scopo rituale in varie parti del mondo, che consiste nella sutura delle piccole e grandi labbra della vulva con gravi conseguenze sul piano psichico, fisico e sessuale della donna.
Inseminazione artificiale: meglio definita come PMA, ovvero Procreazione Medicalmente Assistita, si riferisce a una serie di metodiche volte a ottenere una fecondazione non attraverso vie non naturali.
Ipofisi: ghiandola endocrina posta sotto la base dell’encefalo.
Ipotalamo: parte dell’encefalo in cui ha sede importanti funzioni vegetative. È situato sulla base cranica in corrispondenza dell’ipofisi.
K
Kamasutra: dottrina (sutra) dell’amore (kama). Antico testo sanscrito dedicato a regole di condotta matrimoniale, divenuto famoso per la parte dedicata alle posizioni dell’amplesso e per i consigli sulle pratiche sessuali.
L
Lesbismo: omosessualità femminile.
Lesbica: donna omosessuale.
Leucorrea: secrezione biancastra degli organi sessuali femminili comunemente indice di infezione.
LH (ormone luteinizzante): ormone ipofisario che stimola l’ovulazione, mantiene la secrezione di progesterone da parte del corpo luteo e regola la secrezione di testosterone da parte delle cellule testicolari di Leydig.
Libido: termine latino che indica voglia e desiderio, si riferisce al desiderio sessuale. Definita anche da autori americani come sexual drive.
Lubrificazione: processo di secrezione dal pene e dalla vagina di liquido organico che agisce come lubrificante naturale per facilitare il rapporto sessuale. In generale di usa il termine Lubrificazione ad indicare anche la fase di eccitazione femminile.
M
Masochismo: parafilia o deviazione sessuale che comporta pratiche sessuali consistenti nel trarre piacere dal ricevere sofferenza (fisica e non solo psichica) e umiliazione dal partner.
Masturbazione: pratica sia maschile, sia femminile consistente nella sollecitazione manuale dell’organo sessuale al fine di ottenere piacere.
Menarca: indica la prima mestruazione.
Menopausa: cessazione dell’ovulazione e delle mestruazioni, secondaria a modificazioni dell’assetto ormonale dell’organismo femminile, che si manifesta nelle donne in età tra i 45 e i 55 anni.
Mestruazione: perdita ematica fisiologica periodica della donna in età feconda, non in gravidanza, causata dallo sfaldamento dell’endometrio e dalla sua espulsione.
N
Necrofilia:perversione sessuale caratterizzata dal piacere prodotto dalla vista o dal contatto sessuale con un cadavere.
Ninfomania: deviazione sessuale femminile caratterizzata da una ricerca compulsiva di partner con cui avere rapporti sessuali.
O
Oligozoospermia: riduzione del numero degli spermatozoi nell’eiaculato
Omofobia: paura e avversione per l’omosessualità.
Omosessualità: tendenza a rivolgere attenzioni erotiche e sessuali verso persone del proprio sesso.
Orgasmo: sensazione fisico-emotiva che accompagna il culmine di un atto sessuale.
Ovaie: organo genitale interno femminile situato ai lati dell’utero collegato allo stesso. L’organo produce estrogeni, progesterone e ovuli e può interagire con gli ormoni ipofisari.
Ovulazione: il rilascio periodico di un ovulo maturo da parte di una delle ovaie
Ovulo: gamete femminile che può essere fecondato da quello maschile a fini riproduttivi
P
Pap_test: test di Papanicolau usato per l’individuazione precoce del cancro del collo uterino, o infezioni virali
Parafilia: indica la presenza di fantasie ricorrenti o atti comportanti attività sessuale con uso di oggetti inusuali, persone non consenzienti, minori o animali.
Pedofilia: attrazione sessuale morbosa che ha per oggetto i bambini.
Pene: organo esterno dell’apparato genito-urinario maschile.
Petting: indica pratiche erotiche masturbatorie reciproche che possono culminare nell’orgasmo ma in assenza di penetrazione.
Piccole labbra: sottili pliche cutanee situate internamente alle grandi labbra. Anteriormente formano, unendosi il cappuccio del clitoride e il frenulo.
Pornografia: trattazione e/o la raffigurazione di soggetti erotico-sessuali in maniera esplicita.
Prepuzio: lembo di pelle scorrevole che ricopre il glande nell’uomo. Nella donna, è il lembo cutaneo formato dalle piccola labbra che ricopre il clitoride.
Preservativo o profilattico: vedi condom.
Priapismo: erezione protratta e dolorosa. Può esitare in disfunzione erettile, motivo per cui bisogna ricorrere rapidamente alle cure specialistiche.
Prolattina:ormone prodotto dall’ipofisi che alla fine della gravidanza determina la secrezione di latte da parte della ghiandola mammaria.
Prostata: ghiandola dell’apparato genitale maschile, situata nella cavità pelvica, subito al di sotto della vescica. La sua funzione principale è quella di produrre ed emettere il liquido seminale, uno dei costituenti dello sperma, che contiene gli elementi necessari a nutrire e veicolare gli spermatozoi.
Pubertà: lo stadio della vita in cui maschi e femmine diventano in grado di riprodursi.
R
Rete testis: insieme di strutture presenti a livello del testicolo, che si canalizzano per dare origine ai tubuli seminiferi e che convogliano gli spermatozoi nei dotti deferenti.
S
Sadismo: parafilia o deviazione sessuale che comporta pratiche sessuali consistenti nel trarre piacere dal provocare sofferenza (fisica e non solo psichica) e umiliazione nel partner.
Salpingi o Tube di Falloppio: condotto che si estende dall’estremo laterale di ciascun ovaio all’angolo superiore dell’utero. E’ proprio qui, nelle salpingi, che l’ovulo incontra lo spermatozoo e viene fecondato.
Scroto: sacco cutaneo che contiene i testicoli, diviso da un setto mediano in due parti, ciascuna delle quali contiene, oltre alla ghiandola genitale, le varie formazioni anatomiche annesse, col rivestimento della tunica vaginale.
Sepsi o setticemia: invasione nel sangue di microbi e delle loro tossine.
Sessuofobia: paura eccessiva nei confronti delle pratiche sessuali.
Sieropositivo: soggetto che ha sviluppato gli anticorpi HIV ma che non ha ancora manifestato l’AIDS.
Sifilide: malattia sessualmente trasmessa di cui è responsabile il Treponema pallidum.
Sodomia: pratica sessuale caratterizzata da penetrazione anale.
Sperma: sostanza organica liquida che costituisce veicolo degli elementi fecondanti maschili, emessa attraverso l’eiaculazione.
Spermicidi: sostanze lubrificanti in grado di distruggere gli spermatozoi a scopo contraccettivo, che possono essere applicati direttamente in vagina o rivestire i preservativi.
Spirale (IUD): dispositivo intrauterino che ha un meccanismo anticoncezionale di tipo biochimico (lievi flogosi dell’endometrio) e chimico (il rame immesso da tale dispositivo inibisce la capacità penetrativa dello spermatozoo nell’ovulo).
Sterilità: impossibilità maschile o femminile alla procreazione per cause organiche o iatrogene.
Stupro: rapporto sessuale imposto con violenza a una persona non consenziente.
T
Tabù: termine indicante un atto che per convenzione sociale viene considerato severamente proibito.
Testicolo: ciascuna delle ghiandole sessuali maschili contenute nello scroto, destinate alla produzione degli spermatozoi e degli ormoni sessuali maschili.
Testosterone: principale ormone maschile, dotato d’essenziale azione nello sviluppo dei caratteri sessuali e del sistema genitale. Partecipa al metabolismo ed è usato per la cura delle patologie genitali e ormonali.
Transessuale: individuo che presenta le caratteristiche fisiche di un sesso ma psicologicamente sente di appartenere all’altro sesso.
Treponema pallidum: microrganismo responsabile della sifilide (malattia contagiosa sistemica) sessualmente trasmessa.
Tricomonas: “protozoo flagellato” responsabile di molte infezioni dell’apparato genitourinario maschile e femminile; si può trasmettere anche sessualmente.
Tube: vedi salpingi.
U
Uretra: canale che collega la vescica urinaria con l’esterno permettendo il deflusso dell’urina. Nell’uomo al suo interno si aprono anche i dotti eiaculatori che riversano in uretra il liquido seminale. Nella donna il canale è più breve e sbocca nel vestibolo della vagina.
Utero: organo muscolare cavo piriforme situato nella piccola pelvi tra la vescica ed il retto. L’utero funge da sede d’impianto dell’ovulo fecondato e rende possibile lo sviluppo dell’embrione e del feto.
V
Vagina: organo copulatore femminile, costituito da un canale muscolo- membranoso a cavità virtuale allo stato di riposo, esteso dalla vulva all’utero.
Vaginismo: spasmo doloroso che durante il rapporto genera dolore o impedisce la penetrazione del pene in vagina.
Vaginite: infiammazione acuta o cronica della vagina. Verruca: piccolo rilievo circoscritto e duro della cute o delle mucose a struttura variabile di natura virale.
Vescichetta seminale: piccole cavità contenenti liquido seminale situate dietro e a ridosso della vescica. Svolgono una funzione secretoria producendo sostanze indispensabili alla maturazione ed alla sopravvivenza degli spermatozoi.
Voyeurismo: perversione sessuale caratterizzata dalla ricerca di piacere tramite l’atto dello spiare rapporti sessuali altrui.
Vulva: il complesso degli organi femminili esterni, costituito da quattro pliche cutanee (piccole e grandi labbra) combacianti sulla linea mediana e da alcuni organi erettili (clitoride e bulbi del vestibolo).
Z
Zone erogene: parti del corpo estremamente sensibili all’eccitamento sessuale.
Zoofilia: parafilia o deviazione sessuale che consiste nella ricerca del piacere attraverso stimolazioni e rapporti sessuali con animali.
Tra l’infanzia e l’età adulta, l’adolescenza è infatti una delle fasi più delicate della vita, caratterizzata da profondi mutamenti fisiologici dovuti al fatto che in questo periodo – che precede la maturazione sessuale – l’organismo deve affrontare il massimo scatto di crescita e pertanto ha bisogno di una quantità di energia e di nutrienti maggiore rispetto a qualunque altro periodo della vita (se si eccettua la gravidanza e l’allattamento).
La dieta dev’essere variata, equilibrata e completa per assicurare un ritmo di crescita regolare e tutelare la crescita dell’organismo. Durante l’adolescenza infatti l’alimentazione ha un ruolo importante anche per la prevenzione di alcune malattie (cardiovascolari, neoplastiche, il diabete) che riconoscono come fattori di rischio l’obesità, l’ipertensione arteriosa e l’arteriosclerosi le quali iniziano a svilupparsi già nei primi anni di vita e sono profondamente influenzate dalle abitudini alimentari.
I diversi alimenti contengono nell’insieme tutti i nutrienti (proteine, zuccheri, grassi, vitamine e sali minerali) ma nessun alimento è, di per sé, completo; ne deriva l’esigenza di una grande varietà per compensare o integrare le carenze di ogni singolo alimento. Un’alimentazione razionale, cioè ben proporzionata e bilanciata alle necessità individuali, deve contenere tutti i principi nutritivi e comprendere una quantità di calorie adeguata.
Fondamentale inoltre è l’apporto di acqua per assicurare l’equilibrio termico e quello idrosalino.
Occorre perciò:
– saper scegliere gli alimenti con cui nutrirsi;
– saper scegliere le quantità necessarie per il proprio mantenimento;
– saper distribuire correttamente il cibo nella dieta giornaliera.
Durante il periodo della crescita il fabbisogno energetico varia in rapporto all’età, al sesso, alle condizioni di salute ed all’attività sportiva.
Nelle femmine i bisogni energetici e nutritivi raggiungono la punta massima fra il 13° ed il 15° anno.
Nei maschi crescono progressivamente raggiungendo il massimo tra il 17° ed il 18° anno.
Durante l’adolescenza si consiglia di frazionare i pasti nei tre principali ed uno o due spuntini per evitare accumuli metabolici ed errate abitudini.
È importante avere le informazioni di base per un’ alimentazione corretta e per mantenere un peso corporeo equilibrato.
L’alimentazione degli adolescenti – e dei giovani in generale – dovrebbe essere ricca di alimenti che forniscono carboidrati (pane, pasta, patate, legumi), di alimenti che forniscono proteine di elevato valore biologico (carne, pesce, uova), ma anche di latte e formaggi (per il contenuto in calcio) e di verdure e frutta (per le vitamine, in particolare vitamina A e vitamina C). Dovrebbe essere insomma un’alimentazione variata, basata su tutti e sette i gruppi di alimenti visti precedentemente.
La tradizionale dieta mediterranea è ritenuta oggi in tutto il mondo un modello e un metodo efficace per la protezione della salute ed è anche uno dei più vari e bilanciati che si conoscano.
Esso si basa prevalentemente su alimenti di origine vegetale come i vari cereali (grano, riso, orzo, segale, farro), legumi, frutta, ortaggi, pesce, olio di oliva e moderati consumi di alimenti animali.
Ciascun gruppo deve essere presente nella nostra dieta in modo proporzionato, poiché una alimentazione equilibrata è data non solo da un corretto apporto calorico, ma da un’adeguata ripartizione dei gruppi alimentari. Nessun alimento è indispensabile e nessuno va escluso. È fondamentale un equilibrato e moderato impiego delle varie categorie di alimenti a nostra disposizione.
Una sana alimentazione unita ad una attività fisica fa sì che un buono stato di forma fisica, previene molte malattie, mantiene alto il nostro umore e riduce anche la mortalità per diverse cause e in tutte le età, tutti ottimi motivi per modificare un stile di vita caratterizzato dalla sedentarietà.
Non bisogna privarsi di alcuni alimenti ma gustarli tutti tenendo conto delle loro qualità. Patatine, dolci, devono essere mangiati ma variando l’alimentazione.
La Piramide alimentare è il simbolo della “sana ed equilibrata alimentazione”; essa,è formata da diverse sezioni contenenti vari gruppi di alimenti. Ciascun gruppo deve essere presente nella nostra dieta in modo proporzionato. Alla base della Piramide troviamo gli alimenti che possiamo utilizzare più liberamente mentre al vertice troviamo quelli che è meglio limitare.
La parola “obeso” indica un soggetto eccessivamente grasso o corpulento.
L’obesità e il soprappeso sono pericolose non perché non ci permettono di entrare in una taglia più piccola, ma perché danneggiano la salute.
L’obesità è una condizione in cui bisogna considerare diverse influenze:
di natura biologica;
comportamentale;
ambientale.
Spesso, però, i problemi di soprappeso sono legati a nostre cattive abitudini alimentari e non a problemi di tipo biologico; una predisposizione è possibile ma non sarà quella a crearne la conseguenza diretta e immediata.
Se si hanno dei chili in più non dobbiamo “fare la fame”, basta rivedere la propria alimentazione. Ridurre le porzioni, variare i cibi, evitare spuntini eccessivi, muoversi, sono tutti aspetti che aiutano a non aumentare di peso.
L’uso dell’Indice di Massa Corporea (IMC, o Body Mass Index “BMI”) si è rivelato un buon criterio per evidenziare le diverse categorie di peso corporeo. Esso è un indice basato sul rapporto tra il peso corporeo e l’altezza. L’IMC si calcola dividendo il peso corporeo, espresso in kg, per l’altezza, espressa in metri, elevata al quadrato. Come si evidenzia dalla tabella sottostante, classificando questo indice, è possibile distinguere tra i vari gradi di sovrappeso. >
IMC=peso (in KG)/ALTEZZA (in metri) al quadrato | ||
> 40 | Sovrappeso di 3°grado | Grave obeso |
30-40 | Sovrappeso di 2°grado | Obeso |
25-30 | Sovrappeso di 1°grado | Sovrappeso |
18,5-25 | Normopeso | Normale |
< 18,5 | Sottopeso | Magro |
< 16 | Magrezza grave | / |
L’obesità, a differenza dell’anoressia e della bulimia, non è un disturbo prevalentemente femminile, ma si distribuisce in modo uniforme in entrambi i sessi; inoltre, mentre l’anoressia e la bulimia fanno il loro esordio durante il periodo adolescenziale, non sono infrequenti numerosi casi di obesità infantile. Le conseguenze che essa determina sono molto gravi:dai problemi vascolari, al rischio di diabete, etc.
È importante non vergognarsi di avere problemi di peso; i chili possono andar via ma la salute è necessario che resti.
Come già detto nella pagina dedicata all’anoressia, un’abitudine sbagliata di alimentazione può configurare un vero e proprio disturbo di comportamento se non di personalità. La bulimia, con l’anoressia, è uno tra i disturbi più ricorrenti e significativi. Altra abitudine sbagliata è il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, comunemente indicato con termine americano di Binge Eating Disorder (BED).
Il termine bulimia indica una fame da buoi. Esso è un disturbo dell’alimentazione che può sorgere sia in adolescenza che in età adulta.La bulimia è caratterizzata da una perdita di controllo su ciò che mangiamo tanto che si arriva ad abbuffarsi.
L’atto di abbuffarsi può esplodere all’improvviso durante un pranzo o una cena, oppure può essere consumato in gran segreto, di notte e da soli.
Il peso rimane in genere nella norma grazie ad una serie di comportamenti come il vomito provocato, l’abuso di lassativi e diuretici; l’alternarsi di questo comportamento con diete e ginnastica.
Anche chi soffre di bulimia pensa continuamente al cibo e trova faticoso concentrarsi su qualcos’altro.
Le conseguenze sulla salute sono molto gravi.
La bulimia, infatti, spinge la persona a fare abbuffate vere e proprie con attacchi di fame, badando poco alla qualità del cibo ma piuttosto alla quantità; con conseguenti episodi di vomito ed eliminazione più o meno repentina del cibo ingerito.
Si configura allora un vero e proprio caos alimentare, nel quale non si è più in grado di percepire i segnali fisiologici di fame e di sazietà, ma soprattutto non si è in grado di gestire liberamente la loro giornata.
Con tale problematica solo in parte si è consapevoli di quello che si sta facendo, si mangia per lo più senza gusto, e subito dopo ci si sente in colpa, turbati dall’idea di aver perso il controllo di sé. Ci Si rimprovera e ci si odia e la soluzione viene vista soprattutto nel vomito.
Se protratta nel tempo comporta un aumento sostanziale del peso corporeo anche con il risultato di un’obesità conclamata, con disfunzioni particolarmente a carico dell’apparato cardiocircolatorio, ostearticolare nonchè gastrico-intestinale.
Non bisogna vergognarsi, sentirsi in colpa, punirsi, è necessario parlare con psicologi e medici e con tutti coloro che ci stanno vicino.
Anche la bulimia, infatti, è una patologia essenzialmente psicogena e va trattata sul piano medico e psicologico, per favorire un riequilibrio delle modalità di assunzione del cibo.
Un’abitudine sbagliata di alimentazione può configurare un vero e proprio disturbo di comportamento se non di personalità. L’anoressia, con la bulimia, è uno tra i disturbi più ricorrenti e significativi. Altra abitudine sbagliata è il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, comunemente indicato con termine americano di Binge Eating Disorder (BED).
L’anoressia si configura come una protratta alterazione del rapporto con il cibo, intesa come scarsa assunzione e/o rifiuto:la si può considerare tale quando al calo ponderale del 30% e oltre si associa amenorrea (assenza del ciclo mestruale) con fenomeni di alterazione complessiva più o meno grave della funzionalità dell’intero organismo.
Può essere aggravata dall’uso di diuretici e lassativi e, ciononostante, la persona continua a percepirsi e vedersi come gonfia e grassa.
E’ una vera e propria malattia. Può essere curata con un trattamento ben articolato:
– sia dal punto di vista nutrizionale;
– medico-internistico;
– un intenso e mirato intervento psicoterapeutico individuale e relazionale, giacchè le cause ed i motivi di tali comportamenti sono di origine psicologica.
Caratteristiche fondamentali dell’anoressia:
1. ci si percepisce come grasso e si difende con volontà la propria condizione;
2. si ha difficoltà a riconoscere le emozioni;
3. si prova angoscia derivante dalla paura di perdere il controllo psicologico-comportamentale.
Come si manifesta All’inizio il comportamento alimentare di chi ne soffre è simile a quello di molte ragazze che vogliono dimagrire. Alcune volte si inizia eliminando dalla propria dieta solo quegli alimenti che si ritiene possano far ingrassare o si nasconde il non voler mangiare affermando di non star bene. Alcune ragazze diventano vegetariane e decidono di nutrirsi solo di frutta e verdura. Altre mangiano di tutto ma in quantità insufficiente, altre ancora scoprono cibi che non fanno ingrassare, come l’insalata, la verdura, le mele e se ne concedono grandi quantità.
Chi si ammala di anoressia può erroneamente credere che i cibi piccoli facciano ingrassare meno, quindi al posto di pietanze dalle dimensioni grandi ma che in realtà magari non sono molto caloriche, preferiscono cibi piccoli ma al contrario molto calorici.
In tutti questi casi si giunge al punto in cui ciò di cui ci si ciba è assolutamente inadeguato a mantenere il peso normale. Ciò che all’inizio era solo un “mangiar meno” si trasforma con il tempo in digiuno e alla fine alla fame vera e propria. La fame a sua volta con il tempo non viene più sentita, al punto che il soggetto affermerà di non aver bisogno di mangiare perché non sente fame.
Questi e altri comportamenti devono metterci in stato di allerta e farci pensare che c’è bisogno di un aiuto specifico. È importante non vergognarsi; avere il coraggio di ammettere di avere un problema è sempre segno di maturità. Tutti possiamo vivere momenti duri; tutti abbiamo bisogno l’uno dell’altro.
Le cause
Alla base del disturbo c’è spesso un rapporto di contatto disturbato con la madre:la figlia rifiuta di crescere perché la propria maturazione avrebbe come conseguenza una condizione di aggressività e rivalità nei confronti della figura materna.
Come individuarla
La prima conseguenza è spesso la scomparsa delle mestruazioni seguita talvolta da sensazioni di freddo, caduta di capelli, secchezza cutanea e varie manifestazioni dovute allo scarso apporto di sostante nutrienti che comportano un alterazione dell’organismo e sintomi dovuti alla drastica riduzione degli ormoni sessuali.
L’anoressica cerca scuse per non nutrirsi o non si presenta ai pasti. Nel corso del tempo il suo organismo, per compensare la mancanza di cibo, produce sostanze a livello neurologico (adrenalina) che attenuano in parte la sensazione di fame, e le rende iperattive, portandole spesso ad un estenuante esercizio fisico.
Non è solo un problema “da donne”
Negli ultimi vent’anni il numero dei maschi colpiti da anoressia è raddoppiato:secondo dati recenti un ragazzo ogni 50.000 in Italia soffre di questo male. Come per le ragazze, si ricerca esasperatamente la magrezza fino al deperimento fisico, ma, essendo una malattia tipicamente femminile, può venir diagnosticata tardi, quando oramai vi possono essere conseguenze organiche serie.
I disturbi alimentari i più conosciuti sono l’anoressia e la bulimia, mentre pochi conoscono il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, comunemente indicato con termine americano di Binge Eating Disorder (BED).
Il BED è un parente stretto della bulimia, ma non è caratterizzato dalla fase rivolta a compensare le abbuffate e ad impedire il conseguente aumento di peso (vomito autoindotto, abuso di farmaci lassativi e diuretici, attività fisica esagerata). Il disturbo interessa persone solitamente in sovrappeso, ed è presente nell’1-4% dei soggetti obesi. Sembra che le probabilità di insorgenza del BED aumentino in relazione alla gravità dell’obesità della persona. Inoltre, il disturbo colpisce in prevalenza i giovani, con una percentuale maggiore tra le femmine.
Alla maggior parte di tutti noi capita di incorrere in occasionali abbuffate, e questo non deve essere certo motivo di preoccupazione di insorgenza di BED.
I sintomi del BED sono ben precisi. In particolare, chi soffre di BED è solito abbuffarsi mangiando una grande quantità di cibo rispetto al normale e contemporaneamente avvertire la sensazione di non potersi fermare; oppure consumare frequenti pasti o spuntini nel corso della giornata. I pasti possono essere più o meno consistenti, ma si susseguono in continuazione.
Inoltre, perché si possa diagnosticare un caso di BED, la persona deve presentare tre o più di questi sintomi:
Se ci si dovesse riconoscere in questi sintomi, bisogna prenderli seriamente e il disturbo deve essere curato.
Gli specialisti consigliano di trattarlo sia come forma di obesità che come disturbo alimentare, in quanto le correlazioni biologiche evidenziate nei pazienti affetti da BED sono molto simili a quelle presenti nei pazienti obesi non affetti da BED. Come per l’obesità, si ritiene che alla base della patologia possano esserci fattori genetici.
Si parla spesso di giovani ed alcol, di adolescenti e dell’abitudine tra nuove generazioni a ricorrere alla pratica del bere per sentirsi accettati, membri di un gruppo, per affermare il senso di appartenenza e di condivisone di pratiche, di pensieri e di modi di fare del proprio gruppo.
Negli ultimi anni il consumo di alcolici da parte di giovani di età compresa tra i 13 e i 18 anni è aumentato vertiginosamente tanto da far scattare un vero e proprio allarme:quali possono essere le motivazioni? quali le cause? quali i rimedi? Domande alle quali esperti e studiosi danno risposte diverse.
Per molti giovani bere un bicchiere con gli amici è uno dei piaceri irrinunciabili della vita, è un’occasione per incontrarsi, chiacchierare e scambiarsi idee ed esperienze.
Per altri, invece, bere può essere la causa di numerosi problemi soprattutto se bere non rappresenta più un evento, un’occasione, ma una vera e propria un’abitudine, una routine.
Cosa è.
L’alcol, o alcool, viene chiamato la droga dei poveri perché è più accessibile a tutti.
L’alcool è una sostanza con la quale fin dalle sue origini l’uomo ha avuto una notevole confidenza. Essendo la fermentazione un processo naturale, la scoperta casuale dell’alcool e dei suoi effetti ebbe luogo già nell’antichità. L’uomo dell’antichità attribuì all’alcool un significato soprannaturale e le bevande alcoliche entrarono così a far parte di molti riti religiosi e mentre il vino venne usato per disinfettare le ferite o come base per numerose medicine. Fu a partire dal XIX secolo che, con l’industria delle distillerie, i problemi creati dall’abuso di alcool divennero evidenti in tutta la loro gravità e nel 1852 venne coniata per la prima volta la parola alcolismo.
L’alcool etilico, o etanolo, che tutti chiamiamo alcool, è una sostanza con proprietà psico-attive molto diffusa e contenuta a concentrazioni differenti in diversi tipi di bevande che incontriamo nella vita di ogni giorno.
Esistono bevande a BASSO contenuto alcolico (da 3 a 14 gradi = percentuale di alcol etilico o etanolo – in volume – contenuta in una bevanda) o “fermentate” (il vino, la birra, il sidro, gli spumanti), bevande con gradazione INTERMEDIA (da 15 a 30 gradi), che si ottengono con l’aggiunta di acqua, zuccheri, essenze o erbe aromatiche (gli amari, gli aperitivi) e bevande ad ALTO contenuto di alcool (dai 30 ai 70 e più gradi), i “superalcolici” o “distillati” (il whisky, il gin, la vodka, le grappe, le acqueviti).
In Italia abbiamo una tradizione millenaria di produzione e consumo di alcolici di ogni tipo e il commercio è libero e legale.
Come si ottiene.
Per fermentazione naturale:dalla spremitura dell’uva e di numerosi cereali si ottiene un liquido contenente elevate quantità di zuccheri (glucosio) che per azione dei fermenti vengono trasformati in alcol etilico (non possono avere più di 16 gradi). Dalla fermentazione dell’uva si ottiene il vino, dal luppolo, malto, orzo mescolato con altri cereali si ottiene la birra, dalle mele e pere si ottiene il sidro, da una miscela di acqua e miele si ottiene l’idromele.
Per distillazione:il processo di distillazione consiste nell’estrazione, mediante calore, dell’acqua dai liquidi precedentemente fermentati (le bevande così ottenute sono anche dette super alcolici ed hanno dai 40 ai 50 gradi). Dal vino si ottiene il brandy, dal sidro il calvados, dalle ciliegie il kirsch, dai cereali il gin, il whisky e la vodka, dalla melassa il rhum. I liquori o digestivi:sono miscugli di alcol più o meno diluito con essenze o estratti di piante aromatiche con aggiunta di zucchero o di altri dolcificanti.
Gli effetti dell’alcol.
A seconda della quantità di alcol introdotta si determina una fase eccitatoria caratterizzata da disinibizione, espansività, senso di euforia, iperattività, ridotto autocontrollo, minore capacità di critica e di giudizio, discorsi senza senso e irritabilità, alterazione dei tempi di reazione, della memoria e dell’attenzione. A dosi ancora maggiori si verificano incoordinazione con impaccio nei movimenti e tremori, frasi incoerenti, torpore, confusione, visione doppia, udito ridotto, vertigine, vomito ecc.. Per bevute massicce, non infrequenti tra i giovani specialmente nei week-end, si può arrivare a stato di coma , cioè stato di confusione fino a sonno profondo, respiro rallentato, muscoli flaccidi, riflessi deboli, collasso e, a volte, morte per arresto respiratorio.
L’alcol è la droga più diffusa ed occupa uno spazio importante anche fra le droghe da party. L’alcol,infatti costa poco, è reperibile ovunque, in qualsiasi momento, ed è socialmente accettato..
Per questo l’alcol uccide più persone della droga :consumo eccessivo di alcol, in particolare di superalcolici provoca notevoli danni al sistema nervoso e al fegato, causa gravi pericoli per la salute.
Più o meno la metà degli incidenti stradali mortali e una percentuale consistente dei reati di violenza sono da ricondursi a una coscienza annebbiata dall’alcol.
L’alcol rappresenta, senza dubbio, la sostanza psicoattiva lecita più diffusa nel nostro Paese:è farmacologicamente una droga, se viene usato a lungo dà dipendenza e la sua sindrome di astinenza è molto grave, tant’è che alcuni sostengono che sia più drammatica di quella dell’eroina.
Cosa succede a chi si mette alla guida dopo aver bevuto.
Un consumo eccessivo di alcol ha effetti disastrosi sull’organismo umano ma la capacità di trasformazione e di eliminazione dell’alcol dall’organismo infatti variano da individuo a individuo e questo fenomeno spiega anche perché alcuni soggetti, ad esempio giovani e donne, risultano essere più vulnerabili di altri.
In generale, di seguito viene indicato cosa può accadere a chi si mette alla guida dopo aver bevuto eccessivamente:
• il senso di euforia e di piacevolezza indotto dall’alcol può far sottovalutare le situazioni di pericolo in cui ci si può trovare (es. passare con il giallo ad un semaforo)
• possono essere alterate le capacità di valutazione della distanza di sicurezza da mantenere tra un veicolo ed un altro inducendo a sorpassi azzardati e pericolosi;
• il campo visivo diminuisce, si ha difficoltà a mettere a fuoco e i contorni degli oggetti e delle persone possono essere confusi
• i colpi di sonno diventano frequenti causando la perdita di controllo sulla vettura
A questo punto, tutto ciò a cui riesce a pensare è la droga o l’alcol e come procurarsene. Perde la capacità di controllarne l’uso e semplicemente si rifiuta di prendere in considerazione le tragiche conseguenze delle sue azioni.
Il “Binge-Drinking”:bere fino ad ubriacarsi.
Binge-drinking, letteralmente ubriacatura, sbornia, sbronza è un termine che ha subito una evoluzione etimologica:in passato indicava un periodo di due o più giorni in cui una persona beveva ripetutamente fino all’intossicazione, senza dedicarsi alle attività e ai doveri quotidiani.
Il Binge Drinking è una problematica psico-sociale emergente, definibile come il bere ripetutamente in modo compulsivo fino ad ubriacarsi.
Dunque la persona ingerisce volutamente quantità ripetute di alcol in misura maggiore rispetto alle sue capacità psicologiche e fisiologiche e al contesto nel quale si trova; altro patologico obbiettivo, oltre quello di provare ebbrezza, è quello di arrivare alla ubriacatura completa.
Il binge drinking può manifestarsi quando una donna beve almeno quattro porzioni di alcol e un uomo almeno 5 in una sola occasione.
I bevitori pesanti possono consumare anche 10-15 bevande.
Il binge drinking inizia di solito intorno ai 13 anni e arriva a picchi tra i 18 e 22 anni, per poi scendere progressivamente
Il consumo, quindi, è almeno di 5, 6 bicchieri (e comunque molto al di sopra delle proprie caratteristiche di tolleranza), molte volte in modo quasi consecutivo e rapido, ovvero senza sorseggiare, ma trangugiando l’alcol tutto d’un fiato.
In tal modo non vi è soltanto la pericolosità indotta dalla quantità eccessiva, ma anche quella dovuta alla modalità di ingestione, la quale amplifica l’impatto negativo sulla capacità e sulla salute sia psico-cognitiva, che organica.
A riprova di ciò vi sono recenti studi americani, apparsi su affidabili riviste scientifiche, i quali dimostrano che l’alcol bevuto velocemente ha effetti maggiormente deleteri rispetto alla stessa quantità assunta con più dilazione temporale.
Ulteriori studi hanno posto in evidenza il fatto che bere grosse quantità di alcol in tempi rapidi, in particolare durante ad esempio il fine settimana o comunque in concomitanza di feste o ritrovi, e poi mantenere durante il resto dei giorni sobrietà dagli alcolici, è molto pericoloso in quanto può aumentare gli effetti negativi dei momenti di Binge Drinking ed in generale tale modalità di assunzione può indurre Alcolismo.
Gli episodi di Binge Drinking sono quindi contraddistinti da:
– eccessivo consumo di alcol;
– assunzione di alcol troppo rapidamente;
– bere fino a sentirsi male e ad ubriacarsi;
– bere in compagnia e/o rispetto ad un qualche evento;
<br>conseguenze del Binge Drinking.
Attività quotidiane, amicizie, rapporti affettivi, dinamiche familiari, etc. sono in tal modo letteralmente sconvolte dal Binge Drinking, laddove l’individuo è alla continua ricerca del bere e conseguentemente quasi sempre annebbiato e stordito psico-fisicamente.
Chiaramente oltre che le sfere interpersonali, lavorative, familiari, affettive, etc., viene messa in serio pericolo la propria personale salute psicologica e fisiologica, certe volte con gravissimi rischi, ad esempio alla guida di un’automobile.
Spesso il Binge Drinking si verifica (e prende poi il via) in concomitanza di party, feste di fine corso di studi, eventi musicali o sportivi, serate in discoteca, nelle confraternite, etc.; in altre parole esso è più probabile in situazioni sociali, piuttosto che quando l’individuo è da solo.
Va sottolineato il fatto che le ripetute bevute possono sì avere carattere occasionale, ma purtroppo alcune volte si trasformano in atteggiamento frequente e poi in vera e propria patologia sia fisica che psichica, ovvero in Alcolismo.
Per quanto descritto i sintomi e le problematiche del Binge Drinking sono somiglianti a quelle delle altre dipendenze e possono appunto portare allo sviluppo della Dipendenza da Alcol, con il possibile verificarsi di concomitanti disturbi dell’umore, in particolare depressione, disturbi del sonno e disturbi sessuali.
Possono presentarsi anche problemi di performance cognitive, come problemi di concentrazione, apprendimento e memoria (sia a lungo, che a breve termine), con pericolosi sbandamenti dell’attenzione e vuoti mnemonici non solo nelle attività scolastiche o lavorative, ma anche nelle attività semplici e normali di tutti i giorni.
Vi sono infine una serie di conseguenze fisiologiche con possibili danni epatici, renali e cardiaci.
Simile al Binge Drinking è il cosidetto Binge Eating, ovvero frequenti episodi di abbuffate compulsive (senza successive condotte compensatorie, come ad esempio vomito auto indotto o uso di diuretici e lassativi, come avviene nella Bulimia).
La persona in questo caso perde il controllo sulla quantità di cibo ingerito, abbuffandosi a più riprese durante tutto l’arco della giornata.
I sintomi e i problemi derivanti dal binge drinking somigliano a quelli di altre dipendenze e possono portare allo sviluppo dell’alcolismo, con tutto ciò che ne consegue in termini di disturbi dell’umore, depressione, disturbi del sonno e disturbi sessuali.
I danni del binge drinking includono anche problemi di performance cognitive, come problemi di concentrazione, apprendimento e memoria (sia a lungo, che a breve termine), con pericolosi sbandamenti dell’attenzione e vuoti di memoria, non solo nelle attività scolastiche o lavorative, ma anche nelle attività semplici e normali di tutti i giorni.
Le attività quotidiane, le amicizie, i rapporti affettivi, le dinamiche familiari sono in tal modo letteralmente sconvolte dal binge drinking, in quanto l’individuo è alla continua ricerca del bere, e quindi quasi sempre annebbiato e stordito. Vi sono inoltre una serie di conseguenze fisiologiche con possibili danni del binge drinking di due tipi:renali e cardiaci.
I Danni del Binge Drinking sono Devastanti.
Smetti di Bere e Scegli di Vivere!
Il fumo è penetrato nel costume, nell’arte, nella letteratura, nella musica e soprattutto nel cinema che spesso ne hanno esaltato il suo consumo, persino i personaggi dei fumetti a volte non disdegnano una sigaretta.
Perchè i giovani iniziano a fumare.
La fase dell’adolescenza è un momento particolare della vita di un giovane:caratterizzata dal distacco dall’infanzia, dalla famiglia d’origine e alla ricerca di una propria identità. Il bisogno di individualità, di appartenenza ad una categoria o di un gruppo è molto sentito.
L’identificazione con persone più grandi e la gratificazione di appartenenza ad una categoria (quella dei fumatori) sono motivi sufficientemente importanti nella genesi di inizio dell’abitudine al fumo.
In che cosa sono diversi i ragazzi che fumano dai loro coetanei che non fumano?
E’molto probabile che un ragazzo diventi fumatore se entrambi i suoi genitori fumano. Per le ragazze l’influenza familiare preponderante è quella della madre.
Se i figli sono ribelli e i genitori fumano, c’è una buona probabilità che essi non li imitano.
Ed è vero l’opposto:i figli che ammirano i genitori tendono ad imitarne le abitudini:se i genitori fumano anche i figli fumeranno. Diversamente non fumeranno neanche loro.
L’influenza degli amici è molto potente:l’adolescenza è un periodo in cui il ragazzo è intento a ridurre lo stato di dipendenza dalla famiglia e dai genitori per passare a dipendere da altre persone e coetanei.
I ragazzi che fumano tendono ad avere amici fumatori. E’vero anche l’opposto:i non fumatori si raggruppano.
I ragazzi che fumano in genere non hanno molta stima di se stessi, sembrano aver paura “ di non farcela”.
I ricercatori ritengono che il fumo, per questi giovani serva da compenso in quanto non si sentono all’altezza degli altri compagni.
I ragazzi che fumano soffrono veramente di maggiori disturbi fisici e sono più ansiosi dei non fumatori:si vedono come gente annoiata in cerca di emozioni.
Non sono soddisfatti dell’età che hanno, vogliono apparire più vecchi; perciò si comportano in modo che immaginano essere quello degli adulti:fumano, bevono e prendono atteggiamenti da ragazzi più grandi.
Per questo motivo manifestano i loro istinti aggressivianche a costo di apparire impopolari.
I fumatori, in genere, vanno peggio dei loro coetanei a scuola , il loro rendimento è decisamente inferiore.
Alcuni giovani incominciano a fumare tarda età, ad esempio, durante gli studi universitari, il servizio militare, o quando cominciano a lavorare:vi sono diverse spiegazioni possibili, ma la principale sembra essere che quando si comincia a fumare da adulti, lo si fa come reazione ad uno stress.
Quasi certamente fra i fumatori e i non fumatori, le differenze psicologiche, influiscono più degli aspetti sociali.
Alcuni studi indicano che i fumatori si dilettano maggiormente a guardare la televisione e i film e sono più attivi negli sports.
Il football e altri sport a squadre probabilmente attraggono di più i fumatori che sono più socievoli, mentre il nuoto e il tennis piacciono maggiormente ai non fumatori.
Vi sono chiare prove che i fumatori sono più nevrotici dei non fumatori. Lo stato nevrotico viene definito oltre che dall’ansia, dal nervosismo e da un’insolita irrequietezza che, in alcuni, si estrinseca in frequenti cambiamenti di impiego e di residenza.
Più una persona è nervosa e soggetta a turbe emotive, più è attratta dal fumo.
Nei fumatori esiste un legame fra lo stato di tensione emotiva e la sensazione di desiderio localizzato nel torace, desiderio che viene soddisfatto con l’aspirare il fumo, reazione che i ricercatori hanno chiamato “Erotismo polmonare”, cioè una irritazione deliberata dei polmoni per calmare il petto in tumulto.
Cosa c’è in una sigaretta.
Non è solo tabacco quello che si fuma, la sigaretta contiene infatti anche:
– Nicotina
– Monossido di carbonio
– Sostanze Irritanti
– Sostanze cancerogene
La NICOTINA aspirata raggiunge in otto-dieci secondi il cervello, dove stimola la liberazione di dopamina e adrenalina che danno un effetto di lieve stimolazione ed euforia fisica e mentale. L’effetto eccitante di lieve euforia rappresenta un meccanismo di rinforzo motivazionale che spinge ad accendere un’altra sigaretta per mantenere costante il livello di nicotina nell’organismo.
La nicotina agisce (per la sua specifica azione, comune a tutte le altre droghe e all’alcol) sui circuiti nervosi che sovraintendono ai meccanismi della ricompensa e del piacere. La sua azione sugli organi periferici determina aumento della frequenza cardiaca, pressione arteriosa, motilità intestinale ecc. La nicotina induce dipendenza e viene oggi riconosciuta, al pari di oppiacei, cocaina, alcol e allucinogeni, tra le sostanze psicoattive in grado di indurre dipendenza fisica e psichica.
Il MONOSSIDO DI CARBONIO è un gas asfissiante che deriva dalla combustione incompleta del tabacco.
In seguito all’aspirazione di monossido di carbonio il sangue è meno ossigenato, c’è quindi minor nutrimento per i tessuti, il che provoca:ingiallimento della pelle, indebolimento dei capelli, invecchiamento precoce, ridotto rendimento muscolare.
Le SOSTANZE IRRITANTI causano accumulo di secrezioni nei bronchi, e questo favorisce il ristagno di agenti infettivi e sostanze irritanti e cancerogene.
Sono responsabili perciò di bronchite cronica, enfisema polmonare, asma bronchiale e cancro polmonare.
SOSTANZE CANCEROGENE
Il catrame generato dalla combustione della sigaretta è composto a sua volta da centinaia di sostanze ad effetto cancerogeno sull’apparato respiratorio, sul cavo orale, sulla gola, sulle corde vocali e anche su organi di altri apparati quali quello digerente e urinario. Immediato effetto del catrame è il colore giallo dei denti, il gusto di amaro in bocca e l’irritazione alle vie respiratorie.
Perchè si fuma?
Non c’è un vero motivo per cui i giovani iniziano a fumare, solitamente si inizia:
– per provare, per curiosità
– per imitazione degli altri (genitori, fratelli, amici, adulti, personaggi celebri dello spettacolo che fumano)
– per essere accettati dal gruppo di amici
– per sentirsi adulti
– per trasgredire a regole imposte dagli adulti
– perché si pensa di poter smettere in qualunque momento
Si continua a fumare perché:
– il fumo provoca dipendenza fisica e psicologica
– per essere stimolati:il fumo viene usato come mezzo per “caricarsi”
– per rilassarsi:il fumo viene usato come mezzo per “scaricarsi”
– per gestualità:la sigaretta per “tenere occupate le mani”
– perché piace, e smettere sembra privarsi di un “piacere” irrinunciabile
– si sottovalutano i danni alla salute provocati dal fumo
Rischi per la salute.
Il problema è che la persona che inizia a fumare non ha la percezione dei rischi alla salute in quanto questi vengono percepiti come possibili problemi di un futuro lontano, inoltre è convinta di poter smettere quando vuole perché viene sottovalutata la dipendenza generata dalla nicotina. Il fumo di sigaretta viene considerato un vizio, i fumatori dicono:”E’ un vizio che in qualsiasi momento posso abbandonare”. In realtà non è così, il fumo di sigaretta non è un vizio e non è un’abitudine, ma una tossicodipendenza.
Diventare un fumatore è una scelta che spesso non nasce da reali motivi, addirittura spesso non è una scelta, cioè si inizia tanto per provare, e poi ci si ritrova a essere dipendenti senza neanche accorgersene, e la vita senza sigarette sembra privata di un momento di piacere, di sicurezza e di prestigio. Forte è anche la dipendenza psicologica, che caratterizza il fumatore per il quale il tabacco è “l’amico” senza la compagnia del quale sembra impossibile vivere determinate situazioni e circostanze.
Si inizia a fumare principalmente per sentirsi all’altezza degli altri, per dividere con altre persone un rituale, per sentirsi più sicuri, per personale affermazione o perché si pensa di riuscire a migliorare le proprie prestazioni psichiche. Per continuare a fumare si è disposti a credere che lo smettere possa farci stare male e che ci provocherebbe inutili ed evitabili sofferenze.
E poi si fuma perché il fumo è un comportamento socialmente accettato e anzi talvolta mantiene, anche se in misura inferiore rispetto al passato, connotazioni positive del tipo che… fumare è…
– un comportamento proprio degli adulti, quindi considerato dai giovani come un segno di indipendenza, di autonomia, allore per un giovane fumare viene visto come “diventare adulto”;
– le donne vedono nell’atto di fumare l’affermazione dell’emancipazione femminile;
– l’atto del fumarsi una sigaretta viene associato a momenti piacevoli come mangiare, bere, divertirsi con gli amici;
– viene visto come uno strumento che facilita i rapporti sociali:avere una sigaretta in mano può dare un’immagine di maggior sicurezza di sé.
Gli interessi economici fanno il resto, e guarda caso dovunque ti giri ti ritrovi a vedere gente che fuma:nelle pubblicità, nei film, anche nei fumetti. E ovviamente nei film mica ti fanno vedere il tipo che ha un attacco d’asma; loro ti fanno vedere il macho che gode di ottima salute e si fuma la sua paglia come se fosse la cosa più buona del mondo, oppure la donna bellissima, spesso in carriera, che si accende la sigaretta prima di una riunione. E lei non ce li ha i denti gialli e il colore della pelle verdognolo, in compenso però ha 12 truccatori!!!
Essendo elevata la mortalità fra i fumatori, oltre al numero di persone che riescono a smettere, i produttori devono cercare di reclutare sempre nuovi clienti e devono tenere vivo il vizio del fumo nei fumatori. L’industria del tabacco ha costi elevati e spende ogni anno miliardi per la pubblicità senza mai alludere però ai danni e alle conseguenze per il fumatore. Inoltre lo Stato da una parte sostiene la campagna contro il fumo, dall’altra continua a incassare le tasse sul tabacco e a sostenere finanziariamente le coltivazioni europee.
E se voglio smettere?
Smettere di fumare non è un percorso uguale per tutti, dipende da diversi fattori tipo:da quanto tempo fumi, quante sigarette fumi al giorno ecc.
Alla decisione di smettere di fumare si arriva per diversi motivi:
Salute:Si percepisce nel fumo un pericolo per il proprio stato di salute; questo avviene perchè, ad esempio, emergono o si acutizzano sintomi fisici legati in qualche modo al fumo (respiratori, cardiovascolari, etc).
Autostima:Ci si rappresenta come inaccettabile (anche agli occhi dei figli o del partner) la schiavitù dal tabacco; una dipendenza che non gradiamo.
Estetico:Alcuni ‘disturbi’ del proprio aspetto sono spesso sgraditi, specialmente da parte delle donne:il puzzo di fumo dell’alito, degli abiti; la pelle del viso o delle dita giallastra, etc
Economico:Il costo del fumo può diventare un problema anche dal punto di vista del bilancio personale o familiare.
I dieci consigli degli esperti per smettere di fumare:
1. Smettere di fumare è possibile:il 90% degli ex fumatori ha smesso senza bisogno di aiuto
2. Il desiderio impellente della sigaretta dura solo pochi minuti e non è troppo difficile adottare strategie per distrarsi come bere un bicchiere d’acqua, fare una passeggiata, chiacchierare con qualcuno, masticare una gomma o una caramella senza zucchero
3. Già dopo 20 minuti dalla cessazione del fumo si hanno i primi effetti benefici
4. Le prime 24 ore dall’ultima sigaretta sono le più difficili. I sintomi dell’astinenza, più intensi nei primi 4 giorni, tendono ad attenuarsi dalla prima settimana al primo mese. Invece, le sensazioni di malessere (come affaticabilità, irritabilità, difficoltà di concentrazione, aumento dell’appetito, ecc.) possono persistere anche per alcuni mesi
5. Non tutti ingrassano quando si smette di fumare e comunque l’incremento di peso è moderato (2-3 chili). Se non si vuole rischiare, è sufficiente cambiare gradualmente le proprie abitudini alimentari, riducendo la quantità di cibo per pasto
6. Quando si smette di fumare è bene bere abbondantemente, aumentare il consumo di frutta e verdura e muoversi di più
7. Se non si riesce a smettere da soli è utile consultare il medico di famiglia, il farmacista o i servizi specialistici (oltre 200 sul territorio nazionale)
8. Il sostegno psicologico di operatori specializzati, di persona e telefonico, facilita la decisione al cambiamento e aiuta a rafforzare le motivazioni. Le terapie di gruppo aggiungono alle strategie cognitive e comportamentali la condivisione dei problemi e delle motivazioni con altri fumatori
9. Alcuni farmaci come i sostitutivi della possono aiutare i fumatori ad astenersi e ad alleviare i sintomi di astinenza
10. Le ricadute non devono scoraggiare. Possono essere utili per riconoscere e affrontare i momenti critici.
Cercare sensazioni piacevoli, alleviare i malesseri, superare le difficoltà, spingersi oltre i propri limiti fisici, psichici e mentali:questi atteggiamenti e comportamenti sono comuni a tutti noi.
Alcune persone però cercano di raggiungere questi effetti ricorrendo a sostanze che alterano piacevolmente lo stato di coscienza e danno la momentanea illusione di superare le difficoltà e di avere accesso a nuove grandiose potenzialità.
Droga, una parola entrata nel linguaggio quotidiano di giovani che fanno ricorso all’utilizzo di sostanze stupefacenti per poter “scappare” dalla realtà, per poter provare nuove emozioni, sensazioni attimi di adrenalina…
Droga, una parola sempre più spesso associata al divertimento e meno al pericolo ed alla consapevolezza di essere alle prese con uno strumento che può avere conseguenze gravi e addirittura irreparabili sull’organismo di chi ne fa uso.
Provare queste sostanze una volta non vuol dire automaticamente “essere drogati”. Il rischio però è quello di prendere per buona l’illusione di aver trovato la soluzione per i propri problemi, e di non attivarsi in nessun altro modo per risolverli.
Nessuno pensa di rischiare di diventare dipendente da una sostanza, tutti pensano di farne un uso “controllato” e di poter rimanere padroni della propria vita.
Questo purtroppo non è mai vero. Qualsiasi sostanza crea almeno una forte dipendenza psicologica per il semplice fatto che non è facile fare a meno di qualcosa che sembra ci dia una soluzione “magica” ed immediata.
E’ necessario conoscere la verità delle cose.
Termini come crack, lsd, smart drugs, cocaina, ecstasy….possono essere confusi, i rischi e pericoli derivanti dal l’utilizzo di tali sostanze possono essere sottovalutati o peggio ancora, sconosciuti. Le informazioni che troverai leggendo le pagine del nostro sito internet vogliono aiutarti a comprendere e ad acquisire maggiore consapevolezza sul mondo della droga, sulle normative che la disciplinano, sulle conseguenze giuridiche e penali, nonché sui rischi di trasmissione di malattie anche mortali.
Quali sono le droghe:
– Cannabis
– Cocaina e Crack
– Ecstasy
– Eroina
– Allucinogeni:Lsd, Mescalina, Ketamina e Pcp
– Smart drugs
– Steroidi anabolizzanti
Come accorgersi se una persona fa uso di droghe
Quando una persona comincia a fare uso di droga, solitamente tiene un comportamento che non da adito a preoccupazioni nelle persone che gli sono vicine e che gli vogliono bene. Durante le prime settimane, lui è convinto che sia solo un’esperienza e che smetterà subito.
Man mano che la dipendenza comincia a far parte della sua vita, la persona inizia ad avere sbalzi di umore e/o di comunicazione molto ben individuabili in quanto non da più importanza alla sua immagine, comincia ad avere lo sguardo perso, qualsiasi cosa succede o gli viene chiesta, non è importante per lui e comincia a tenere un atteggiamento da antagonismo nei confronti delle persone a lui care. Deve difendersi per non “farsi scoprire”. La persona che comincia a far uso di droghe, sa che è sbagliato quello che sta facendo e non vuole che si venga a sapere. Per mantenere questo segreto, comincia a chiudersi sempre più in se stessa. Il suo mondo comincia a riempirsi di bugie. “L’unica maniera” per far sì che nessuno sappia quello che sta accadendo nella sua esistenza.
Comincia quindi ad abbandonare gli amici di sempre, prova sempre meno interesse nelle cose che ha sempre fatto e, pian piano, sarà sempre meno presente nell’ambito familiare:le scuse possono essere tantissime “sono stanco”, dite sempre le solite cose che non mi interessano”, “sto attraversando un periodo in cui ho bisogno di stare solo”, “ho litigato con la ragazza”.
Se la persona frequenta la scuola, la sua applicazione verso lo studio diminuisce, comincia a marinare le lezioni, il profitto diventa scarso.
I sintomi fisici di chi fa uso di droghe.
Nella persona che fa uso di hascisc o marijuana, gli occhi sono arrossati e lucidi, ha sempre un sorriso ebete sulle labbra, è assente nei discorsi. Prova un immenso piacere per i dolci. Sarà molto isolato, immerso nei suoi “viaggi”. Una persona che fa uso di eroina, metadone e morfina, ha le pupille “a spillo”, con gli occhi molto lucidi. Una caratteristica di queste droghe è che la persona si gratta continuamente in varie parti del corpo. Tende ad addormentarsi ogni qualvolta si trova a leggere, a guardare la televisione o semplicemente quando non sta facendo niente.
Perde l’appetito e beve molti liquidi. Un altro sintomo, specialmente all’inizio della dipendenza di questa droga, è il vomito.
Chi fa uso di eroina e morfina dimagrisce a vista d’occhio.
Questo è dovuto principalmente alla droga che sta assumendo per la mancanza di appetito che provoca.
La persona che usa metadone, in molti casi tenderà gonfiarsi:questa è una caratteristica della droga chimica. La persona si gonfia, non ingrassa.
Una persona che fa uso di cocaina o di anfetamina ha sbalzi di umore molto veloci. Può passare da uno stato di iperattività e di euforia ad uno stato di abulia, in maniera così veloce da lasciare attonita la persona vicina a lui.
I suoi occhi sono molto lucidi, e quasi spiritati. Parla in continuazione e in moltissimi casi ha labbra e lingua molto pallidi. Muove la bocca in continuazione, come se stesse masticando anche se non ha nulla in bocca. I consumatori di queste droghe solitamente smettono di mangiare regolarmente; piluccano solo pochissimi cibi e non dormono la notte, salvo cadere in un sonno profondo dopo alcune notti passate insonni. Solitamente questo succede quando arriva il “down”.
Le persone che fanno uso di allucinogeni, solitamente fanno il “viaggio” in ambienti dove nessuno li può vedere. Questo perché solitamente il “viaggio”, porta la persona fuori dal tempo presente, in una dimensione che non è quella attuale, fatta di colori, suoni e movimenti indotti dalla droga assunta. Una persona in questo stato, difficilmente percepisce quanto avviene attorno per cui non riuscirebbe a fare un discorso sensato con una persona normale.
Le persona che fanno uso di queste droghe, tendono comunque a chiudersi molto in se stesse:la loro comunicazione si interrompe, non trovano più niente di interessante in ciò che li circonda, tendono a stare isolate o con altre persone che fanno uso dello stesso tipo di droga. Hanno uno sguardo perso nel nulla.
Cosa si può fare.
Centri e comunità specializzate aiutano a rimuovere il desiderio, l’ossessione delle droghe, eliminando tutte le droghe dal corpo.
Questi programmi si svolgono sotto il controllo di medici e specialisti.
Il programma è efficace se aiuta a risolvere il problema trovato in origine ed è capace di rimuovere le ragioni per cui la persona ha cominciato a drogarsi.
Normativa.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S. World Health Organization) definisce il termine “Droga” qualsiasi sostanza che, introdotta in un organismo vivente, può modificarne una o più funzioni in quanto provoca alterazioni della percezione della realtà e/o dello stato di coscienza.
La droga è un veleno in grado di incidere sulle prestazioni e/o capacità psico-fisiche, ma non tutta la droga è uguale. Sino a pochi anni fa era possibile fare la differenza fra droga in senso ristretto (droga pesante o leggera) e droga in senso largo che comprende tutte le sostanze che possono creare dipendenze (fumo, alcol, farmaci, lavoro, ….).
Dal 2006, a seguito delle novità introdotte dal decreto legge che contiene “Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi” approvato in via definitiva l’8 febbraio 2006 dalla Camera dei Deputati, sono state previste nuove sanzioni amministrative per chi fa uso di stupefacenti nella quantità considerata “ad uso personale”. (ritiro patente, del passaporto o del permesso di soggiorno per gli stranieri), pene dai 6 ai 20 anni per traffico e spaccio di droga e abolizione della distinzione tra droghe leggere (come Marijuana, Cannabis, Hashish) e droghe pesanti (come cocaina, eroina).
Il Decreto legge introduce quindi novità anche in merito alle quote di stupefacente considerate ad uso personale
1000 milligrammi per cannabis
750 milligrammi per cocaina
250 milligrammi per eroina
750 milligrammi per MDMA (ecstasy)
500 milligrammi per amfetamina
150 microgrammi per Lsd
Si definiscono droghe (stupefacenti) le sostanze, siano essere di origine vegetale o sintetizzate chimicamente, che alterano il comportamento dell’individuo e che provocano effetti assai gravi sull’attività cerebrale, fisica ed emotiva. Un doppio effetto, quindi, quello a livello biologico e quello psicologico, che poi coinvolge inevitabilmente anche il livello sociale.
L’inadeguato utilizzo della Rete può indurre in una situazione di dipendenza psicologica con conseguenti danni psichici e funzionali per il soggetto.
I principali sintomi di tale patologia sono:
1. bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione;
2. marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano Internet;
3. sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell’uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line, classici sintomi astinenziali;
4. necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati rispetto all’intenzione iniziale;
5. impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l’uso di Internet;
6. dispendio di grande quantità di tempo in attività correlate alla rete;
7. continuare a utilizzare Internet nonostante la consapevolezza di problemi fisici, sociali, lavorativi o psicologici recati dalla rete.
Con il passare del tempo l’ individuo diviene dipendente dalla rete con conseguente perdita delle relazioni interpersonali, modificazioni dell’umore, alterazione del vissuto temporale, cognitività completamente orientata all’utilizzo compulsivo del mezzo.
Con un utilizzo assiduo e sproporzionato dei Social Network molte persone mostrano segni sempre più seri ed invalidanti di dipendenza, con sintomi comuni ad altri tipi di dipendenza da sostanze come:
di tolleranza (assuefazione), ovvero la necessità di stare collegati e/o aggiornare i contenuti personali della propria pagina sempre di più ad ogni nuova connessione per raggiungere la medesima sensazione di appagamento;
sintomi di astinenza, cioè la sperimentazione di intensi disagi psico-fisici nel caso non ci si colleghi per un certo periodo tempo;
ed infine sintomi di Craving, ovvero la presenza sempre maggiore di pensieri fissi e di forti impulsi verso come e quando connettersi.
La dipendenza dai Social Network sembra essere dovuta al forte senso di sicurezza, di personalità e di socialità (in una società sempre meno connotata dai contatti sociali) che tale forma di siti sono in grado di fornire.
In realtà tutte queste dinamiche psico-emotive personali ed interpersonali si basano su qualcosa di virtuale, dando in tal modo sicurezze ed autostima fittizie, ben presto raggiunte da pericolosi sintomi di dipendenza, isolamento sociale e conseguente menomazione delle principali sfere vitali come quelle lavorativa, familiare, sociale, affettiva, etc.
A tutto questo si aggiunge la competizione che si instaura tra gli utenti dei Social Network ad avere più amici che si associano alla propria pagina personale; ciò provoca una distorsione del senso dei veri rapporti amicali e a sua volta una vera e propria dipendenza da amicizia o amicodipendenza, laddove non si riesce più a staccarsi dal web alla compulsiva ricerca di nuove condivisioni e al controllo di possibili richieste o messaggi da nuovi possibili amici.
Ulteriori conseguenze deleterie derivanti da questa dipendenza da amicizia sono la formazione di giudizi personali ed interpersonali sulla base del numero di amici aggregati alla propria pagina, spingendo ancor di più verso l’iper utilizzo dei Social Network e la dipendenza da essi stessi.
Per quanto fin qui detto Facebook e gli altri Network sociali “funzionano” mascherando le personali ansie, preoccupazioni, sbalzi d’umore e il proprio senso di disistima e di solitudine.
In tal modo le richieste di nuove amicizie risultano quasi un riempimento, una conferma e/o un rafforzamento del proprio ego.
La Dipendenza da videogiochi come ogni altra dipendenza, vincola il soggetto a dedicare ingenti quantità di tempo ed energie ai videogames compromettendo l’ambito scolastico, relazionale e fisico. La dipendenza da videogiochi comporta i fenomeni di tolleranza ed astinenza, ovvero il soggetto e costretto ad aumentare progressivamente le “dosi” di tempo passato a giocare per ottenere il livello di eccitazione desiderato mentre l’astinenza comporta una serie di sintomi psico-fisici ( irrequietezza, agitazione, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno e dell’umore, pensieri ossessivi riferiti ai videogiochi ecc..) che si manifestano quando il soggetto è impossibilitato a giocare.
Le principali conseguenze dovute alla dipendenza da videogiochi possono riguardare:
Anche un uso improprio o prolungato del televisore, a lungo andare, produce effetti effetti deleteri sulla psiche di giovani particolarmente fragili e suscettibili a tale tipo di influenza, producendo sintomi di astinenza alla pari di altre dipendenze.
Di seguito vengono descritti alcuni comportamenti che devono far sospettare di essere in presenza di teledipendenza.
Principali segni di teledipendenza:
Lo shopping compulsivo, o sindrome da acquisto compulsivo, rappresenta un disagio psicologico e comportamentale caratterizzato da una tendenza a manifestare vere e proprie crisi di acquisto, da un impulso irrefrenabile, di comprare soprattutto oggetti inutili e non indispensabili che, frequentemente, non si collegano ai gusti dell’acquirente e che sono spesso al di sopra delle sue finanze.
Nella maggior parte dei casi gli acquisti vengono buttati, regalati o comunque mai utilizzati.
Si è riscontrata la presenza di vere e proprie crisi d’astinenza, che sono uno dei segnali per il riconoscimento del disturbo, e la tendenza del soggetto a nascondere i prodotti acquistati similmente a quanto viene fatto dai tossicomani con la sostanza.
I compulsive buyers, ovvero compratori compulsivi, descrivono spesso delle sensazioni e delle emozioni contraddittorie provocate sia dalle caratteristiche dei prodotti, che dal loro stato interiore.
Durante l’acquisto è presente uno stato di tensione e di benessere che presto, però, si tramuta in un senso di colpa e vergogna.
Il gioco d’azzardo patologico è una forma di comportamento compulsivo, in cui l’individuo mostra una crescente dipendenza dal gioco, aumentando la frequenza e il tempo passato a giocare, accompagnato dalla spesa di ingenti quantità di denaro, spesso al di sopra delle proprie possibilità, mirata al guadagno e al recupero delle perdite. Il gioco d’azzardo si accompagna spesso ad altre patologie, quali altre dipendenze o disturbi affettivi.
Il GAP ha una lenta e graduale evoluzione caratterizzata da diverse fasi:
Il giocatore patologico mostra un coinvolgimento totalizzante in questa pratica, tralasciando in maniera sempre più evidente gli altri aspetti della vita quotidiana e mettendo a repentaglio relazioni significative sul piano personale e professionale.
Il soggetto dipendente non è in grado di porre un freno all’impulso di giocare e
* necessita di somme di denaro sempre maggiori da investire;
* spende gran parte del proprio tempo ad escogitare e a pianificare nuovi metodi da utilizzare nelle giocate;
* è irritabile e aggressivo quando tenta di ridurre il tempo passato a giocare, sperimentando una vera e propria crisi di astinenza dal gioco;
* mente a familiari e ad altre persone significative riguardo la sua attività e spesso, per procurarsi il denaro, commette azioni illegali come frode e furti o chiedendo prestiti ingenti per far fronte ai debiti di gioco.
Da ciò consegue la necessità di giocare sempre più spesso, aumentando le somme giocate per raggiungere il grado di euforia desiderato.
Un comportamento, questo, dovuto all’insorgere di una condizione di tolleranza, come accade nella dipendenza da sostanze stupefacenti.
Le perdite tentano di essere recuperate con ulteriori giocate che, spesso, portano ad ulteriori perdite fino ad innescare un circolo vizioso.
Il giocatore compulsivo
* riporta uno stato di ansia e nervosismo, insieme a frequenti alterazioni dell’umore, sperimentando sensi di colpa;
* è incline ad atteggiamenti superstiziosi e tende a distorcere la realtà;
* ha sentimenti di onnipotenza e si sente perseguitato.
Gli effetti, a livello fisico, si manifestano nell’alterazione delle abitudini alimentari, cefalea, disturbi del sonno e uso di altre sostanze stupefacenti.
Inoltre, il copioso dispiego di denaro provoca danni economici rilevanti insieme a danni morali, sociali e problemi connessi alla sfera lavorativa.
Sono molto molto, molto arrabbiata d’una rabbia fredda, lucida, razionale.
Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza.
Oriana Fallaci
“Chiunque può arrabbiarsi:questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto:questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile”.
Aristotele
La rabbia è un’emozione tipica che accompagna da sempre tutti gli esseri umani:chi di voi non è diventato almeno una volta verde dall’ira? La collera esordisce sin dalla prima infanzia, pensiamo al bambino che non è coccolato dalla mamma e che ha come reazione il pianto che equivale allo sfogo della rabbia.
Sostanzialmente quest’emozione rappresenta la reazione ad un limite ed esprime il bisogno vitale di affermare il proprio Io.
Ma perché ci arrabbiamo? Difficile crederlo, ma la rabbia è funzionale alla nostra sopravvivenza: l’ira è come il dolore o come la paura, un campanello d’allarme che trilla quando qualcosa di nocivo ci sta accadendo. Un messaggio d’allerta che avvisa il nostro organismo di qualche minaccia:una reazione che permette di attaccare, diciamo così, chi ci attacca.
L’emozione rabbia è inclusa, con il nome d’ira, tra i sette vizi capitali, ma anche il pensiero buddista, a tal proposito, ha un punto di vista interessante.
Nel testo “Emozioni Distruttive”, scritto a quattro mani dal Dalai Lama e Daniel Goleman, vengono presentati i ‘tre veleni’:la rabbia, il desiderio e l’illusione.
Le digressioni circa le possibilità di contenimento della rabbia sono molteplici e risentono degli orientamenti di pensiero e delle prospettive teoriche per quanto concerne una possibilità di trattamento dal punto di vista psicoterapeutico. La rabbia, in quanto emozione permette di identificare una chiara origine funzionale, antecedenti specifici e caratteristici, manifestazioni espressive, modificazioni fisiologiche.
Da un punto di vista evolutivo, la socializzazione alle emozioni è precoce e, nel caso specifico, agisce in senso repressivo:non è socialmente gradita l’espressione della collera. Tale condizionamento alla repressione è così determinato che, spesso, molte persone sviluppano un vero e proprio timore circa un’esplosione della rabbia che tentano di sedare. La rabbia, anche nelle sue manifestazioni più lievi di irritazione e fastidio, è l’emozione che più di ogni altra si cerca di controllare sia all’interno del proprio vissuto che nelle sue manifestazioni osservabili.
Nel 1990, lo psicologo Sternberg ritiene di aver identificato chiare manifestazioni di rabbia nell’espressione del volto e nelle vocalizzazioni in bambini di appena 4-7 mesi.
Una delle cause prototipiche della rabbia si riferisce al presentarsi di un ostacolo che impedisce il soddisfacimento di un obiettivo; maggiore è la motivazione che orienta le persone alla meta, maggiore sarà la frustrazione e la conseguente reazione sperimentata.
Ogni persona reagisce alla rabbia in modo diverso:c’è chi la reprime e chi invece la manifesta con tutta la sua forza.
Ma inghiottire la rabbia fa male, gridarla anche.
Entrambi i comportamenti non sono funzionali al nostro benessere psicologico:reprimere le manifestazioni d’ira è nocivo alla salute psicofisica:depressione, problemi psicosomatici come l’ulcera e l’emicrania possono colpire i troppo accomodanti. Chi invece esprime la rabbia, al di là dello sfogo catartico entro poco tempo, si trova ad affrontare grossi disagi relazionali. Soprattutto se a scatenare l’emozione sono conflitti con genitori, partner, e colleghi; di solito, più è intensa la relazione, più violenta è l’aggressività che si scatena nei contrasti.
Come tutte le emozioni, anche la rabbia non è mai giusta, o sbagliata:bisogna prendere atto che c’è, e soprattutto comprenderla per gestirla al meglio.
Il primo passo è ascoltarla bene:cerchiamo di capire davvero perché siamo arrabbiati. Perché un’automobile che ci impedisce di uscire dal parcheggio ci fa diventare folli di rabbia? Certamente è una cosa che infastidisce ma, a meno che non stiamo vivendo una situazione di emergenza, non costituisce certo una minaccia alla nostra sopravvivenza.
Come suggerisce il Dott. Mastronardi “In realtà spesso la rabbia viene scatenata dalle nostre interpretazioni delle azioni dell’altro, dai significati simbolici che vi attribuiamo”. Ad es. posso cominciare a pensare che il proprietario dell’auto che mi ostacola non ha alcun rispetto per me, non ha pensato affatto al fastidio che mi poteva arrecare, che è un prepotente, ecc.
Questa catena di pensieri, che spesso si susseguono in modo automatico e inconsapevole, non fa altro che far aumentare la mia rabbia, per cui quando finalmente arriva il proprietario dell’automobile io sono pronto ad entrare in colluttazione con lui, con tutte le conseguenze negative del caso”.
Una volta che ci siamo posti queste domande, e abbiamo cercato di darvi una risposta, possiamo effettivamente decidere se è il caso di manifestare o meno la nostra rabbia, e soprattutto in che modo manifestarla. Nel caso avessimo deciso che è il caso di manifestare la nostra rabbia e abbiamo chiaro in mente come farlo, è importante valutare i costi e i benefici (a breve e a lungo termine) di questa nostra manifestazione. Quindi, chiediamoci ancora:Che cosa guadagnerò comportandomi in questo modo? Che cosa potrò perdere? Esistono dei mezzi migliori per ottenere ciò che desidero? Spesso dopo esserci posti tutte queste domande la rabbia sarà svanita da sola e noi avremo trovato altre soluzioni per far valere le nostre ragioni, altre volte invece rimarremo convinti della giustezza dei nostri sentimenti e riusciremo ad esprimere la nostra rabbia nella maniera più adeguata ed efficace.
In America sono moltissimi i manuali e i corsi per imparare a domare l’Hulk che si agita in ognuno di noi. Robert Puff è uno psicologo che lavora da diversi anni sulla “gestione della collera”, la cui paradossale filosofia è “Incavolatevi con gentilezza!”.
Di seguito alcune delle tecniche di controllo della rabbia che egli utilizza: Esercizi isometrici per scaricare la rabbia:il fine di questi esercizi è far sviluppare tensione ai muscoli senza però generare movimento. Quando ci troviamo di fronte a qualcuno che ci sta facendo arrabbiare possiamo pressare il piede contro il pavimento o contrarre la muscolatura della coscia. Ottima anche, sempre secondo Puff, la tecnica dell’ hand-squeezing:mano dietro la schiena, e poi, lentamente, distendete e chiudete a pugno le dita.
– Scrivere:anziché urlare la nostra rabbia scriviamo una lettera dove ci sfoghiamo. Alla fine della lettera la rabbia sarà svanita da sola e magari potremmo anche aver trovato la migliore soluzione per far valere le nostre ragioni. Poi decidete voi se stracciare lo sfogo o spedirlo!
– Sfogarsi allo specchio:quando avete voglia di sfogarvi con qualcuno con cui avete avuto da ridire andate allo specchio ed esprimete anche con parole pesanti ciò che pensate. Parlate con tutta sincerità e fatelo anche nei giorni seguenti, ogni volta che vi sentite assalire dalla rabbia.
– Qualcuno per litigare:quando sentite la rabbia che sale e vorreste qualcuno con cui litigare andate in una stanza dove nessuno può sentirvi e vedervi e fate fisicamente tutto quello che desiderate: prendete a pugni un cuscino, sbattete le mani sul materasso come se voleste far uscire la polvere, saltate, insomma sfogate fisicamente la vostra rabbia nel modo che sentite più opportuno.
– Utilizzate lo sport:per sfogare la rabbia è utile anche fare sport, non uno in particolare, quello che si preferisce, l’importante è che ci permetta di distrarci e di scaricare la tensione.
– Energia e soddisfazione:se la rabbia è uno stato costante è efficace fare qualcosa che dia soddisfazione e che piaccia:incontrare amici, leggere, dipingere, scrivere, ascoltare musica. E’ fondamentale che l’attività scelta procuri benessere così da contrastare lo stato di malessere legato alla rabbia.
Cosa fare invece quando la rabbia da gestire non è la nostra, ma quella di chi ci sta di fronte? Alcuni dei metodi che possono essere utilizzati per disinnescare la rabbia dell’altro sono:
– Chiarire subito il problema:spesso è istintivo reagire ad un atteggiamento rabbioso con il contrattacco, ma è poco probabile che ciò abbia una qualche utilità. Se riusciamo a mantenere la calma e capire quali possono essere state le cause della rabbia dell’altro.
– Calmare l’altro:si può ridurre la rabbia dell’altra persona insistendo sul fatto che essa ci impedisce di vedere il problema e di aiutarlo a risolverlo:mantenendo la calma aiuteremo chi ci sta di fronte a riconoscere l’inopportunità dei suoi scoppi di rabbia.
– Distrarre l’attenzione:molte persone al culmine di un accesso d’ira si possono calmare se spostano l’attenzione altrove. Ad es. si può cambiare argomento, usare con giudizio l’umorismo, ecc.
– Allontanarsi:nel caso in cui ci rendessimo conto di non riuscire ad arginare la rabbia dell’altro e di avere motivo di temere per la nostra incolumità, non esitiamo ad allontanarci. A volte è sufficiente allontanarsi di poco (ad es, spostarsi in un’altra stanza), ma se ciò non bastasse mettiamo la massima distanza possibile tra noi e la persona arrabbiata (usciamo di casa, allontaniamoci con la nostra auto se la lite è con un altro automobilista). Il più delle volte, il tentativo costante di ‘reprimere’ queste sensazioni porta a malattie psicosomatiche; altre volte, l’incapacità di auto-controllarsi porta ad esiti drammatici. E’ fondamentale, quindi, per ognuno di noi, riconoscere i segnali della propria rabbia e di quella altrui, interrogarsi sulle sue vere origini e impegnarsi consapevolmente ad utilizzare delle tecniche che ci consentano di gestirla nella maniera più adeguata.
La noia è uno stato d’animo che prova un individuo che tendenzialmente vorrebbe essere attivo, ma che è posto in una condizione di “stallo emotivo”.
Non bisogna non confondere,quindi, il senso di noia con la depressione, che è ben altro.
In altri termini, uno si annoia perché non può fare qualcosa di stimolante, mentre il depresso è immobilizzato dalla convinzione che non ci sia nulla di interessante da fare a questo mondo.
Anche molti animali si possono annoiare e spesso reagiscono alla noia, ovvero alla mancanza di stimoli, dormendo. Più un animale è dotato di intelligenza e curiosità e più è facile che provi il senso di noia, come noi esseri umani.
La noia è una sensazione di vuoto momentaneo, provocato dal fatto che la nostra mente è alla continua ricerca di stimoli. Più siamo allenati a tenere attiva la nostra mente, più la riempiamo di informazioni e desideri, più siamo propensi all’azione, alla progettazione del nostro presente e futuro, più siamo ricchi di idee, interessi, voglia di emergere o realizzarci e voglia di vivere in tutti i sensi, maggiori saranno le probabilità che una inedia momentanea ci faccia precipitare nel senso di noia, d’impotenza, di tempo perso, di vuoto.
Sono solo gli ignoranti e i pigri che non si annoiano mai, si potrebbe forse concludere.
Mentre non si annoiano di sicuro le persone che catturano gli infiniti stimoli che la vita e i nostri sensi ci possono procurare.
L’uomo è da sempre vittima potenziale della noia, sin dai tempi delle caverne.
I lunghi tempi di inedia diventavano insopportabili all’uomo dedito all’azione e ricco di curiosità.
Così, in una piovosa giornata d’autunno, anche in una caverna della preistoria ci si poteva annoiare a tal punto da iniziare a fare dei segni sulle pareti, per rievocare nostalgicamente l’ultima caccia, scaricare l’inedia obbligata, sublimandola in graffiti che divennero le prime espressioni dell’arte.
La noia è un sentimento importantissimo per l’umanità. E’ per battere la noia che l’uomo ha iniziato a fantasticare con la mente, ad uscire dal proprio guscio di puro istinto.
Così, stimolato proprio dallo sgradevole senso di noia, s’è spinto verso i pensieri astratti, rievocando mentalmente le proprie esperienze, analizzando il mondo che lo circondava, costruendo utensili o monili, pitturandosi il corpo, progettando nuove armi, seguendo quei magnifici processi d’analisi e di sintesi, che lo contraddistinguono dagli animali inferiori.
La noia è anche molto legata alla sensazione dello scorrere del tempo.
Pensate, tanto per fare un banale esempio, quanto è lunga per noi l’attesa di un paio di minuti davanti ad un semaforo rosso, rispetto alla durata di un film avvincente. La noia ferma il tempo soggettivo e questa condizione, (se non siamo stati addestrati a sviluppare la capacità della pura contemplazione, cioè della vita spirituale), provoca, al nostro corpo ed alla nostra mente, un profondo disagio e insofferenza.
A volte vincere la noia dipende esclusivamente da noi, basta inventarsi una cosa qualsiasi per saltarne fuori.
Altre volte, invece, la dobbiamo subire in modo passivo e non abbiamo alcun elemento per combatterla.
Pensiamo alla noia di una reclusione in carcere:da soli, in una cella di due metri per due, senza nessuno con cui parlare, senza libri, senza una finestra. Solo noi e quattro pareti bianche. Come vincere la noia in queste condizioni estreme? Bisogna ricorrere al pensiero spirituale, essere capaci di ragionare a lungo, rievocando fatti e sensazioni lontane. Non è facile e raramente può durare a lungo, per cui nel giro di breve tempo, non potendo trasformare in azione nessuno dei nostri pensieri, saremmo nuovamente in preda alla noia.
Si possono annoiare i giovani, per carenza di idee e di stimoli e si possono annoiare gli anziani, ai quali tutto può sembrare un film già visto. In realtà la vita offre a qualsiasi età un numero enorme di stimoli e di occasioni d’interesse. Sta solo a noi saperli cogliere per superare brillantemente i brevi o lunghi periodi in cui siamo costretti a lasciar scorrere il tempo inutilmente.
Anche i momenti più stupidi di noia li possiamo combattere con piccoli accorgimenti. Siamo in una lunga fila all’ufficio postale? Bene, proviamo a trasformare una tediosa attesa spingendo la nostra osservazione sulle varie persone che ci circondano. Esaminiamole e cerchiamo d’immaginare la loro vita, il mestiere che fanno, quali problemi potrebbero avere, e via dicendo. Osserviamo come si vestono e come si muovono. Scoviamone eventuali lati comici. Se ci sono degli stranieri cerchiamo di capire da quale parte del mondo possono provenire, ecc. ecc. Così come in una cella possiamo cercare di costruirci un nostro romanzo, magari raccontando ad alta voce la trama man mano che la inventiamo, così da tenerci compagnia almeno con la nostra voce e fissare meglio il ricordo dei vari eventi che ci siamo costruiti.
Ognuno di noi può inventarsi un modo per combattere la noia e già la ricerca di un espediente è un buon passatempo! Ci sono infiniti hobby che possono stimolare il nostro interesse e distrarci dalla noia. Ci sono gli sport, sia come spettatori che come soggetti attivi. Ci sono le passeggiate
Camminare fa bene alla salute e distrae la mente, costretta a valutare un sacco di cose mentre ci si sposta. Ciò che sicuramente non combatte la noia sono solamente l’alcool e le droghe. Quegli espedienti ci fanno semplicemente fuggire (a caro prezzo!) dalla realtà, che invece, con un briciolo d’attenzione, può essere interessante, qualsiasi sia l’ambiente e la situazione in cui ci troviamo.